Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Lampedusa – Per la difesa della dignità e del futuro delle Pelagie e dei suoi abitanti – Per la difesa dei diritti umani dei migranti

Con una petizione popolare, riparte la mobilitazione “No C.I.E.” a Lampedusa.

Ad oltre due mesi dall’istituzione del Centro di Identificazione ed Espulsione di Lampedusa, non cessa la protesta della cittadinanza contro il provvedimento del Ministro Maroni.

Con una petizione popolare partita sabato 28 marzo, nella Piazza Libertà, si è dato il via via ad una nuova mobilitazione nell’isola che non si arrende e che chiede di essere ascoltata.

Tale iniziativa non è stata condivisa dall’amministrazione comunale, che si è spinta al punto di tentare di bloccarla negando l’autorizzazione ad installare il banchetto nella pubblica piazza. E ciò adducendo esclusivamente motivazioni di ordine politico, definendola “tardiva se non addirittura deleteria poiché è stato abbondantemente superato il momento della contrapposizione per lasciar spazio ad un momento, certamente più costruttivo, di concertazione”.
Essendo tali motivazioni giuridicamente irrilevanti e pertanto non idonee ad impedire l’iniziativa (come comunicato al Sindaco mediante trasmissione di apposito parere legale), parte la raccolta delle sottoscrizioni.

Il primo obiettivo è quello di dimostrare che la stragrande maggioranza degli abitanti delle Pelagie non accetta e non accetterà mai che le loro isole possano trasformarsi nella Guantanamo d’Europa.

Nell’opporsi al C.I.E., i lampedusani chiedono che venga ripristinato il sistema di soccorso e accoglienza già sperimentato con l’apertura nel 2006 del nuovo C.S.P.A. di C.da Imbriacole, che si era addirittura affermato come modello per l’Europa intera.

Proprio all’inizio della stagione estiva, si vuole riaffermare l’immagine delle Pelagie come isole turistiche, come luoghi di straordinaria bellezza da visitare e abitate da persone civili e accoglienti, che credono nei valori fondanti della democrazia e nella solidarietà e che quindi si rifiutano di ospitare prigioni per gli immigrati.

La decisione di istituire e realizzare a Lampedusa un Centro di Identificazione ed Espulsione, all’interno del quale trattenere tutti i migranti che provengono dal Nord Africa è giudicata dai lampedusani inutile, irragionevole, e doppiamente ingiusta.

Inutile. Perchè è a tutti evidente che la lotta all’immigrazione irregolare fatta a Lampedusa riguarderebbe soltanto una percentuale irrisoria del fenomeno: solo 9.000 persone su oltre 33.000 migranti giunti a Lampedusa nel 2008, a fronte di oltre 330.000 immigrati irregolari che affluiscono ogni anno in Italia.

Irragionevole. Perché i rimpatri non potranno mai essere effettuati legalmente da Lampedusa, priva di uno scalo internazionale; ed anche perché, per essere un’isola così lontana, così dipendente dalla terraferma per ogni tipo di approvvigionamento (idrico, energetico, ecc.), e persino sprovvista di adeguate strutture socio-sanitarie, Lampedusa è il luogo meno adatto d’Italia per collocarvi qualunque tipo di struttura detentiva.

Doppiamente ingiusta. Nei confronti degli isolani, che come risposta alla legittima richiesta di affermazione dei propri diritti (mobilità, salute, istruzione, lavoro), hanno ricevuto l’immediata costruzione di un carcere in una delle zone più belle dell’isola, realizzato al di fuori di ogni regola in materia urbanistica ed ambientale. Nei confronti dei migranti, che vengono ammassati in condizioni di precarietà e di estremo disagio e privati della possibilità di accedere a qualsiasi tipo di tutela giuridica.