Introduzione
Nelle ultime due settimane, No Name Kitchen, membro del Border Violence Monitoring Network, ha raccolto delle testimonianze che riferiscono di un picco di violenza nei respingimenti nella zona di Cetingrad, al confine croato con la Bosnia-Erzegovina. L’attendibilità di queste testimonianze è rafforzata da report di abitanti del luogo e media. Questo trend violento è stato caratterizzato da assalti coordinati perpetrati dalla polizia croata, consistenti in ripetute manganellate, frustate e calci. Queste tattiche lasciano segni indelebili sui gruppi in transito che vengono respinti, visibili nelle frequenti contusioni ed escoriazioni su gambe, schiena e parte superiore del corpo delle persone soggette a tali violenze. Testimonianze dirette dei recenti respingimenti saranno qui esaminate, insieme a immagini e video dal confine croato-bosniaco che rivelano l’incremento della violenza al confine cui si è assistito nelle ultime due settimane.
Un trend violento
Dal 3 ottobre 2020, BVMN ha registrato 36 persone respinte dal territorio croato, con gravissimi attacchi fisici in ogni incidente. La frequenza di questi attacchi nell’area rurale del confine sud-occidentale di Velika Kladuša sembra indicare che tale violenza sia il prodotto di uno sforzo coordinato e ben orchestrato da parte della polizia croata per limitare il transito, brutalizzando gruppi che intraprendono il viaggio con l’inizio dell’autunno. L’ondata di attacchi brutali in questa zona è stata confermata dal Danish Refugee Council, attraverso il quotidiano Guardian. Un recente articolo ha descritto una serie di casi efferati concomitanti che si sono verificati nella zona di confine di Šiljkovača, fuori Velika Kladuša, nelle ultime due settimane.
Nuove riprese video di un gruppo respinto
In due diversi video girati il 19 ottobre, viene mostrato un gruppo di uomini negli attimi successivi a un respingimento. Il primo video è stato postato lunedì sui social media da un uomo bosniaco che abita nella zona di confine, e ha una risoluzione molto scarsa. Il video mostra un gruppo di uomini che riportano gravi contusioni sulla schiena, mentre l’uomo che riprende dichiara, in un misto di inglese e bosniaco: “la polizia croata, la polizia croata è un grande problema”. Diversi screenshot del video sono stati postati sui social insieme al primo. Il secondo video è di qualità decisamente migliore e mostra la scena di alcuni uomini che camminano mentre la persona che riprende chiede loro di far vedere le ferite. Questo video è stato integrato anche da diverse immagini. Il secondo set di materiali ottenuti da un attivista locale è stato verificato con la stessa persona che ha filmato il video, che ha descritto come il video sia stato girato il 19 ottobre alle 11 del mattino in un’area semi-isolata del confine vicino Velika Kladuša.
L’uomo che ha girato il secondo video ha raccontato che le autorità croate, che indossavano passamontagna neri sui loro volti, hanno arrestato lui e i suoi amici in Croazia e li hanno riportati al confine, dove hanno picchiato i suoi amici con i manganelli. Questo è stato soltanto uno dei tanti gruppi respinti quel giorno, dice:
“Si comportano come animali, oggi hanno picchiato quattro gruppi in quel modo”
Facendo un’analisi incrociata della disposizione delle ferite riportate dagli individui mostrati in queste due serie di materiali, siamo stati in grado di individuare due persone presenti in entrambi i video, il che suggerisce fortemente che i due video sono stati girati più o meno alla stessa ora e che riguardano lo stesso gruppo di persone.
Modus operandi
Se i respingimenti si verificano in quest’area di confine da più di due anni, le modalità estreme dei recenti assalti compiuti dalla polizia croata segnalano una svolta nell’uso di armi contundenti su singoli gruppi in transito. Il materiale sul caso pubblicato nelle ultime due settimane dal BVMN fornisce una contestualizzazione utile a integrare le prove del Guardian, rivelando il modo in cui si generano gravi ferite e contusioni. Gli intervistati in diversi casi descrivono il modo in cui gli agenti usano i siti di respingimento sul confine come luoghi per inscenare prolungate aggressioni fisiche con manganelli e altre armi.
Un gruppo respinto il 15 ottobre ha descritto di essere stato picchiato per un’ora dalla polizia croata, azione risultata in una serie di lividi, contusioni e cicatrici.
Descrivendo l’aggressione, [uno degli intervistati] ha condiviso la sua esperienza:
“Mi picchiavano da ogni parte, con qualsiasi cosa. Con il manganello mi colpivano con i pugni, mi prendevano a calci. Sulla schiena, sulla testa, sulle gambe, ovunque”.
L’intervistato ha descritto anche il modo umiliante in cui gli uomini, dopo essere stati picchiati, sono stati costretti a sdraiarsi a faccia in giù sui loro compagni caduti, con la polizia croata che li ha disposti a forma di “piramide“, come si è visto in molti altri casi nel mese di ottobre. Infine, sono stati costretti a spogliarsi in mutande, prima di essere minacciati di morte con una pistola.
Le ferite che ne sono derivate rappresentano le dolorose conseguenze del respingimento, oltre a essere un crudo segno della violenza performativa orchestrata dalla polizia croata. La frequenza di lunghe ferite da colpo sulla schiena e sul torso supporta la testimonianza di gruppi che sono stati oggetto di pestaggi con manganelli, sia da una prospettiva orizzontale mentre stavano in piedi, che da un piano sopraelevato mentre giacevano a faccia in giù sul terreno (come nel caso dell’11 ottobre).
Un’altra testimonianza di un respingimento del 16 ottobre da Zagabria a una località simile, fuori Velika Kladusa, ha descritto la stessa tattica, in cui gli uomini venivano “messi a terra l’uno accanto all’altro, e poi altri due uomini sono stati posti in modo perpendicolare sopra i primi due, come una griglia“.
Facendo un paragone con la serie di lesioni descritte nel recente articolo del Guardian, l’esame forense delle ferite evidenzia una certa uniformità nei tipi di traumi fisici inflitti alle persone sul confine croato. Le contusioni formatesi intorno alle lesioni sui corpi delle persone sono costituite grandi ematomi, indicanti il verificarsi di una significativa emorragia interna, che sarebbe compatibile con un brutale ricorso alla forza, tramite calci o un qualche tipo di bastone. Inoltre, i lividi sulla schiena e sulle natiche suggeriscono che sia stata utilizzata di una sorta di frusta per squarciare la pelle, causando delle lacerazioni sulla superficie. L’impatto di questi colpi è stato aggravato dal fatto che le persone sono state costrette a spogliarsi in parte prima dell’assalto, e ciò ha aumentato l’impatto [dei colpi] sulla loro pelle.
I responsabili
Oltre alla netta somiglianza dei metodi utilizzati nei gravi e violenti respingimenti delle ultime due settimane, anche la coincidenza del luogo è preoccupante. Tutti i casi registrati dal Border Violence Monitoring Network che rispecchiano questo trend nelle ultime settimane sono avvenuti sotto la giurisdizione della stazione della Polizia di Frontiera di Cetingrad, e lo stesso vale per tutti i casi riportati al Guardian dal Danish Refugee Council. Secondo il Ministero dell’Interno croato, il comandante di questa stazione, Damir Butina, è intervenuto di recente a un evento di formazione per 36 nuovi dirigenti della polizia di frontiera croata sulle procedure di confine “certificate da Frontex”.
Spesso, gli autori dei respingimenti violenti più gravi sono descritti come indossanti uniformi nere e passamontagna, che non coincidono con le uniformi ufficiali indossate dalla polizia di frontiera del paese. Secondo le nostre ricerche, queste uniformi corrispondono invece a quelle indossate dalle unità di intervento del Ministero dell’Interno croato, impiegate al confine ma provenienti dalle stazioni di polizia di tutto il paese.
Mentre diverse unità della polizia croata sono coinvolte in procedure di respingimento, le unità d’intervento del Ministero dell’Interno sono spesso quelle incaricate del violento allontanamento finale – e le loro uniformi e i passamontagna neri coincidono perfettamente questo recente picco di violenza nei dintorni di Cetingrad.
Le prove fisiche dei recenti casi di respingimento corrispondono anche al repertorio di armi, formali e informali, normalmente utilizzate da queste unità della polizia croata. Le ferite da arma contundente possono essere attribuite all’uso di manganelli standard della polizia, mentre le ferite da frusta sono probabilmente causate da manganelli allungabili o rami, spesso impiegati come arma nelle aree di frontiera.
Conclusioni
Il ripetersi di questi attacchi lungo un tratto relativamente breve del confine bosniaco-croato indica fino a che punto autorità croate sono disposte a spingersi per difendere il confine esterno dell’Unione europea. I materiali presi in esame in questo post suggeriscono che la violenza è il prodotto di uno sforzo organizzato da parte delle autorità croate per scoraggiare il transito e brutalizzare i gruppi che tentano di compiere la traversata verso l’Europa. L’ondata di violenti attacchi in questa zona di confine è stata confermata dal quotidiano Guardian e dai media locali, che hanno intervistato i gruppi picchiati durante la traversata, al loro ritorno nel cantone bosniaco dell’Una-Sana. Se i respingimenti si verificano in quest’area di confine da più di due anni, le modalità estreme degli assalti recenti compiuti dalla polizia croata segnano una svolta violenta nel ricorso a pratiche già in sé violente.