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Lavoro stagionale – Quando è possibile convertire il pds in lavoro subordinato

Commento alla sentenza del Tar Piemonte n. 706/2004

Il permesso di soggiorno per lavoro stagionale è disciplinato all’articolo 24 del T.U. sull’Immigrazione (D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286) ed ha una durata limitata. Il numero di ingressi per lavoro stagionale viene definito in base al decreto flussi emanato dal Governo almeno una volta all’anno (art. 3, comma 4, T.U. sull’Immigrazione), ove si prevede il numero di stranieri che possono essere occupati nei settori di lavoro stagionale (agricoltura e turismo).
Il numero di lavoratori che entrano in Italia con questo tipo di procedura è superiore rispetto a quelli che fanno ingresso in Italia con un contratto di lavoro subordinato con cui, come è noto, è possibile rinnovare il pds per un numero illimitato di volte e sempre per motivi di lavoro.

Essendoci una gran quantità di stranieri che entrano attraverso il decreto flussi per motivi di lavoro stagionale, esiste anche una gran quantità di problemi di interpretazione da parte dei diretti interessati, circa i diritti che conseguono al possesso del permesso di soggiorno relativo. Si tratta per esempio della questione relativa alla possibilità di cambiare il datore di lavoro e prorogare il permesso di soggiorno, ovvero convertire il permesso di soggiorno per lavoro stagionale in lavoro a tempo indeterminato (potendo così rinnovarlo per un numero illimitato di volte stando in Italia).

I problemi che i lavoratori stagionali devono affrontare discendono dalla circostanza che spesso il documento che viene loro rilasciato quando arrivano in Italia muniti di regolare visto d’ingresso, si presenta come un permesso qualsiasi. Nelle parti del documento dove si legge “Motivo del permesso” e “Tipo di permesso” è indicato “lavoro” e “lavoro subordinato”; non vi è scritto – salvo rare eccezioni – che si tratta di un permesso di soggiorno per lavoro stagionale, quindi utilizzabile solo in determinati ambiti lavorativi. Soprattutto non è indicato da nessuna parte che il documento non è rinnovabile in Italia.

L’art. 24, comma 4, del T.U. sull’Immigrazione, prevede anche la possibilità di conversione del permesso di soggiorno per lavoro stagionale, però solo qualora vi siano quote disponibili per motivi di lavoro a tempo determinato o indeterminato. L’articolo in esame dispone che: “Il lavoratore stagionale, ove abbia rispettato le condizioni indicate nel permesso di soggiorno e sia rientrato nello Stato di provenienza alla scadenza del medesimo, ha diritto di precedenza per il rientro in Italia nell’anno successivo per ragioni di lavoro stagionale, rispetto ai cittadini del suo stesso paese che non abbiano mai fatto regolare ingresso in Italia per motivi di lavoro. Può, inoltre, convertire, il permesso di soggiorno per lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, qualora se ne verifichino le condizioni”. In altre parole, come più volte detto, il lavoratore in possesso di un permesso di soggiorno per lavoro stagionale può convertire lo stesso in permesso di tipo normale e rinnovabile. Questo però può avvenire solo se, anteriormente alla scadenza del permesso di soggiorno di tipo stagionale, il lavoratore ottiene mediante un datore di lavoro – che presenta la domanda al momento della pubblicazione del decreto flussi – l’autorizzazione all’assunzione con contratto non stagionale, di tipo subordinato, a tempo indeterminato o determinato.
In altre parole, solo se si trova un datore di lavoro che attinge alle quote per gli ingressi normali di tipo stabile e che riesce a farlo prima che scada il soggiorno per lavoro stagionale, è possibile fare la conversione.
Questo è quanto stabilito dalla norma.

Le circolari del Ministero del Lavoro hanno inoltre precisato che chi arriva con visto d’ingresso per lavoro stagionale può soggiornare in Italia fino ad un massimo di nove mesi. In questo arco di tempo è possibile ottenere un soggiorno con questa validità massima o più permessi di soggiorno che sommati diano la stessa validità. E’ possibile inoltre variare il datore di lavoro purché si resti sempre nell’ambito del lavoro stagionale. Il lavoratore può dunque passare dall’impiego presso un’impresa agricola (che lo occupa, ad esempio, per la raccolta stagionale della frutta) ad un’azienda alberghiera e poi ancora ad un’attività agricola di diverso tipo.
In pratica, egli può lavorare durante tutti questi nove mesi purché rimanga nell’ambito dell’attività lavorativa stagionale. Allo scadere dei nove mesi – se le congiunture temporali non consentono di trovare un datore di lavoro che presenti la domanda e ottenga l’assegnazione di una quota per un lavoro di tipo stabile – il lavoratore è costretto a rientrare nel proprio paese. Una volta scaduto il permesso di soggiorno, il lavoratore non può ottenerne la proroga del medesimo oltre i nove mesi e diventa un cittadino irregolare.

Il fatto che il permesso di soggiorno rilasciato a questa particolare categoria di persone, sia difficilmente distinguibile da quello rilasciato ai “normali” lavoratori, induce i diretti interessati a pensare in buona fede di poter rinnovare il permesso di soggiorno per lavoro stagionale, anche oltre i nove mesi di soggiorno.
Lo stesso datore di lavoro di fronte a lavoratori con un pds che non si distingue dagli altri, procede all’assunzione regolare in perfetta buona fede, ritenendo di aver fatto una cosa perfettamente lecita. Ne consegue che i datori di lavoro rischiano di tenere alle proprie dipendenze un lavoratore il cui permesso di soggiorno nel frattempo è venuto a scadere e non può più essere rinnovato. Così facendo si espongono al rischio di essere condannati ad una pena che – in seguito alla legge c.d. Bossi – Fini (L. 30 luglio 2002, n. 189) – non può essere evitata con il meccanismo dell’oblazione, ovvero il pagamento di una somma in via amministrativa.
All’art. 22, comma 12 del T.U. sull’Immigrazione si prevede infatti che “il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri …il cui permesso sia scaduto e del quale non si stato chiesto nei termini di legge, il rinnovo … è punito con l’arresto da tre mesi ad un anno e con l’ammenda di euro 5.000 per ogni lavoratore impiegato”.
Si tratta al’evidenza di un problema serio e molto diffuso, che appunto viene affrontato dalla sentenza del TAR Piemonte più oltre commentata.

Vedi anche: Lavoro stagionale – E’ possibile convertire il pds in lavoro subordinato?