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Le condizioni minime di accoglienza del richiedente asilo “dublinato” devono essere concesse dallo Stato membro al quale è stata presentata la domanda.

La Corte di Giustizia europea : l'obbligo si impone a partire dalla presentazione della domanda di asilo fino al trasferimento effettivo del richiedente asilo verso lo Stato membro di primo arrivo.

La Corte di giustizia europea, con la sentenza del 27 settembre 2012, Causa C-179/11, ha chiarito che le condizioni minime di accoglienza del richiedente asilo devono essere concesse dallo Stato membro al quale è stata presentata la domanda, anche nel caso in cui tale Stato chiami in causa un altro Stato membro in base al regolamento “Dublino II” (Regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003).

Il Conseil d’État (Francia) è stato adito il 26 gennaio 2010 da due associazioni francesi, la CIMADE e il GISTI, con un ricorso inteso ad annullare la circolare interministeriale del 3 novembre 2009 relativa all’ATA (assegno temporaneo di attesa) che prevede un sussidio per i richiedenti asilo in attesa dell’esito della domanda, ma da cui sono esclusi coloro per i quali è in corso una procedura di trasferimento ai sensi del Regolamento Dublino II.
La Corte ha precisato che l’obbligo per lo Stato membro cui sia stata presentata una domanda di asilo di concedere tali condizioni minime di accoglienza prende inizio nel momento in cui i richiedenti «presentano la loro domanda d’asilo», anche se tale Stato non è lo Stato membro competente ad esaminare la domanda in base ai criteri enunciati dal regolamento Dublino II. La direttiva 2003/9 prevede infatti soltanto una categoria di richiedenti asilo, comprendente tutti i cittadini dei paesi terzi e gli apolidi che depositano una domanda di asilo. Di conseguenza, tali condizioni minime di accoglienza devono essere concesse non soltanto ai richiedenti asilo che si trovano nel territorio dello Stato membro competente, ma anche a quelli che restano in attesa della determinazione dello Stato membro competente, tenendo presente che tale procedimento di determinazione può durare svariati mesi.

A questo proposito, la Corte ha ricordato che il diritto dell’Unione autorizza i richiedenti asilo a rimanere non soltanto nel territorio dello Stato nel quale la loro domanda viene esaminata, ma anche, fino al trasferimento effettivo degli interessati, nel territorio dello Stato membro in cui tale domanda è stata depositata.

In secondo luogo, secondo la Corte, l’obbligo di garantire le condizioni minime di accoglienza del richiedente asilo si impone sin dalla presentazione della domanda di asilo e per tutta la durata del procedimento di determinazione dello Stato membro competente fino al trasferimento effettivo di detto richiedente da parte dello Stato autore della richiesta di presa in carico.

Soltanto il trasferimento effettivo del richiedente asilo da parte dello Stato autore della richiesta di presa in carico mette fine al procedimento dinanzi a questo stesso Stato nonché alla sua responsabilità per l’onere finanziario derivante dalla concessione delle condizioni di accoglienza.

La Corte ha ricordato, infine, che le condizioni minime di accoglienza possono essere ridotte o revocate nelle situazioni, elencate dalla direttiva sopra citata, in cui il richiedente asilo non rispetti il regime di accoglienza stabilito dallo Stato membro interessato (ad esempio, qualora l’interessato non si rechi ai colloqui personali previsti ai fini dell’istruzione della domanda di asilo).