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da Il Manifesto dell'8 ottobre 2005

Le deportazioni nel deserto scuotono Madrid

Stefano Liberti
Uomini e ragazzi feriti, bambini, donne incinte senza acqua né viveri, lasciati nel mezzo del deserto a pochi passi dal confine con l’Algeria. Non hanno nulla con cui ripararsi dalla rigida notte del Sahara; per la sussistenza possono solo sperare nel buon cuore dei pochi abitanti dei villaggi nei pressi dei quali sono stati lasciati. Sono almeno ottocento, finiti nelle maglie delle retate lanciate dal Marocco nelle ultime due settimane e abbandonati a se stessi in questa distesa monotona di sabbia. La denuncia viene da Médecins sans frontières (Msf), che ha potuto verificare direttamente sul terreno quanto già era trapelato nei giorni scorsi: centinaia di sub-sahariani sono stati trasportati dalla gendarmeria marocchina con pullman e camionette in una zona impervia nel sud-est del paese, dove sono stati semplicemente scaricati.. La svolta nella politica di contrasto dell’immigrazione clandestina da parte del Marocco è ormai ufficiale: i «clandestini» non sono più trasportati alla frontiera di Oujda, da cui potevano – sia pur a costo di lunghi percorsi a piedi – ritornare indietro. Rabat ha scelto una soluzione radicale: lascia i sub-sahariani in posti da cui probabilmente non faranno mai ritorno.

«Sono circondato da circa 40 feriti; la situazione è drammatica», ha detto all’emittente radiofonica spagnola Cadena Ser il delegato di Msf in Marocco, Javier Gabaldón. Il quale ha aggiunto che molti degli immigrati hanno lesioni prodotte dai ripetuti tentativi di saltare i recinti di Ceuta e Melilla, le due enclaves spagnole in terra d’Africa prese d’assalto ultimamente da migliaia di sub-sahariani. «Se non verranno fornite loro cure, moriranno», ha concluso il delegato di Msf.

La notizia, ampiamente rilanciata da tutti i media spagnoli, ha creato non poco imbarazzo al governo socialista di José Luis Rodriguez Zapatero, che solo l’altroieri aveva annunciato in pompa magna la riattivazione di un accordo bilaterale stretto con il Marocco nel 1992 ma mai attuato, che prevede la riammissione nel regno alauita di tutti i cittadini dei paesi terzi da lì transitati.

Pensata come deterrente per bloccare gli assalti massicci di immigranti alle recinzioni di Ceuta e Melilla e sostanziata dall’effettivo rimpatrio di 73 maliani da Algeciras a Tangeri l’altroieri, la decisione di Madrid rischia di rivelarsi un boomerang. Al suo solo annuncio, diverse organizzazioni per i diritti umani sono insorte. «Il Marocco sta deportando questi immigrati in luoghi dove la loro vita è a serio rischio. Se il governo spagnolo realizzerà i rimpatri di sub-sahariani deve mettere in conto che questo è il trattamento che riceveranno [in Marocco ndr]», ha dichiarato Carlos Ugarte, altro membro di Msf. Una denuncia che fa eco a quella avanzata già l’altroieri dall’Ong «Sos Inmigración», che aveva accusato il governo spagnolo e l’Unione europea di «corresponsabilità in queste violazioni dei diritti umani».

Proprio per far fronte a queste critiche, Madrid ha annunciato un «nuovo protocollo di collaborazione nella lotta contro l’immigrazione illegale», che sarà negoziato a Rabat dal ministro degli esteri Miguel Angel Moratinos lunedì prossimo. Un’espressione apparentemente neutra, dietro alla quale si cela la necessità di cancellare il danno di immagine creato dalla notizia degli immigrati abbandonati nel deserto.

A tale proposito, il governo ha già approvato lo stanziamento di tre milioni di euro da destinare a Ceuta e Melilla per programmi di integrazione sociale e alla fornitura di servizi primari ai «sans papiers». Lo stesso governo, per bocca della vice di Zapatero Maria Teresa Fernandez de la Vega, ha poi fatto sapere che i rimpatri verso il Marocco saranno valutati «caso per caso», imprimendo un sostanziale dietro front alla politica più repressiva annunciata l’altroieri.

Allo stesso tempo, tuttavia, il protocollo annunciato promette un rafforzamento dei dispositivi di indagine congiunta tra Spagna e Marocco e la repressione delle mafie che gestiscono il traffico dei migranti. Ed è proprio sul ruolo delle mafie che si annuncia il prossimo giro di vite di Zapatero.

Non potendo puntare il dito contro le migliaia di disperati che assaltano i recinti di Ceuta e Melilla, Madrid ha cominciato a far circolare la notizia che questi attacchi sarebbero coordinati dalle organizzazioni criminali che gestiscono il traffico. Un’affermazione non suffragata per il momento da alcun elemento e che lascia comunque piuttosto perplessi: appare difficile immaginare quale vantaggio economico trarrebbero le presunte mafie dell’immigrazione dal passaggio dei sub-sahariani a Ceuta e Melilla.