Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Lampedusa: le deportazioni e le rivolte. Cronaca in diretta

Continuano le operazioni di rimpatrio forzato dalla Sicilia alla Tunisia, secondo quanto pattuito tra il governo italiano e Tunisi: poche decine di persone al giorno, per mettere in scena questa crudele operazione “simbolica” sulla pelle di alcuni migranti scelti a caso.
Alle 13:00 è partito il primo volo da Lampedusa a Tunisi. Le prime 30 persone sono state fatte salire sull’aereo di linea con l’inganno: dalla mattina i “prescelti” per il rimpatrio forzato erano stati separati da tutti gli altri e tenuti all’oscuro di quanto sarebbe loro avvenuto.

Il primo aereo è infatti partito nella tranquillità perché i migranti erano convinti di essere in viaggio verso l’Italia. Appena arrivati in Tunisia, però, i rimpatriati a forza hanno avvertito tutti gli altri rimasti ancora in Italia: i circa 1050 migranti tunisini che adesso si trovano di fatto detenuti nel centro di Contrada Imbriacola, diventato ancora una volta CIE, hanno allora iniziato la rivolta al grido di “libertà”, “Ben Alì assassino”, “No Tunisia”.

Sono saliti sui tetti e hanno dato fuoco a qualcosa dentro l’edificio centrale. Ben presto è partita una carica dei poliziotti in tenuta antisommossa, ma all’arrivo dei pompieri i migranti hanno dato l’ssalto alla recinzione e in un centinaio sono fuggiti.
Alcuni, stremati, sono caduti a terra in piena crisi respiratoria. Altri sono dispersi nella campagna e da quel momento è iniziata una vera e propria caccia all’uomo.
“Tre sono appena stati catturati per le vie del paese”, ci dice Pietro Milazzo, responsabile siciliano dell’immigrazione per la Cgil, che si trova a Lampedusa e racconta tutto quello cui ha potuto assistere durante questa concitata giornata.
“Stanno preparando il secondo imbarco di altre trenta persone” ci dice alle 19:30 circa di questo lunedì 11 aprile.
Davanti l‘aeroporto un centinaio di poliziotti impediscono il contatto coi migranti che questa volta gridano cercando di opporsi all’imbarco forzato:
“non torno in Tunisia” e “non siamo animali” sono le frasi che sentiamo scandire nella confusione attraverso il telefono di Pietro.
L’aereo sta per partire. Le fiamme del centro di detenzione, per il momento sono state spente.

Vedi anche:
Dopo i rimpatri truffa e i fallimenti del governo brucia il Cie di Lampedusa