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Le rimesse: una banca per le famiglie degli immigrati e per i loro paesi

Scheda a cura del Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes

Più di 2 miliardi di euro nel 2004. In occasione della relazione del Governatore all’Assemblea annuale della Banca d’Italia vengono forniti i nuovi dati sulle rimesse inviate dagli immigrati. E’ così possibile ricostruire questi flussi finanziari nell’arco degli ultimi 10 anni (1995-2004). Questa voce ha un’entità modesta rispetto alla ricchezza dell’Italia (0,15 per cento del PIL) ma un significato importante per i paesi destinatari.
A fronte di un atteggiamento restrittivo dei paesi ricchi, preoccupati di far quadrare i loro bilanci più che di incrementare l’aiuto allo sviluppo, è aumentata la solidarietà degli stessi immigrati. Nel 2004 è stato, infatti, registrato l’invio di 2.094 milioni di euro, quasi il doppio rispetto al 2003 (1.167 milioni), tre volte di più rispetto al 2002 (792 milioni), quattro volte di più rispetto al 2000 (588 milioni), 7 volte di più rispetto al 1997 (292 milioni) ed esattamente 10 volte di più rispetto al 1995 (108 milioni), un aumento quindi non dovuto solo al fenomeno inflattivo.
E’ vero che le variazioni annuali possono subire sbalzi imprevisti. L’Irlanda, ad esempio, paese prima di bassa classifica, ha visto arrivare dall’Italia ben 793 milioni di euro nel 2004, forse a titolo di investimenti, mentre gli Stati Uniti, già in precedenza ben rappresentati, con i 309 milioni di euro del 2004 hanno registrato un importo tre volte superiore rispetto al 2003 e sei volte superiore rispetto al 2002.
L’importo ufficiale delle rimesse comprende i flussi delle banche, delle poste e dei “money transfer”. Se si tiene conto delle somme portate direttamente in patria dagli stessi immigrati o tramite amici, a livello mondiale dai circa 100 miliardi di dollari annuali si arriverebbe secondo alcune stime addirittura al doppio e questo raddoppio avverrebbe anche in Italia. Vi sono poi le rimesse non di soldi ma di oggetti (auto, altri macchinari e beni). Osservano Caritas e Migrantes che “sia in Italia che a livello mondiale, la tendenza delle rimesse è in crescita e, oltre tutto, questo flusso è meno volatile rispetto agli investimenti diretti esteri e più consistente rispetto agli aiuti per lo sviluppo. Tutto ciò porta a considerare le migrazioni un propulsore non trascurabile degli scambi economici tra i paesi ricchi e gli altri paesi”.

Le rimesse, oggi e in prospettiva. I dati del 2004, pertanto, vanno commentati con diversi distinguo. E’ vero, da una parte, che il crescente inserimento dei cittadini stranieri in Italia costituisce di per se stesso un drenaggio locale dei risparmi degli immigrati, trattenuti per pagare l’affitto, l’acquisto di mobili e di utensili, l’utilizzo di un’auto, l’educazione dei figli e, in misura crescente, l’accensione di mutui per l’acquisto di un appartamento.
E’ anche vero, d’altra parte, che le prime generazioni di immigrati sono propense a conservare un forte legame con la loro patria e i loro cari, rendendoli partecipi del loro accesso al benessere attraverso l’invio delle rimesse. E’ significativo ricordare che la decisione di emigrare coinvolge spesso il gruppo allargato, chiamato a mettere insieme i soldi per pagare il trasferimento e il primo periodo di difficoltà nel nuovo ambiente.
Secondo Caritas e Migrantes “il flusso delle rimesse continua ad essere alimentato in questa fase dal fatto che spesso il marito o la moglie, e ancora più spesso i figli o parte di essi, rimangono in patria perché non riescono ancora a venire in Italia. Il ricongiungimento familiare continua ad essere un obiettivo tutt’altro che agevole non solo per i requisiti riguardanti la sicurezza del posto di lavoro, la qualità dell’alloggio, l’importo del reddito ma anche per le complessità di natura burocratica, sulle quali sarebbe opportuno ritornare con maggiore attenzione”.

I paesi maggiormente protagonisti. I paesi ricchi beneficiano della parte più considerevole delle rimesse: nel 2004 sono andati 1.308 milioni di euro ai 15 Stati membri della UE (ai nuovi Stati membri solo 5 milioni di euro), 76 milioni agli altri paesi occidentali, 120 al Nord America e 6 all’Australia: arriviamo così al 72% del totale delle rimesse.
Per i restanti 583 milioni fanno la parte del leone le Filippine (297 milioni di euro) e la Cina (170 milioni), mentre gli altri paesi sono nettamente distanziati: Ecuador 15 milioni, Romania 12 milioni, Bangladesh e Colombia 7 milioni, Brasile, Senegal Marocco e Perù tra i 3 e i 4 milioni. Alcuni gruppi di immigrati sono più propensi al risparmio: non è un caso che le rimesse del milione di filippini all’estero incidano per il 9% sul prodotto interno lordo del loro paese.
Tuttavia, i bassi importi spediti in paesi vicini come l’Albania, la Polonia, la Tunisia e la stessa Romania, che sono tra i primi gruppi per numero di soggiornanti, lasciano intendere che non vengono praticate solo le vie ufficiali per l’invio dei risparmi. In particolare, pensando agli albanesi e alle terribili conseguenze per i risparmiatori del crollo delle piramidi finanziarie nel 1997, si può capire la sfiducia nei sistemi bancari e si deve auspicare una più stretta collaborazione perché venga rafforzata la collaborazione a questo livello così necessario ai fini degli investimenti imprenditoriali.
Gli ultimi 10 anni, presi nel loro complesso, sottolineano l’entità delle somme inviate. Alle Filippine sono andati complessivamente 1.895 milioni di euro, alla Cina 521, al Marocco 193, al Senegal 60, alla Romania 41, al Perù, all’Ecuador, al Brasile e all’Egitto 30, al Venezuela, all’India e all’Argentina 16, alla Turchia, all’Albania, al Bangladesh e all’Ucraina 10. Peraltro l’Italia non è che uno dei rivoli: negli Stati Uniti il volume delle rimesse è di 15 volte superiore al nostro paese, che pure è collocato tra i primi 10 del mondo.
Anche secondo Caritas e Migrantes “il volume delle rimesse è di tutto rispetto e più consistente di quanto possa apparire, come anche i relativi benefici sono di primaria importanza e costituiscono un filo di speranza autogestito a beneficio di paesi spesso molto sfortunati”.

La funzione delle rimesse. Anche quando è finalizzata a favorire un miglior tenore di vita e i soldi vengono spesi per l’abitazione, il cibo, la sanità e la scuola, la funzione delle rimesse è quanto mai positiva e senza dispersioni di sorta, come non di rado avviene invece, nel caso degli aiuti ufficiali. Si potrebbe arrivare, però, ad una finalizzazione anche imprenditoriale di questo capitale: a tal fine si rendono necessarie alcune facilitazioni operative da parte delle banche, come anche un più stretto collegamento con la normativa sulla cooperazione allo sviluppo (che finora ha escluso il protagonismo degli immigrati dai suoi programmi) e anche una maggiore attenzione da parte dei paesi di origine.
“E’ proprio questa triangolazione virtuosa che manca” secondo Caritas e Migrantes, che però constatano con soddisfazione il progressivo venir meno di un inquadramento pauperistico degli immigrati e la loro considerazione come importanti operatori economici in Italia e come mediatori per lo sviluppo nei confronti dei loro paesi di origine.
Nella prossima edizione del “Dossier Statistico Immigrazione”, che uscirà a fine ottobre, il capitolo dedicato alle rimesse è stato affidato allo Scalabrini International Migration Institute, che si farà carico di censire le rimesse anche come incentivo alla imprenditorialità o microimprenditorialità a livello locale, oltre che al rafforzamento dei “welfare” locali. Come ribadito in un recente seminario di Caritas Italiana su “Crediti, debiti, risparmi, rimesse” (13 maggio 2005), i costi del trasferimento andrebbero diminuiti anche per favorire la propensione all’invio di rimesse, essendo stato accertato dalle istituzioni finanziarie internazionali un collegamento tra i due fattori.

Le regioni di invio delle rimesse. Nel 2004 poco più del 60% delle rimesse è stato inviato dal Lazio o, più precisamente, dalla Provincia di Roma: anche nel passato quest’area si è tenuta sempre al di sopra del 40% del totale. Un altro terzo parte dal Nord Italia, di cui poco meno del 20% dalla Lombardia (o più esattamente dalla Provincia di Milano) e un altro 10% dal Veneto (per la stragrande maggioranza dalla Provincia di Verona). Roma e Milano sono senz’altro aree di accentuata polarizzazione, anche perché vi risiede una quota significativa di cittadini stranieri provenienti da paesi ad alto reddito.
Alla Toscana e all’Emilia Romagna, le altre due regioni che seguono in graduatoria, non spetta neppure il 2% del totale delle rimesse.
Uno sguardo a quanto è avvenuto nell’ultimo decennio porta a constatare che dal Lazio sono stati inviati complessivamente 3.052 milioni di euro, dalla Lombardia 1.662, dalla Toscana 444, dall’Emilia Romagna 249, dalla Sicilia 235, dal Piemonte e dalla Campania poco più di 100. “Quando si tratta dei risparmi di chi è immigrato per lavoro – annotano ancora Caritas e Migrantes – tutte le regioni sono protagoniste, anche se spesso si tratta di cifre contenute che però, rapportate al livello di reddito della madrepatria, sono parimenti importanti. Sarebbe importante saperne di più al riguardo, per singole province e singoli paesi, ma questo resta ancora difficile” .

Vedi Allegato 1 – Ripartizione delle rimesse inviate dagli immigrati in Italia per continente di destinazione (1995-2004)