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Lampedusa – Non è finito niente. Uno sbarco di 760 profughi provenienti dalla Libia

di Francesco Franz Purpura, Campagna Welcome in presidio a Lamepdusa

Il mare s’è calmato e sono ripresi gli sbarchi. Com’era prevedibile del resto. Nulla è cambiato da dove partono i giovani africani che arrivano sull’isola, quindi non c’è alcuna ragione perchè gli sbarchi dovessero cessare.

Questa notte una barca è stata intercettata dalle motovedette della Guardia Costiera, non è riuscita ad agganciare il barcone così i circa cinquanta migranti provenienti dalla Tunisia sono stati trasbordati direttamente in mare e portati verso le due nel porto di Lampedusa. Subito trasferiti ai centri di accoglienza verranno presto rimpatriati. È la sorte che è toccata a una quindicina di loro connazionali che in mattinata sono stati imbarcati su un aereo che li riportava in patria. Diversi giornalisti presenti all’aeroporto, a cui è stato impedito di avvicinarsi, affermano che i giovani in partenza sembravano narcotizzati, o comunque sotto effetto si sostanze tranquillanti in quanto non si udivano voci e avevano gesti e movenze assolutamente rallentati.

In mattinata poi diverse decine di Carabinieri e Poliziotti si muovevano sui blindati per l’arrivo annunciato di un’altra imbarcazione. Le motovedette si staccavano dal porto e si dirigevano verso il nord dell’isola. Voci diffuse annunciavano l’arrivo di una nave per le due del pomeriggio.

Così è stato. Alle due esatte la nave di provenienza libica ha attraccato, scortata da tre motovedette, per scaricare la bellezza di 760 persone. Ci sono molte donne e diversi bambini tra loro, alcuni piccolissimi, e più persone scendono più ce ne sono altre che devono scendere.

Sulla banchina la protezione civile, poliziotti e carabinieri in quantità spropositata quanto inutili, la Croce Rossa, diversi giornalisti, funzionari di polizia e del comune.

I giovani che sbarcano sono africani sub-sahariani sicuramente di diverse provenienza, molti stremati a in condizioni di palese spossatezza, altri evidentemente meno in difficoltà, tutti molto composti, sui volti si leggono la soddisfazione per l’obbiettivo al momento raggiunto sia lo spaesamento per l’incertezza del futuro prossimo a venire.

Oggi il clima sul porto è relativamente tranquillo. La nave in questione scarica “profughi”, quindi presumibilmente persone che non verranno rimpatriate (ma esprimere certezze in questi casi è assolutamente fuori luogo) e quindi la Capitaneria di Porto e le Forze dell’Ordine sono liete di “offrire” lo spettacolo dell’accoglienza italica agli occhi delle telecamere senza grossi patemi. Oggi è di scena l’ipocrisia nostrana e gli ufficiali impettiti la mostrano con vanto.

La scena ovviamente, vista e rivista mille volte in televisione sino a diventar noiosa, è in realtà agghiacciante. L’impressione di inumanità di tutto ciò che accade è fortissima. Gli uomini e le donne che sbarcano vengono innanzi tutto considerate numeri, numeri da smistare in un posto o in un altro a seconda della provenienza e del destino che gli accordi, la “moda” o la convenienza determina, numeri da riprendere per immortalarsi nell’evento (diversi “volontari” presenti allo sbarco si fanno fare simpatiche foto ricordo mentre sullo sfondo c’è chi beve un sorso d’acqua magari dopo giorni), numeri che diventano titoli di giornali e servizi tv. Dei loro volti non importa, delle loro storie, dei perchè del loro viaggio ancora meno.

Le voci in circolazione parlano di un altra imbarcazione pronta a salpare simile a questa. Altre seicento, settecento persone pronte ad arrivare. Però si dice che il mare potrebbe ingrossarsi e farsi pericoloso. Persone quindi che al momento non si sa se andranno ad ingrossare il numero dei rimpatriati, dei mancati arrivi, degli scomparsi nel mare. Persone che diventeranno futura statistica, di quale categoria è ancora da scoprire.