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Lampedusa – Gli abitanti non staranno a guardare

Intervista ad Annalisa, nata e cresciuta nell'isola che lotta oggi per la sua dignità

Lampedusa, un isola trasformata dal Governo in un’enorme prigione, ma anche e soprattutto una perla turistica ed in queste settimane, il simbolo di una lotta per la difesa della propria terra, della propria dignità, che ha saputo coniugare l’interesse per il futuro di un’intera comunità a quello per i diritti dei migranti, contro le condizioni disumane di detenzione a cui sono costretti.

Annalisa è di Lampedusa, nell’isola è nata e cresciuta e oggi lavora.

D: Annalisa, ci puoi raccontare cosa avete visto e saputo di quello che è avvenuto all’interno del Cie?

R: Ero a casa, sono stata chiamata perchè in Paese già si sapeva che nel centro stava succedendo qualcosa, così ci siamo mossi a piedi verso la struttura di contrada Imbriacola ma un posto di blocco ci ha subito inibito il passaggio. Così siamo saliti su una collina dalla quale si vede bene il centro e abbiamo potuto vedere quello che stava accadendo.
Una delle zone nella quale dormono i migranti era incendiato. Un rogo altissimo, con fiamme di dieci metri. La struttura era completamente squagliata perchè è tutta in plastica (o materiale infiammabile) ed una nube di fumo nera invadeva tutta la zona, con il vento a fare la sua parte.
Abbiamo cercato informazioni e quello che si è potuto sapere è che all’interno del centro era iniziato uno sciopero della fame, secondo la Polizia sarebbero scoppiati tafferugli tra i migranti stessi, così sarebbe intervenuta con il lancio dei lacrimogeni ed in fine sarebbe scoppiata una vera e propria rivolta. Nonostante il centro stesse andando completamente a fuoco i migranti non sono stati fatti uscire ma invece sono stati stipati in una zona riparata dalle fiamme ma non dal fumo, e sono rimasti lì fino a quando i vigili del fuoco non sono riusciti a spegnere completamente il grosso incendio.

D: Quanto è durato tutto questo a tuo avviso?

R: Tutto è durato circa tre ore. Teniamo conto però che la zona era completamente bloccata e militarizzata ed era quindi impossibile preoccuparsi, verificare, le condizioni di salute dei migranti rinchiusi. L’unica cosa che interessava alle autorità che gestiscono il centro era poter dire che non stava succedendo nulla ed assicurarsi che nessuno fuggisse dalla detenzione.
Ma motivi per preoccuparsi ce n’erano eccome: tutti i ragazzi feriti, ustionati, lesi, che trattamento avrebbero ricevuto? E poi, con un numero così alto di persone – quasi 900 – e la struttura per metà distrutta, in che condizione avrebbero passato la notte tutti loro?

D: La struttura poi non risponde alla normativa anti-incendio stabilita dallo stesso Ministero…

R: Sì, è completamente rivestita di materiale plastico, dell’interno non è rimasto nulla, anche l’odore del fumo faceva capire che quello che bruciava era plastica, o qualcosa del genere.

D: Dopo l’incendio cosa è successo?

R: Questa notte abbiamo sentito un aereo partire, a quanto pare dovrebbero già essere stati trasferiti in circa 200 persone, anticipando probabilmente i tempi del piano di rimpatrio previsto dal Viminale.

D: Il Sindaco dice senza mezzi termini che la colpa di tutto questo è del Governo, della scelta di trasformare il centro in un lager. Quali sono le reazioni dei lampedusani?

R: C’è una sempre maggiore presa di coscienza di qual’è il progetto del Governo, del Ministro Maroni. Un progetto che si sta dimostrando nei fatti fallimentari. Non è questa la soluzione e non deve essere Lampedusa a pagare il prezzo di una situazione che riguarda tutta l’Europa. Non è sacrificando un’isola che vive di turismo, di tranquillità, di mare, che si affronta il tema dell’immigrazione. Gli abitanti se ne sono resi conto, sono scesi in piazza per dire no a tutto questo e per sollevare invece quelli che sono i problemi di Lampedusa: qui non abbiamo le scuole, non ci sono trasporti adeguati, mancano veramente moltissime cose e la gente qui è stanca di questa situazione, non ha più intenzione di sopportare quello che il Governo vuole imporre.
Questo è ormai un pensiero condiviso da tutti gli abitanti dell’isola, e lo abbiamo dimostrato.

D: Dopo quello che è avvenuto in questi mesi ovvio, mi sembra che ci sia la battaglia per il futuro dell’isola ma anche una presa di coscienza sul cosa dia la realtà detentiva, la vita nei centri di detenzione per i migranti no?

R: All’interno di quel centro, non è più un segreto ormai, vengono violati tutti i diritti, viene lesa la dignità della persona, da ogni punto di vista. I migranti sono rinchiusi lì dentro per mesi, vivono in condizioni sanitarie disperate, non riescono ad avere assistenza medica, tutto questo non lo possiamo più sopportare.

D: Le prossime mobilitazioni in programma?

R: Tutti qui ci stiamo organizzando. In particolare un gruppo di noi si sta organizzando per costituire un circolo Arci per muovere nuove iniziative. Perchè la nostra lotta, quella per la dignità di Lampedusa e per i diritti dei migranti non si ferma.