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Lampedusa – Un altro sciopero generale

Intervista all'Avv. Leonardo Marino, Associazione Studi Giuridici sull' Immigrazione

Altro sciopero generale nell’isola di Lampedusa dopo le mobilitazioni che negli ultimi giorni hanno fatto crescere la protesta contro la trasformazione dell’isola in un grande carcere e l’apertura di un Centro di Identificazione ed Espulsione.
Durante la manifestazione di martedì 27 gennaio, partita dal centro dell’isola ed arrivata fino al Porto Vecchio, è stata anche gettata in mare una ghirlanda di fiori in onore delle innumerevoli vittime delle politiche di controllo alle frontiere messe in atto dall’Italia nella frontiera Sud dell’Europa.
Sulla situazione di Lampedusa abbiamo raggiunto l’Avv, Leonardo Marino in visita nell’isola.

D: Qual’è la situazione a Lampedusa dopo le mobilitazioni degli ultimi giorni?

R: Dal momento in cui sono arrivato a Lampedusa ho trovato molti cittadini arrabbiati. La prima cosa che ho fatto è stato tentare di cercare un contatto con gli stessi isolani per capire qual’è il loro punto di vista rispetto all’apertura di un nuovo centro (un Cie) decisa dal Governo. Ho trovato tutta la popolazione compatta. Durante lo sciopero di martedì sono intervenuti tutti gli ex-sindaci dell’isola e la parola comune è stata quella del rifiuto dell’apertura di questo nuovo Cie.
Nella mattinata di mercoledì è previsto l’arrivo del Presidente della Regione Sicilia Lombardo, del Movimento Per l’Autonomia, alleato nella coalizione di Governo alle ultime elezioni. Sarà curioso capire quale sarà la sua posizione su tutta questa vicenda. Inoltre la vera attesa è per i risultati dell’incontro tra Maroni e le autorità tunisine. Ai migranti trattenuti nell’isola è stata attribuita nazionalità tunisina ed il rischio è quello di una rapida espulsione.

D: Nelle giornate precedenti c’è stata poi una importante novità, quella che ha visto gli abitanti unirsi alle rivendicazioni dei migranti trattenuti nell’isola. Nei giorni seguenti poi c’è stata invee la chiusura dei cancelli della struttura. Accedervi o uscirne è praticamente impossibile, inoltre nell’isola ci sono circa un migliaio di agenti.

R: Molti isolani non avevano mai visto i migranti che nel corso degli anni sono sbarcati a Lampedusa perché o venivano trattenuti nel centro o eventualmente dirottati verso altri centri in Italia. Ma la protesta degli scorsi giorni, con l’uscita dal centro di circa un migliaio di migranti ha messo in moto una compartecipazione nuova.

D: Il rischio è quello che Lampedusa si trasformi in una nuova enclave, una grande prigione a celo aperto?

R: Ovvio che un’isola che vive di un economia basata sui pochi mesi estivi in cui si trasforma in una ambita meta turistica, rischierebbe di perdere ogni possibilità di vita nel momento in cui diventasse un grande luogo di detenzione.

D: Anche l’ASGI si è espressa in appoggio alle rivendicazioni degli abitanti soprattutto in virtù delle possibili violazioni dei diritti fondamentali dei migranti e delle loro possibilità di difesa.

R: La militarizzazione dell’isola, la situazione che si è venuta a creare, la scelta di aprire un Cie per velocizzare le espulsioni provocherà evidentemente il rischio di gravi violazioni dei diritti dei migranti proprio a partire dal loro diritto di difesa.
La futura attuazione della direttiva comunitaria sui rimpatri che prevede l’estensione fino a 18 mesi dei tempi di detenzione e la possibilità di espellere anche minori non accompagnati potrà rendere ancor più esplosiva la situazione. Inoltre gli accordi con la Libia rimangono ancora poco chiari. A Lampedusa poi non c’è un ufficio giudiziario, non c’è neppure un Giudice di Pace, questa situazione è grave e preoccupa moltissimo.

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