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dal Messaggero Veneto del 23 gennaio 2008

Lega, nuova ordinanza anti-immigrati

Azzano Decimo oggi diventerà il primo Comune che, dopo le fasce di reddito, imporrà limitazioni anche nell’assistenza

Politica e integrazione. Il sindaco Bortolotti: gli extracomunitari che chiederanno sussidi in municipio perderanno il diritto alla residenza in paese.

Attivato uno staff per studiare le possibilità offerte dalla legge «Moschee causa di fondamentalismi».
A Pordenone, intanto, chiesta la chiusura del centro islamico. Sabato presidio e raccolta di firme.

L’extracomunitario residente in Italia che non ha più il reddito per potersi mantenere perde il diritto al permesso di soggiorno. Questa la filosofia alla base della nuova ordinanza che il sindaco di Azzano, Enzo Bortolotti, presenterà stamane. Una nuova offensiva che si accompagna all’ostracismo nei confronti del centro islamico di via Monte Pelmo.
Il segretario provinciale della Lega nord ha attivato uno staff con il compito di studiare la normativa nazionale e quella internazionale relativa all’immigrazione e presenterà stamane il frutto di tale lavoro: un’ordinanza che, stando alle prime indiscrezioni, legherà la permanenza dell’immigrato ad Azzano Decimo alla capacità di mantenersi. Se l’extracomunitario si rivolgerà all’amministrazione comunale per poter chiedere sussidi economici o sostegni per la casa e altri servizi essenziali è obbligo del sindaco, secondo il Carroccio, comunicare il venir meno delle condizioni affinché rimanga in Italia, essendo vincolato il permesso di soggiorno a un lavoro stabile e quindi a un reddito minimo di sussistenza.
Un’ordinanza che non mancherà di far discutere dopo quella sul reddito minimo per poter essere iscritti all’anagrafe che Bortolotti ha firmato sulla scia degli analoghi provvedimenti assunti in Veneto.
Ma l’offensiva del Carroccio non si ferma alle questioni che partono da Azzano Decimo. Nel corso del direttivo provinciale che si è tenuto l’altra sera è stato deciso di continuare l’offensiva nei confronti dei centri culturali islamici. A fronte del possibile trasferimento di quello di via Monte Pelmo nei pressi della Motorizzazione civile – trattativa, però, smentita dall’Imam Mohammed Ouatiq e di cui l’amministrazione comunale afferma di non essere a conoscenza – sabato mattina, a partire dalle 9, si terrà un presidio nella zona.
«Non ci limiteremo alla nostra presenza – afferma lo stesso Bortolotti – ma puntiamo anche a una raccolta di firme, a partire dai residenti, contro la creazione di psuedo centri islamici o moschee. Recenti fatti di cronaca a livello nazionale e internazionale testimoniano come queste moschee sono focolai di integralismo, con il passaggio di fondamentalisti islamici come è avvenuto anche a Pordenone. Riteniamo pertanto che non ci siano le condizioni, a partire dalla reciprocità nei Paesi arabi, per realizzare tali centri».
Ma la protesta non si limita a possibili nuove localizzazioni: «I disagi manifestati dai residenti – continua Bortolotti – testimoniano che bisogna chiudere anche il centro islamico di via Monte Pelmo».
di Stefano Polzot


Il secondo strappo deciso dal sindaco “anti-burqa”

Quella che verrà presentata oggi non è la prima ordinanza che vede protagonista il sindaco di Azzano Decimo, Enzo Bortolotti, sul fronte dell’immigrazione.
Un anno e mezzo fa era stato il provvedimento contro l’uso del burqa in pubblico da parte delle donne islamiche a fare rumore, con tanto di annullamento dell’atto e ricorso alla giustizia amministrativa da parte del primo cittadino.
Sull’onda di quanto aveva firmato il sindaco di Cittadella, in Veneto, anche Bortolotti, a fine novembre, ha firmato un’analoga ordinanza sui limiti di reddito per l’iscrizione all’anagrafe da parte dei cittadini. Un provvedimento altrettanto contestato, in quanto l’efficacia, secondo Rifondazione comunista, in realtà era riferita solo ai cittadini europei e in particolare a rumeni e bulgari nel periodo transitorio di allargamento dell’Unione.
Un atto contestato anche formalmente dalla Sinistra radicale la quale ha inoltrato un esposto al prefetto di Pordenone, Elio Maria Landolfi, con il quale si chiedeva l’annullamento del provvedimento per ragioni di illegittimità.
In subordine l’invito al Governo è stato quello di avvalersi della facoltà di esercitare il potere sostitutivo a tutela dell’unità della Repubblica, chiedendo al Consiglio di Stato un parere per sottoporre al Consiglio dei Ministri ogni determinazione circa l’annullamento dell’atto sindacale.