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Lavoro – Commento alla legge 188/2007

a cura dell' Avv. Marco Paggi

La legge, n.188 del 17 Ottobre 2007, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale l’8 novembre 2007, regola in modo nuovo le modalità di formalizzazione delle dimissioni volontarie da parte del lavoratore.
Questa legge istituisce degli appositi moduli che dovranno essere divulgati entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge, con apposito decreto del Ministero del Lavoro (sperando che provveda tempestivamente).

Perché si è ritenuto necessario creare questi moduli?
Perché serviranno per evitare il fenomeno diffusissimo, non solo per i lavoratori immigrati, ma anche per i lavoratori italiani, della richiesta, al momento dell’inizio del rapporto di lavoro, di una lettera di dimissioni in bianco.
A parte la data, che poi di fatto viene riempita dal datore di lavoro, accade spesso che si estorca al lavoratore una dichiarazione di dimissioni già firmata e non datata, in modo da poter in qualsiasi momento liberarsi dello stesso facendo figurare la risoluzione del rapporto non come un licenziamento bensì come dimissioni volontariamente presentate dal lavoratore e “tempestivamente” accettate dal datore di lavoro.
Chiaro che si tratta di un licenziamento mascherato, piuttosto subdolo, ma è altrettanto chiaro che è difficile, quando il datore di lavoro intende avvalersi della lettera di dimissioni in bianco, dimostrare che non si tratta di dimissioni volontariamente assegnate dal lavoratore, visto che la firma apposta è quella del lavoratore stesso, quindi, ciò che c’è scritto nella lettera si attribuisce alla sua volontà fino a prova contraria.

Per l’appunto, questa modulistica è stata concepita, in base a quello che c’è scritto nella Legge n 188 del 17 ottobre 2007, per evitare l’utilizzo di lettere di dimissioni firmate molto tempo prima (normalmente alla data dell’assunzione) e utilizzate in qualsiasi momento durante il rapporto di lavoro.
In base alla norma, art 1 comma 3, i moduli saranno realizzati secondo direttive definite con Decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale di concerto con il Ministero delle Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione (da emanare entro 3 mesi dalla data in vigore della legge) e dovranno riportare un codice alfa numerico progressivo di identificazione, la data di emissione, nonché spazi da compilare a cura del firmatario, destinati all’identificazione della lavoratrice/lavoratore ovvero del prestatrice/prestatore d’opera del datore di lavoro.
Questo perché i moduli saranno destinati ad essere utilizzati nei rapporti di lavoro subordinato ma anche nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa o rapporti di collaborazione a progetto, come pure nei contratti di lavoro di natura occasionale.

Per tutte le prestazioni di lavoro subordinato o para-subordinato, dovranno essere utilizzati, a partire da quando il Ministero provvederà ad emanarli, questi appositi moduli che serviranno per evitare il fenomeno delle dimissioni in bianco. I moduli avranno una validità di quindici giorni dalla data di emissione, quindi, potranno assicurare, tendenzialmente, delle dimissioni effettivamente provenienti dalla volontà genuina del lavoratore e non estorte, come spesso è accaduto e continua ad accadere, al momento dell’assunzione o addirittura prima della firma del contratto di lavoro.

Questi moduli saranno resi disponibili anche attraverso il sito internet del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale secondo modalità che dovranno essere definite con un apposito decreto.
Naturalmente dovranno essere messi a disposizione per la distribuzione gratuita anche tramite le organizzazioni sindacali dei lavoratori e gli enti di patronato, in modo da consentire ai lavoratori di esercitare il diritto di dare le dimissioni in forma sicura e soprattutto in modo da evitare di confondere le dimissioni estorte, che mascherano un licenziamento, rispetto alle dimissioni genuine. Ci permettiamo di aggiungere qualche considerazione su un altro problema che purtroppo è piuttosto diffuso e cioè quello per cui, non solo si chiede spesso al lavoratore, naturalmente da parte di imprenditori con pochi scrupoli, che confidiamo siano un’esigua minoranza, di firmare le dimissioni cosiddette “in bianco” ma molto spesso si chiede di firmare la busta paga per ricevuta dell’importo indicato attuando però l’espediente di consegnare effettivamente al lavoratore un importo inferiore, anche di molto, rispetto a quello ufficialmente indicato.
Si chiede ad esempio al lavoratore di firmare la ricevuta di una busta paga per 1100 euro e poi si consegnano 700-800 euro al lavoratore. La firma della busta paga costituisce però la prova, diciamo pressoché inconfutabile, a disposizione del datore di lavoro, del fatto che questi abbia effettivamente consegnato l’importo indicato. In questo modo il datore di lavoro si crea delle risorse “in nero”: una forma di bieco sfruttamento se non di estorsione nei confronti del lavoratore.
Questa problematica c’è stata segnalata più volte e difficilmente potrebbe trovare un rimedio come quello che ora, e solo ora, è stato introdotto con la legge 188 per quanto riguarda le cosiddette dimissioni “in bianco”.
Ci permettiamo a questo riguardo di dare un consiglio: si tratta di un espediente che naturalmente non è una panacea per tutti i mali ma in alcuni casi ha dato dei risultati interessanti.
Ci riferiamo sempre alla firma della busta paga per ricevuta.
In diverse occasioni chi scrive ha avuto modo di suggerire, a lavoratori che lamentavano questo sistema di sfruttamento, nel caso specialmente si trattasse di lavoratori provenienti da paesi che hanno una lingua, anche dal punto di vista della grafia, completamente diversa dalla nostra, di sottoscrivere, anziché con la propria firma, scrivendo nella propria lingua, per esempio in arabo, la dicitura “non è vero”.
In questo modo il datore di lavoro poco onesto avrà la convinzione di avere effettivamente la prova inconfutabile dell’avvenuto versamento dell’intero importo, pur avendo versato un importo notevolmente inferiore, mentre il lavoratore, qualora trovasse una migliore occupazione, avrebbe l’opportunità, come in effetti è accaduto in diversi casi, di recuperare la differenza fra quanto è stato effettivamente corrisposto e quanto invece risulta formalmente corrisposto in base alla sottoscrizione della busta paga.
Questo espediente – in attesa dei moduli ministeriali – può essere utilizzato anche nel caso della firma della lettera di dimissioni, sottoscrivendo la dichiarazione di dimissioni nella propria lingua apponendo la dicitura “non è vero” o qualche espressione analoga.
Naturalmente non parliamo di un rimedio che può valere per tutti i casi, ma di un espediente utilizzabile nei casi in cui non si possa fare diversamente e si sia costretti altrimenti a subire una condizione di estorsione o di abuso.