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Lampedusa – Oltre 5.600 migranti sull’isola. Gli sbarchi continuano il piano fallisce

Tra detenzione arbitraria e finta accoglienza. Lampedusa, Mineo e Manduria: l'anticamera della clandestinità

Neppure per un secondo abbiamo avuto in questi giorni la sensazione che le presenze di migranti approdati sull’isola fossero diminuite. Non si è mai scesi sotto i 4.500 ed ogni imbarco, sulla nave San Marco, sul traghetto della Grimaldi (che ancora deve iniziare) o sugli aerei diretti a Taranto, impallidisce di fronte al numero incessante di barche che vengono ancora, nonostante tutto, dirottate dalla Guardia Costiera verso Lampedusa.

Quella di oggi è stata una giornata frenetica al Porto: 7 arrivi in un’ora, complessivamente circa 2.000 nuovi migranti sbarcati nelle ultime 24 ore per un totale di 5.600 migranti presenti sull’isola. Siamo punto a capo. Ogni piano di trasferimento, ogni ipotesi di svuotamento si scontra con se stessa.
Sì perché il problema non sono i mezzi per svuotare l’isola. Basterebbero poche ore per rendere possibile ciò che in molti ritengono un miracolo. Il vero problema è “come” svuoltarla.
E queste ore di drammatica emergenza (voluta, cercata, architettata) ci stanno ritornando come non mai la fotografia della politica del governo dell’immigrazione, delle sue leggi, delle sue ipocrisie e dei suoi utilizzi.
Quell’idea di controllo che passa attraverso la detenzione e produce clandestinità è il virus che sta facendo esplodere Lampedusa.

Non ci piace certo l’idea di decidere, a priori, senza una valutazione della storia individuale di ognuno, chi sia rifugiato o meno. Ma se per rifugiato intendiamo chi scappa da un conflitto guerreggiato, da uno Stato senza autorità, se insomma l’immagine che abbiamo del rifugiato deve per forza essere quella che abbiamo costruito intorno ai profughi del Corno d’Africa o dell’Afghanistan, beh, allora sì, quando guardiamo i ragazzi sbarcati sull’isola non vediamo rifugiati.
Loro, arrivano qui a Lampedusa perché le rivolte hanno fatto saltare i dispositivi di controllo in uscita dalla Tunisia, hanno scelto di sfidare i confini e le intemperie del mare perché lo hanno sempre desiderato o perché l’instabilità nordafricana gliel’ha consigliato, perché hanno lottato contro Ben Alì o perché dopo ben Alì ancora non capiscono cosa ci sarà, perché, nonostante venga negato, in Tunisia ancora si spara o perché si spara al di là del confine libico e la Tunsia ne è tremendamente coinvolta.
Ma su di loro si gioca una partita ben più grande di quella che normalmente il Governo ha giocato in questi anni.
Qui, tra l’isola e le destinazioni dei pochi voli e delle poche navi che la lasciano, è messo a dura prova il governo delle migrazioni nella sua essenza.
Sono clandestini o profughi? Sono clandestini perché nessuno può permettersi di ammettere che anni di violenze e politiche razziste non sono riuscite a bloccare i movimenti di persone. Sono profughi all’occorrenza, quando può servire a recuperare qualche posto qua e là, tra Mineo o il CARA di Bari per allentare la tensione. Tornano ad essere clandestini per essere detenuti in una tendopoli o in un CIE, per poi essere scaricati sul ciglio di una strada con un foglio di via ed un destino da irregolari (sono circa 12.000 i migranti sbarcati dall’inizio dell’anno che mancano all’appello e che probabilmente il Governo ha lasciato “liberi” dopo averli inseriti nella catena di montaggio della clandestinità).

Così mentre quest’isola esplode, il Governo ricerca altre soluzioni di fortuna in grado di far continuare lo spettacolo. Lampedusa sta diventando essa stessa un problema nonostante fra i tanti possibili, sia comunque il problema più “utile”.

Prima abbiamo assistito alla mostruosa trovata del residence degli Aranci di Mineo in cui confinare tutti i richiedenti asilo presenti in Italia, poi ai trasferimenti nello stesso villaggio dei tunisini di Lampedusa che, con un colpo di mano, sono diventati richiedenti asilo. A Mineo inoltre negli ultimi due giorni il centro, un Cara nei piani del Governo, è diventato una struttura chiusa e i richiedenti asilo sono impossibilitati ad uscire in deroga ad ogni disposizione normativa, mentre fuori la protesta della rete anti-razzista e dei sindaci della zona si è fatta sentire.
Poi ancora è stato annunciato il Piano di accoglienza delle regioni per i rifugiati libici che ancora sono nei pensieri di Maroni & C e di cui abbiamo avuto solo microscopiche tracce.
In fine è stato il momento dei 13 CIE temporanei, il primo dei quali a Manduria (Taranto), in cui nella giornata di sabato sono state trasferite alcune centinaia di persone con la nave San Marco. La struttura, o meglio l’area, è del demanio militare, una tra quelle messe a disposizione dal Ministro La Russa per il secondo tempo della sceneggiatura del governo. Inadeguata ad ospitare un CIE, mostruosa se pensata per l’accoglienza, può contare circa 1.000 posti tenda ma già sono in corso lavori di ampliamento per allargare la capienza a oltre 3.000 posti.
Non se ne conosce il regime giuridico visto che per istituire un CIE è necessario un decreto del Governo (senza cui il trattenimento risulta illegittimo) e se fosse un Centro di Prima Accoglienza il trattenimento dei migranti sarebbe comunque illegittimo proprio per la natura della struttura.
Di fatto si tratta di un area difficilmente difendibile, circondata da una rete metallica alta poco più di 2 metri, attraverso cui già nel corso della mattinata di domenica sono fuggiti circa 100 migranti con inseguimenti da parte della Guardia di Finanza e dei Carabinieri a testimoniarne il regime detentivo arbitrario in vigore senza alcuna garnazia di legge. Dopo le fughe da Lampedusa è partito un volo aereo per Manduria per rimpiazzare i 100 appena fuggiti.

Difficile vedere un disegno utile e astuto in tutto questo. Nessuna traccia di buon senso ma neppure di razionale cinismo. Si tratta di un vero e propio caos che il Governo tenta, con soluzioni posticcie, di organizzare, irreversibilmente viziato dalla smania di trarre vantaggio dall’emergenza e di riaffermare il circuito di detenzione ed espulsione che mai come ora crolla di fronte ai desideri delle migliaia di ragazzi che, insieme alla frontiera del mediterraneo, hanno fatto saltare anche il sistema di confinamento interno all’Europa che fatica a contenerli, che pur immettendoli in un vortice di attesa, detenzione e confinamentio, dopo averli marchiati da irregolari, li consegna allo spazio europeo.
Svuotiamo quest’isola, svuotiamo i CIE e i campi di confinamento e andiamo con loro a sfidare il confine europeo.

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