Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 23 Agosto 2003

Legge 11 agosto 2003, n.228

Misure contro la tratta di persone

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno
approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Promulga
la seguente legge:

ART. 1.
(Modifica dell’articolo 600 del codice penale).
1. L’articolo 600 del codice penale e’ sostituito dal seguente:
“ART. 600. – (Riduzione o mantenimento in schiavitu’ o in servitu). –
Chiunque esercita su una persona poteri corrispondenti a quelli del
diritto di proprieta’ ovvero chiunque riduce o mantiene una persona
in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni
lavorative o sessuali ovvero all’accattonaggio o comunque a
prestazioni che ne comportino lo sfruttamento, e’ punito con la
reclusione da otto a venti anni.
La riduzione o il mantenimento nello stato di soggezione ha luogo
quando la condotta e’ attuata mediante violenza, minaccia, inganno,
abuso di autorita’ o approfittamento di una situazione di
inferiorita’ fisica o psichica o di una situazione di necessita’, o
mediante la promessa o la dazione di somme di denaro o di altri
vantaggi a chi ha autorita’ sulla persona.
La pena e’ aumentata da un terzo alla meta’ se i fatti di cui al
primo comma sono commessi in danno di minore degli anni diciotto o
sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o al fine di
sottoporre la persona offesa al prelievo di organi”.

Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e’ stato redatto
dall’amministrazione competente per materia, ai sensi
dell’art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull’emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo
fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge
modificate alle quali e’ operato il rinvio. Restano
invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi
qui trascritti.

ART. 2.
(Modifica dell’articolo 601 del codice penale).
1. L’articolo 601 del codice penale e’ sostituito dal seguente:
“ART. 601. – (Tratta di persone). – Chiunque commette tratta di
persona che si trova nelle condizioni di cui all’articolo 600 ovvero,
al fine di commettere i delitti di cui al primo comma del medesimo
articolo, la induce mediante inganno o la costringe mediante
violenza, minaccia, abuso di autorita’ o approfittamento di una
situazione di inferiorita’ fisica o psichica o di una situazione di
necessita’, o mediante promessa o dazione di somme di denaro o di
altri vantaggi alla persona che su di essa ha autorita’, a fare
ingresso o a soggiornare o a uscire dal territorio dello Stato o a
trasferirsi al suo interno, e’ punito con la reclusione da otto a
venti anni.
La pena e’ aumentata da un terzo alla meta’ se i delitti di cui al
presente articolo sono commessi in danno di minore degli anni
diciotto o sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o al
fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi”.

ART. 3.
(Modifica dell’articolo 602 del codice penale).
1. L’articolo 602 del codice penale e’ sostituito dal seguente:
“ART. 602. – (Acquisto e alienazione di schiavi). – Chiunque, fuori
dei casi indicati nell’articolo 601, acquista o aliena o cede una
persona che si trova in una delle condizioni di cui all’articolo 600
e’ punito con la reclusione da otto a venti anni.
La pena e’ aumentata da un terzo alla meta’ se la persona offesa e’
minore degli anni diciotto ovvero se i fatti di cui al primo comma
sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o al fine di
sottoporre la persona offesa al prelievo di organi”.

ART. 4.
(Modifica all’articolo 416 del codice penale).
1. Dopo il quinto comma dell’articolo 416 del codice penale e’
aggiunto il seguente:
“Se l’associazione e’ diretta a commettere taluno dei delitti di cui
agli articoli 600, 601 e 602, si applica la reclusione da cinque a
quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da quattro a nove
anni nei casi previsti dal secondo comma”.

Nota all’art. 4:
– Si riporta il testo dell’art. 416 del codice penale,
come modificato dalla legge qui pubblicata:
«Art. 416 (Associazione per delinquere). – Quando tre o
piu’ persone si associano allo scopo di commettere piu’
delitti, coloro che promuovono o costituiscono od
organizzano l’associazione sono puniti, per cio’ solo, con
la reclusione da tre a sette anni.
Per il solo fatto di partecipare all’associazione, la
pena e’ della reclusione da uno a cinque anni
I capi soggiacciono alla stessa pena stabilita per i
promotori.
Se gli associati scorrono in armi le campagne o le
pubbliche vie si applica la reclusione da cinque a quindici
anni.
La pena e’ aumentata se il numero degli associati e’ di
dieci o piu’.
Se l’associazione e’ diretta a commettere taluno dei
delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602, si applica la
reclusione da cinque a quindici anni nei casi previsti dal
primo comma e da quattro a nove anni nei casi previsti dal
secondo comma.».

ART. 5.
(Sanzioni amministrative nei confronti di persone giuridiche,
societa’ e associazioni per delitti contro
la personalita’ individuale)
.
1. Dopo l’articolo 25-quater del decreto legislativo 8 giugno 2001,
n. 231, e’ inserito il seguente:
“ART. 25-quinquies. – (Delitti contro la personalita’ individuale). –
1. In relazione alla commissione dei delitti previsti dalla sezione I
del capo III del titolo XII del libro II del codice penale si
applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie:
a) per i delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602, la sanzione
pecuniaria da quattrocento a mille quote;
b) per i delitti di cui agli articoli 600-bis, primo comma, 600-ter,
primo e secondo comma, e 600-quinquies, la sanzione pecuniaria da
trecento a ottocento quote;
c) per i delitti di cui agli articoli 600-bis, secondo comma,
600-ter, terzo e quarto comma, e 600-quater, la sanzione pecuniaria
da duecento a settecento quote.
2. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nel comma 1,
lettere a) e b), si applicano le sanzioni interdittive previste
dall’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore ad un anno.
3. Se l’ente o una sua unita’ organizzativa viene stabilmente
utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la
commissione dei reati indicati nel comma 1, si applica la sanzione
dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attivita’ ai sensi
dell’articolo 16, comma 3″.

Note all’art. 5:
– Il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (in
Gazzetta Ufficiale n. 140 del 19 giugno 2001) reca:
«Disciplina della responsabilita’ amministrativa delle
persone giuridiche, delle societa’ e delle associazioni
anche prive di personalita’ giuridica, a norma dell’art. 11
della legge 29 settembre 2000, n. 300.».
– Per completezza di informazione si riporta il testo
degli articoli 9 e 16 del citato decreto legislativo
8 giugno 2001, n. 231:
«Art. 9 (Sanzioni amministrative). – 1. Le sanzioni per
gli illeciti amministrativi dipendenti da reato sono:
a) la sanzione pecuniaria;
b) le sanzioni interdittive;
c) la confisca;
d) la pubblicazione della sentenza.
2. Le sanzioni interdittive sono:
a) l’interdizione dall’esercizio dell’attivita’;
b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni,
licenze o concessioni funzionali alla commissione
dell’illecito;
c) il divieto di contrattare con la pubblica
amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di
un pubblico servizio;
d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti,
contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli gia’
concessi;
e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.».
«Art. 16 (Sanzioni interdittive applicate in via
definitiva). – 1. Puo’ essere disposta l’interdizione
definitiva dall’esercizio dell’attivita’ se l’ente ha
tratto dal reato un profitto di rilevante entita’ ed e’
gia’ stato condannato, almeno tre volte negli ultimi sette
anni, alla interdizione temporanea dall’esercizio
dell’attivita’.
2. Il giudice puo’ applicare all’ente, in via
definitiva, la sanzione del divieto di contrattare con la
pubblica amministrazione ovvero del divieto di
pubblicizzare beni o servizi quando e’ gia’ stato
condannato alla stessa sanzione almeno tre volte negli
ultimi sette anni.
3. Se l’ente o una sua unita’ organizzativa viene
stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di
consentire o agevolare la commissione di reati in relazione
ai quali e’ prevista la sua responsabilita’ e’ sempre
disposta l’interdizione definitiva dall’esercizio
dell’attivita’ e non si applicano le disposizioni previste
dall’art. 17.».

ART. 6.
(Modifiche al codice di procedura penale).
1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) all’articolo 5, comma 1, lettera b), le parole: “, 600, 601 e 602”
sono soppresse;
b) all’articolo 51, comma 3-bis, dopo le parole: “di cui agli
articoli” sono inserite le seguenti: “416, sesto comma, 600, 601,
602,”;
c) all’articolo 407, comma 2, lettera a), nel numero 7-bis), sono
inserite dopo le parole: “dagli articoli” la seguente: “600,” e dopo
la parola: “601,” la seguente: “602,”.

Nota all’art. 6:
– Si riporta il testo degli articoli 5, 51 e 407 del
codice di procedura penale come modificati dalla legge qui
pubblicata:
«Art. 5 (Competenza della corte di assise). – 1. La
corte di assise e’ competente:
a) per i delitti per i quali la legge stabilisce la
pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel
massimo a ventiquattro anni, esclusi i delitti di tentato
omicidio, di rapina e di estorsione, comunque aggravati, e
i delitti previsti dall’art. 630, primo comma, del codice
penale e dal decreto del Presidente della Repubblica
9 ottobre 1990, n. 309;
b) per i delitti consumati previsti dagli articoli
579, 580, 584 del codice penale;
c) per ogni delitto doloso se dal fatto e’ derivata
la morte di una o piu’ persone, escluse le ipotesi previste
dagli articoli 586, 588 e 593 del codice penale;
d) per i delitti previsti dalle leggi di attuazione
della XII disposizione finale della Costituzione, dalla
legge 9 ottobre 1967, n. 962 e nel titolo I del libro II
del codice penale, sempre che per tali delitti sia
stabilita la pena della reclusione non inferiore nel
massimo a dieci anni.».
«Art. 51 (Uffici del pubblico ministero. Attribuzioni
del procuratore della Repubblica distrettuale). – 1. Le
funzioni di pubblico ministero sono esercitate:
a) nelle indagini preliminari e nei procedimenti di
primo grado, dai magistrati della procura della Repubblica
presso il tribunale;
b) nei giudizi di impugnazione dai magistrati della
procura generale presso la corte di appello o presso la
corte di cassazione.
2. Nei casi di avocazione, le funzioni previste dal
comma 1, lettera a) sono esercitate dai magistrati della
procura generale presso la corte di appello.
Nei casi di avocazione previsti dall’art. 371-bis, sono
esercitate dai magistrati della Direzione nazionale
antimafia.
3. Le funzioni previste dal comma 1 sono attribuite
all’ufficio del pubblico ministero presso il giudice
competente a norma del capo II del titolo I.
3-bis. Quando si tratta dei procedimenti per i delitti
consumati o tentati, di cui agli articoli 416, sesto comma,
600, 601, 602, 416-bis e 630 del codice penale, per i
delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal
predetto art. 416-bis ovvero al fine di agevolare
l’attivita’ delle associazioni previste dallo stesso
articolo, nonche’ per i delitti previsti dall’art. 74 del
testo unico approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e dall’art. 291-quater
del testo unico approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 le funzioni indicate nel
comma 1 lettera a) sono attribuite all’ufficio del pubblico
ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto
nel cui ambito ha sede il giudice competente.
3-ter. Nei casi previsti dal comma 3-bis, se ne fa
richiesta il procuratore distrettuale, il procuratore
generale presso la Corte di appello puo’, per giustificati
motivi, disporre che le funzioni di pubblico ministero per
il dibattimento siano esercitate da un magistrato designato
dal procuratore della Repubblica presso il giudice
competente.
3-quater. Quando si tratta di procedimenti per i
delitti consumati o tentati con finalita’ di terrorismo le
funzioni indicate nel comma 1, lettera a), sono attribuite
all’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del
capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice
competente. Si applicano le disposizioni del comma 3-ter.».
«Art. 407 (Termini di durata massima delle indagini
preliminari). – 1. Salvo quanto previsto all’art. 393 comma
4, la durata delle indagini preliminari non puo’ comunque
superare diciotto mesi.
2. La durata massima e’ tuttavia di due anni se le
indagini preliminari riguardano:
a) i delitti appresso indicati:
1) delitti di cui agli articoli 285, 286, 416-bis e
422 del codice penale, 291-ter, limitatamente alle ipotesi
aggravate previste dalle lettere a), d) ed e) del comma 2,
e 291-quater, comma 4, del testo unico approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n.
43;
2) delitti consumati o tentati di cui agli articoli
575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, e 630 dello
stesso codice penale;
3) delitti commessi avvalendosi delle condizioni
previste dall’art. 416-bis del codice penale ovvero al fine
di agevolare l’attivita’ delle associazioni previste dallo
stesso articolo;
4) delitti commessi per finalita’ di terrorismo o
di eversione dell’ordinamento costituzionale per i quali la
legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel
minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, nonche’
delitti di cui agli articoli 270, terzo comma e 306,
secondo comma, del codice penale;
5) delitti di illegale fabbricazione, introduzione
nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto
in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o
tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi
clandestine nonche’ di piu’ armi comuni da sparo escluse
quelle previste dall’art. 2, comma terzo, della legge
18 aprile 1975, n. 110;
6) delitti di cui agli articoli 73, limitatamente
alle ipotesi aggravate ai sensi dell’art. 80, comma 2, e 74
del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli
stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e
riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica
9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni;
7) delitto di cui all’art. 416 del codice penale
nei casi in cui e’ obbligatorio l’arresto in flagranza;
7-bis) dei delitti previsti dagli articoli 600,
600-bis, comma 1, 600-ter, comma 1, 601, 602, 609-bis nelle
ipotesi aggravate previste dall’art. 609-ter, 609-quater,
609-octies del codice penale;
b) notizie di reato che rendono particolarmente
complesse le investigazioni per la molteplicita’ di fatti
tra loro collegati ovvero per l’elevato numero di persone
sottoposte alle indagini o di persone offese;
c) indagini che richiedono il compimento di atti
all’estero;
d) procedimenti in cui e’ indispensabile mantenere il
collegamento tra piu’ uffici del pubblico ministero a norma
dell’art. 371.
3. Salvo quanto previsto dall’art. 415-bis, qualora il
pubblico ministero non abbia esercitato l’azione penale o
richiesto l’archiviazione nel termine stabilito dalla legge
o prorogato dal giudice, gli atti di indagine compiuti dopo
la scadenza del termine non possono essere utilizzati.».

ART. 7.
(Ambito di applicazione delle leggi 31 maggio 1965, n. 575, e
19 marzo 1990, n. 55, e del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306)
.
1. All’articolo 7, primo comma, della legge 31 maggio 1965, n. 575, e
successive modificazioni, dopo le parole: “513-bis, 575,” sono
inserite le seguenti: “600, 601, 602,”.
2. All’articolo 14, comma 1, della legge 19 marzo 1990, n. 55, e
successive modificazioni, dopo le parole: “previste dagli articoli”,
sono inserite le seguenti: “600, 601, 602,”.
3. All’articolo 12-sexies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992,
n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.
356, e successive modificazioni, le parole: “416-bis,” sono
sostituite dalle seguenti: “416, sesto comma, 416-bis, 600, 601,
602,”.

Note all’art. 7:
– Si riporta il testo dell’art. 7 della legge 31 maggio
1965, n. 575 (Disposizioni contro la mafia) come modificato
dalla legge qui pubblicata:
«Art. 7. – Le pene stabilite per i delitti previsti
dagli articoli 336, 338, 353, 378, 379, 416, 416-bis, 424,
435, 513-bis, 575, 600, 601, 602, 605, 610, 611, 612, 628,
629, 630, 632, 633, 634, 635, 636, 637, 638, 640-bis,
648-bis, 648-ter, del codice penale sono aumentate da un
terzo alla meta’ e quelle stabilite per le contravvenzioni
di cui agli articoli 695, primo comma, 696, 697, 698, 699
del codice penale sono aumentate nella misura di cui al
secondo comma dell’art. 99 del codice penale se il fatto e’
commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo
ad una misura di prevenzione durante il periodo previsto di
applicazione e sino a tre anni dal momento in cui ne e’
cessata l’esecuzione.
In ogni caso si procede d’ufficio ed e’ consentito
l’arresto anche fuori dei casi di flagranza.
Alla pena e’ aggiunta una misura di sicurezza
detentiva.».
– Si riporta riporta il testo dell’art. 14 della legge
19 marzo 1990, n. 55 (Nuove disposizioni per la prevenzione
della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di
manifestazione di pericolosita’ sociale.), come modificato
dalla legge qui pubblicata:
«Art. 14. – 1. Salvo che si tratti di procedimenti di
prevenzione gia’ pendenti alla data di entrata in vigore
della presente legge, da tale data le disposizioni della
legge 31 maggio 1965, n. 575, concernenti le indagini e
l’applicazione delle misure di prevenzione di carattere
patrimoniale, nonche’ quelle contenute negli articoli da 10
a 10-sexies della medesima legge, si applicano con
riferimento ai soggetti indiziati di appartenere alle
associazioni indicate nell’art. 1 della predetta legge o a
quelle previste dall’art. 75, legge 22 dicembre 1975, n.
685, ovvero ai soggetti indicati nei numeri 1) e 2) del
primo comma dell’art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n.
1423 (quando l’attivita’ delittuosa da cui si ritiene
derivino i proventi sia una di quelle previste dagli
articoli 600, 601, 602, 629, 630, 644, 648-bis o 648-ter
del codice penale, ovvero quella di contrabbando.
2. Nei confronti dei soggetti di cui al comma 1, la
riabilitazione prevista dall’art. 15, legge 3 agosto 1988,
n. 327, puo’ essere richiesta dopo cinque anni dalla
cessazione della misura di prevenzione.
3. La riabilitazione comporta, altresi’, la cessazione
dei divieti previsti dall’art. 10 della legge 31 maggio
1965, n. 575.».
– Si riporta il testo dell’art. 12-sexies del
decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti al
nuovo codice di procedura penale e provvedimento di
contrasto alla criminalita’ mafiosa), convertito con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356 e
successive modificazioni, come modificato dalla legge qui
pubblicata:
«Art. 12-sexies (Ipotesi particolari di confisca). – 1.
Nei casi di condanna o di applicazione della pena su
richiesta a norma dell’art. 444 del codice di procedura
penale, per taluno dei delitti previsti dagli articoli 416,
sesto comma, 416-bis, 600, 601, 602, 629, 630, 644,
644-bis, 648, esclusa la fattispecie di cui al secondo
comma, 648-bis, 648-ter del codice penale, nonche’
dall’art. 12-quinquies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno
1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge
7 agosto 1992, n. 356, ovvero per taluno dei delitti
previsti dagli articoli 73, esclusa la fattispecie di cui
al comma 5, e 74 del testo unico delle leggi in materia di
disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,
prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di
tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e’ sempre disposta
la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilita’ di
cui il condannato non puo’ giustificare la provenienza e di
cui, anche per interposta persona fisica o giuridica,
risulta essere titolare o avere la disponibilita’ a
qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio
reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o
alla propria attivita’ economica. Le disposizioni indicate
nel periodo precedente si applicano anche in caso di
condanna e di applicazione della pena su richiesta, a norma
dell’art. 444 del codice di procedura penale, per taluno
dei delitti commessi per finalita’ di terrorismo o di
eversione dell’ordine costituzionale.
2. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche nei
casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta
a norma dell’art. 444 del codice di procedura penale, per
un delitto commesso avvalendosi delle condizioni previste
dall’art. 416-bis del codice penale, ovvero al fine di
agevolare l’attivita’ delle associazioni previste dallo
stesso articolo, nonche’ a chi e’ stato condannato per un
delitto in materia di contrabbando, nei casi di cui
all’art. 295, secondo comma, del testo unico approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n.
43.
3. Fermo quanto previsto dagli articoli 100 e 101 del
testo unico delle leggi in materia di disciplina degli
stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e
riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica
9 ottobre 1990, n. 309, per la gestione e la destinazione
dei beni confiscati a norma dei commi 1 e 2 si osservano,
in quanto compatibili, le disposizioni contenute nel
decreto legge 14 giugno 1989. n 230 convertito, con
modificazioni, dalla legge 4 agosto 1989, n. 282. Il
giudice, con la sentenza di condanna o con quella prevista
dall’art. 444, comma 2, del codice di procedura penale,
nomina un amministratore con il compito di provvedere alla
custodia, alla conservazione e all’amministrazione dei beni
confiscati.
Non possono essere nominate amministratori le persone
nei cui confronti il provvedimento e’ stato disposto, il
coniuge, i parenti, gli affini e le persone con essi
conviventi, ne’ le persone condannate ad una pena che
importi l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici
uffici o coloro cui sia stata irrogata una misura di
prevenzione.
4. Se, nel corso del procedimento, l’autorita’
giudiziaria, in applicazione dell’art. 321, comma 2, del
codice di procedura penale, dispone il sequestro preventivo
delle cose di cui e’ prevista la confisca a norma dei commi
1 e 2, le disposizioni in materia di nomina
dell’amministratore di cui al secondo periodo del comma 3
si applicano anche al custode delle cose predette.
4-bis. Si applicano anche ai casi di confisca previsti
dai commi da 1 a 4 del presente articolo le disposizioni in
materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati o
confiscati previste dalla legge 31 marzo 1965, n. 575, e
successive modificazioni; restano comunque salvi i diritti
della persona offesa dal reato alle restituzioni e al
risarcimento del danno.
4-ter. Con separati decreti, il Ministro dell’interno,
di concerto con il Ministro della giustizia, sentiti gli
altri Ministri interessati, stabilisce anche la quota dei
beni sequestrati e confiscati a norma del presente decreto
da destinarsi per l’attuazione delle speciali misure di
protezione previste dal decreto-legge 15 gennaio 1991 n. 8,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991,
n. 82, e successive modificazioni, e per le elargizioni
previste dalla legge 20 ottobre 1990, n. 302, recante norme
a favore delle vittime del terrorismo e della criminalita’
organizzata. Nei decreti il Ministro stabilisce anche che,
a favore delle vittime, possa essere costituito un Fondo di
solidarieta’ per le ipotesi in cui la persona offesa non
abbia potuto ottenere in tutto o in parte le restituzioni o
il risarcimento dei danni conseguenti al reato.
4-quater. Il Consiglio di Stato esprime il proprio
parere sugli schemi di regolamento di cui al comma 4-ter
entro trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il
regolamento puo’ comunque essere adottato.».

ART. 8.
(Modifiche all’articolo 10 del decreto-legge 31 dicembre 1991,
n. 419, convertito, con modificazioni, dalla legge
18 febbraio 1992, n. 172)
.
1. All’articolo 10 del decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419,
convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n.172,
al comma 1, dopo le parole: “agli articoli” sono inserite le
seguenti: “600, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies, 601,
602,” e dopo le parole: “codice penale” sono aggiunte le seguenti: “e
di cui all’articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75″.
2. Nel caso in cui la persona offesa dal reato sia minorenne, resta
fermo quanto previsto dall’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo
14 della legge 3 agosto 1998, n. 269.

Note all’art. 8:
– Si riporta il testo dell’art. 10 del decreto-legge
31 dicembre 1991, n. 419 (Istituzione del Fondo di sostegno
per le vittime di richieste estorsive.), convertito, con
modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172, come
modificato dalla legge qui pubblicata:
«Art. 10 (Disposizioni processuali). – 1. Quando e’
necessario per acquisire rilevanti elementi probatori
ovvero per la individuazione o cattura dei responsabili dei
delitti di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter,
600-quater, 600-quinquies, 601, 602, 629, 644, 648-bis e
648-ter del codice penale e di cui all’art. 3 della legge
20 febbraio 1958, n. 75, il pubblico ministero puo’, con
decreto motivato, ritardare l’esecuzione dei provvedimenti
che applicano una misura cautelare, dell’arresto, del fermo
dell’indiziato di delitto o del sequestro. Nei casi di
urgenza il ritardo dell’esecuzione dei predetti
provvedimenti puo’ essere disposto anche oralmente, ma il
relativo decreto deve essere emesso entro le successive
quarantotto ore.
2. Per gli stessi motivi di cui al comma 1 gli
ufficiali di polizia giudiziaria possono omettere o
ritardare gli atti di propria competenza, dandone immediato
avviso, anche oralmente, al pubblico ministero competente
per le indagini, e provvedono a trasmettere allo stesso
motivato rapporto entro le successive quarantotto ore.».
– Si riporta il testo dell’art. 14 della legge 3 agosto
1998, n. 269 (Norme contro lo sfruttamento della
prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in
danno di minori, quindi nuove norme di riduzione in
schiavitu’.):
«Art. 14 (Attivita’ di contrasto). – 1. Nell’ambito
delle operazioni disposte dal questore o dal responsabile
di livello almeno provinciale dell’organismo di
appartenenza, gli ufficiali di polizia giudiziaria delle
strutture specializzate per la repressione dei delitti
sessuali o per la tutela dei minori, ovvero di quelle
istituite per il contrasto dei delitti di criminalita’
organizzata, possono, previa autorizzazione dell’autorita’
giudiziaria, al solo fine di acquisire elementi di prova in
ordine ai delitti di cui agli articoli 600-bis, primo
comma, 600-ter, commi primo, secondo e terzo, e
600-quinquies del codice penale, introdotti dalla presente
legge, procedere all’acquisto simulato di materiale
pornografico e alle relative attivita’ di intermediazione,
nonche’ partecipare alle iniziative turistiche di cui
all’art. 5 della presente legge. Dell’acquisto e’ data
immediata comunicazione all’autorita’ giudiziaria che puo’,
con decreto motivato, differire il sequestro sino alla
conclusione delle indagini.
2. Nell’ambito dei compiti di polizia delle
telecomunicazioni, definiti con il decreto di cui all’art.
1, comma 15, della legge 31 luglio 1997, n. 249, l’organo
del Ministero dell’interno per la sicurezza e la
regolarita’ dei servizi di telecomunicazione svolge, su
richiesta dell’autorita’ giudiziaria, motivata a pena di
nullita’, le attivita’ occorrenti per il contrasto dei
delitti di cui agli articoli 600-bis, primo comma, 600-ter,
commi primo, secondo e terzo, e 600-quinquies del codice
penale commessi mediante l’impiego di sistemi informatici o
mezzi di comunicazione telematica ovvero utilizzando reti
di telecomunicazione disponibili al pubblico. A tal fine,
il personale addetto puo’ utilizzare indicazioni di
copertura, anche per attivare siti nelle reti, realizzare o
gestire aree di comunicazione o scambio su reti o sistemi
telematici, ovvero per partecipare ad esse. Il predetto
personale specializzato effettua con le medesime finalita’
le attivita’ di cui al comma 1 anche per via telematica.
3. L’autorita’ giudiziaria puo’, con decreto motivato,
ritardare l’emissione o disporre che sia ritardata
l’esecuzione dei provvedimenti di cattura, arresto o
sequestro, quando sia necessario per acquisire rilevanti
elementi probatori, ovvero per l’individuazione o la
cattura dei responsabili dei delitti di cui agli articoli
600-bis, primo comma, 600-ter, commi primo, secondo e
terzo, e 600-quinquies del codice penale. Quando e’
identificata o identificabile la persona offesa dal reato,
il provvedimento e’ adottato sentito il procuratore della
Repubblica presso il tribunale per i minorenni nella cui
circoscrizione il minorenne abitualmente dimora.
4. L’autorita’ giudiziaria puo’ affidare il materiale o
i beni sequestrati in applicazione della presente legge, in
custodia giudiziale con facolta’ d’uso, agli organi di
polizia giudiziaria che ne facciano richiesta per l’impiego
nelle attivita’ di contrasto di cui al presente articolo.».

ART. 9.
(Disposizioni in materia di intercettazione di conversazioni
o di comunicazioni)
.
1. In relazione ai procedimenti per i delitti previsti dal libro II,
titolo XII, capo III, sezione I, del codice penale, nonche’
dall’articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, si applicano le
disposizioni di cui all’articolo 13 del decreto-legge 13 maggio 1991,
n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n.
203, e successive modificazioni.

Note all’art. 9:
– La sezione I, del capo III, del titolo XII, del libro
II, tratta: «Dei delitti contro la personalita’
individuale».
– Si riporta il testo dell’art. 3 della legge
20 febbraio 1958, n. 75 (Abolizione della regolamentazione
della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della
prostituzione altrui.):
«Art. 3. – Le disposizioni contenute negli articoli
da 531 a 536 del codice penale sono sostituite dalle
seguenti:
«E’ punito con la reclusione da due a sei anni e con la
multa da lire 500.000 a lire 20.000.000, salvo in ogni caso
l’applicazione dell’art. 240 del codice penale:
1) chiunque, trascorso il termine indicato nell’art.
2, abbia la proprieta’ o l’esercizio, sotto qualsiasi
denominazione, di una casa di prostituzione, o comunque la
controlli, o diriga, o amministri, ovvero partecipi alla
proprieta’, esercizio, direzione o amministrazione di essa;
2) chiunque, avendo la proprieta’ o l’amministrazione
di una casa od altro locale, li conceda in locazione a
scopo di esercizio di una casa di prostituzione;
3) chiunque, essendo proprietario, gerente o preposto
a un albergo, casa mobiliata, pensione, spaccio di bevande,
circolo, locale da ballo, o luogo di spettacolo, o loro
annessi e dipendenze o qualunque locale aperto al pubblico
od utilizzato dal pubblico, vi tollera abitualmente la
presenza di una o piu’ persone che, all’interno del locale
stesso, si danno alla prostituzione;
4) chiunque recluti una persona al fine di farle
esercitare la prostituzione, o ne agevoli a tal fine la
prostituzione;
5) chiunque induca alla prostituzione una donna di
eta maggiore, o compia atti di lenocinio, sia personalmente
in luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia a mezzo della
stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicita’;
6) chiunque induca una persona a recarsi nel
territorio di un altro Stato o comunque in luogo diverso da
quello della sua abituale residenza, al fine di esercitarvi
la prostituzione ovvero si intrometta per agevolarne la
partenza;
7) chiunque esplichi un’attivita’ in associazioni ed
organizzazioni nazionali ed estere dedite al reclutamento
di persone da destinare alla prostituzione od allo
sfruttamento della prostituzione, ovvero in qualsiasi forma
e con qualsiasi mezzo agevoli o favorisca l’azione o gli
scopi delle predette associazioni od organizzazioni;
8) chiunque in qualsiasi modo favorisca o sfrutti la
prostituzione altrui.
In tutti i casi previsti nel n. 3) del presente
articolo alle pene in essi comminate, sara’ aggiunta la
perdita della licenza d’esercizio e potra’ anche essere
ordinata la chiusura definitiva dell’esercizio.
I delitti previsti dai numeri 4) e 5), se commessi da
un cittadino in territorio estero, sono punibili in quanto
le convenzioni internazionali lo prevedano.».
– Si riporta il testo dell’art. 13 del decreto-legge
13 maggio 1991, n. 152 (Provvedimenti urgenti in tema di
lotta alla criminalita’ organizzata e di trasparenza e buon
andamento dell’attivita’ amministrativa), convertito con
modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e
successive modificazioni:
«Art. 13. – 1. In deroga a quanto disposto dall’art.
267 del codice di procedura penale, l’autorizzazione a
disporre le operazioni previste dall’art. 266 dello stesso
codice e’ data, con decreto motivato, quando
l’intercettazione e’ necessaria per lo svolgimento delle
indagini in relazione ad un delitto di criminalita’
organizzata o di minaccia col mezzo del telefono in ordine
ai quali sussistano sufficienti indizi. Nella valutazione
dei sufficienti indizi si applica l’art. 203 del codice di
procedura penale Quando si tratta di intercettazione di
comunicazioni tra presenti disposta in un procedimento
relativo a un delitto di criminalita’ organizzata e che
avvenga nei luoghi indicati dall’art. 614 del codice
penale, l’intercettazione e’ consentita anche se non vi e’
motivo di ritenere che nei luoghi predetti si stia
svolgendo l’attivita’ criminosa.
2. Nei casi di cui al comma 1, la durata delle
operazioni non puo’ superare i quaranta giorni, ma puo’
essere prorogata dal giudice con decreto motivato per
periodi successivi di venti giorni, qualora permangano i
presupposti indicati nel comma 1. Nei casi di urgenza, alla
proroga provvede direttamente il pubblico ministero; in tal
caso si osservano le disposizioni del comma 2 dell’art. 267
del codice di procedura penale.
3. Negli stessi casi di cui al comma 1 il pubblico
ministero e l’ufficiale di polizia giudiziaria possono
farsi coadiuvare da agenti di polizia giudiziaria.».

ART. 10.
(Attivita’ sotto copertura).
1. In relazione ai procedimenti per i delitti previsti dal libro II,
titolo XII, capo III, sezione I, del codice penale, nonche’
dall’articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, si applicano le
disposizioni dell’articolo 4, commi 1, 2, 4, 5, 6 e 7, del
decreto-legge 18 ottobre 2001, n. 374, convertito, con modificazioni,
dalla legge 15 dicembre 2001, n. 438.
2. E’ comunque fatto salvo quanto previsto dall’articolo 14 della
legge 3 agosto 1998, n. 269.

Note all’art. 10:
– Per la sezione I, del capo III, del titolo XII, del
libro II, nonche’ per il testo dell’art. 3 della citata
legge 20 febbraio 1958, n. 75, vedi note all’art. 9.
– Si riporta il resto dell’art. 4, del decreto-legge
18 ottobre 2001, n. 374 (Disposizioni urgenti per
contrastare il terrorismo internazionale.):
«Art. 4 (Attivita’ sotto copertura). – 1. Fermo quanto
disposto dall’art. 51 del codice penale, non sono punibili
gli ufficiali di Polizia giudiziaria che nel corso di
specifiche operazioni di polizia al piu’ presto e comunque,
al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai
delitti commessi con finalita’ di terrorismo, anche per
interposta persona acquistano, ricevono, sostituiscono od
occultano denaro, armi, documenti, stupefacenti, beni
ovvero cose che sono oggetto, prodotto, profitto o mezzo
per commettere il reato, o altrimenti ostacolano
l’individuazione della provenienza o ne consentono
l’impiego.
2. Per le stesse indagini di cui al comma 1, gli
ufficiali ed agenti di Polizia giudiziaria possono
utilizzare documenti, identita’ o indicazioni di copertura
anche per attivare o entrare in contatto con soggetti e
siti nelle reti di comunicazione, informandone il pubblico
ministero al piu’ presto e comunque entro le 48 ore
successive all’inizio delle attivita’
3. Nei procedimenti per i delitti previsti dall’art.
407, comma 2, lettera a), n. 4 del codice di procedura
penale, si applicano le disposizioni dell’art. 10 del
decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito, con
modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172.
4. Le operazioni indicate nei commi 1 e 2 sono
effettuate dagli ufficiali di Polizia giudiziaria
appartenenti agli organismi investigativi della Polizia di
Stato e dell’Arma dei carabinieri specializzati
nell’attivita’ di contrasto al terrorismo e all’eversione e
della Guardia di finanza competenti nelle attivita’ di
contrasto al finanziamento del terrorismo anche
internazionale.
5. L’esecuzione delle operazioni di cui ai commi 1 e 2
e’ disposta, secondo l’appartenenza del personale di
Polizia giudiziaria, dal Capo della Polizia o dal
Comandante generale dell’Arma dei carabinieri o della
Guardia di finanza per le attribuzioni inerenti ai propri
compiti istituzionali, ovvero, per loro delega,
rispettivamente dal questore o dal responsabile di livello
provinciale dell’organismo di appartenenza, ai quali deve
essere data immediata comunicazione dell’esito della
operazione.
6. L’organo che dispone l’esecuzione dell’operazione
deve dare preventiva comunicazione al pubblico ministero
competente per le indagini, indicando, se necessario o se
richiesto, anche il nominativo dell’ufficiale di Polizia
giudiziaria responsabile dell’operazione, nonche’ il
nominativo degli eventuali ausiliari impiegati. Il pubblico
ministero deve comunque essere informato senza ritardo a
cura del medesimo organo nel corso della operazione delle
modalita’ e dei soggetti che vi abbiano partecipato,
nonche’ dei rinsultati della stessa.
7. Gli ufficiali di Polizia giudiziaria possono
avvalersi di ausiliari, ai quali si estende la causa di non
punibilita’ di cui all’art. 5. Per l’esecuzione delle
operazioni puo’ essere autorizzata l’utilizzazione
temporanea di beni mobili ed immobili, nonche’ di documenti
di copertura secondo le modalita’ stabilite con decreto del
Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della
giustizia e con gli altri Ministri interessati. Con lo
stesso decreto sono definite le forme e le modalita’ per il
coordinamento, a fini informativi e operativi, tra gli
organismi investigativi di cui al comma 4.».
– Per il testo dell’art. 14 della citata legge 3 agosto
1998, n. 269, vedi note all’art. 8.

ART. 11.
(Disposizioni di ordinamento penitenziario e relative a persone
che collaborano con la giustizia)
.
1. Al comma 2 dell’articolo 9 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n.
8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e
successive modificazioni, dopo le parole: “di cui all’articolo 51,
comma 3-bis, del codice di procedura penale” sono aggiunte le
seguenti: “e agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater e
600-quinquies del codice penale”.
2. Dopo il comma 8 dell’articolo 16-nonies del citato decreto-legge
n. 8 del 1991, e’ aggiunto il seguente:
“8-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano in quanto
compatibili anche nei confronti delle persone condannate per uno dei
delitti previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I, del
codice penale che abbiano prestato, anche dopo la condanna, condotte
di collaborazione aventi i requisiti previsti dall’articolo 9, comma
3″.

Note all’art. 11:
– Si riporta il testo dell’art. 9 del decreto-legge
15 gennaio 1991, n. 8 (Nuove norme in materia di sequestri
di persona a scopo di estorsione e per la protezione dei
testimoni di giustizia, nonche’ per la protezione e il
trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la
giustizia.) come modificato dalla legge qui pubblicata:
«Art. 9 (Condizioni di applicabilita’ delle speciali
misure di protezione). – 1. Alle persone che tengono le
condotte o che si trovano nelle condizioni previste dai
commi 2 e 5 possono essere applicate, secondo le
disposizioni del presente Capo, speciali misure di
protezione idonee ad assicurarne l’incolumita’ provvedendo,
ove necessario, anche alla loro assistenza.
2. Le speciali misure di protezione sono applicate
quando risulta la inadeguatezza delle ordinarie misure di
tutela adottabili direttamente dalle autorita’ di pubblica
sicurezza o, se si tratta di persone detenute o internate,
dal Ministero della giustizia – Dipartimento
dell’amministrazione penitenziaria e risulta altresi’ che
le persone nei cui confronti esse sono proposte versano in
grave e attuale pericolo per effetto di talune delle
condotte di collaborazione aventi le caratteristiche
indicate nel comma 3 e tenute relativamente a delitti
commessi per finalita’ di terrorismo o di eversione
dell’ordine costituzionale ovvero ricompresi fra quelli di
cui all’art. 51, comma 3-bis, del codice di procedura
penale e agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, e
600-quinquies del codice penale.
3. Ai fini dell’applicazione delle speciali misure di
protezione, assumono rilievo la collaborazione o le
dichiarazioni rese nel corso di un procedimento penale. La
collaborazione e le dichiarazioni predette devono avere
carattere di intrinseca attendibilita’. Devono altresi’
avere carattere di novita’ o di completezza o per altri
elementi devono apparire di notevole importanza per lo
sviluppo delle indagini o ai fini del giudizio ovvero per
le attivita’ di investigazione sulle connotazioni
strutturali, le dotazioni di armi, esplosivi o beni, le
articolazioni e i collegamenti interni o internazionali
delle organizzazioni criminali di tipo mafioso o
terroristico-eversivo o sugli obiettivi, le finalita’ e le
modalita’ operative di dette organizzazioni.
4. Se le speciali misure di protezione indicate
nell’art. 13, comma 4, non risultano adeguate alla gravita’
ed attualita’ del pericolo, esse possono essere applicate
anche mediante la definizione di uno speciale programma di
protezione i cui contenuti sono indicati nell’art. 13,
comma 5.
5. Le speciali misure di protezione di cui al comma 4
possono essere applicate anche a coloro che convivono
stabilmente con le persone indicate nel comma 2 nonche’, in
presenza di specifiche situazioni, anche a coloro che
risultino esposti a grave, attuale e concreto pericolo a
causa delle relazioni intrattenute con le medesime persone.
Il solo rapporto di parentela, affinita’ o coniugio, non
determina, in difetto di stabile coabitazione,
l’applicazione delle misure.
6. Nella determinazione delle situazioni di pericolo si
tiene conto, oltre che dello spessore delle condotte di
collaborazione o della rilevanza e qualita’ delle
dichiarazioni rese, anche delle caratteristiche di reazione
del gruppo criminale in relazione al quale la
collaborazione o le dichiarazioni sono rese, valutate con
specifico riferimento alla forza di intimidazione di cui il
gruppo e’ localmente in grado di valersi.».
– Si riporta il testo dell’art. 16-novies del citato
decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, come modificato dalla
legge qui pubblicata:
«Art. 16-novies (Benefici penitenziari). – 1. Nei
confronti delle persone condannate per un delitto commesso
per finalita’ di terrorismo o di eversione dell’ordinamento
costituzionale o per uno dei delitti di cui all’art. 51,
comma 3-bis, del codice di procedura penale, che abbiano
prestato, anche dopo la condanna, taluna delle condotte di
collaborazione che consentono la concessione delle
circostanze attenuanti previste dal codice penale o da
disposizioni speciali, la liberazione condizionale, la
concessione dei permessi premio e l’ammissione alla misura
della detenzione domiciliare prevista dall’art. 47-ter
della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive
modificazioni, sono disposte su proposta ovvero sentiti i
procuratori generali presso le corti di appello interessati
a norma dell’art. 11 del presente decreto o il procuratore
nazionale antimafia.
2. Nella proposta o nel parere i procuratori generali o
il procuratore nazionale antimafia forniscono ogni utile
informazione sulle caratteristiche della collaborazione
prestata. Su richiesta del tribunale o del magistrato di
sorveglianza, allegano alla proposta o al parere copia del
verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione e,
se si tratta di persona sottoposta a speciali misure di
protezione, il relativo provvedimento di applicazione.
3. La proposta o il parere indicati nel comma 2
contengono inoltre la valutazione della condotta e della
pericolosita’ sociale del condannato e precisano in specie
se questi si e’ mai rifiutato di sottoporsi a
interrogatorio o a esame o ad altro atto di indagine nel
corso dei procedimenti penali in cui ha prestato la sua
collaborazione. Precisano inoltre gli altri elementi
rilevanti ai fini dell’accertamento del ravvedimento anche
con riferimento alla attualita’ dei collegamenti con la
criminalita’ organizzata o eversiva.
4. Acquisiti la proposta o il parere indicati nei commi
2 e 3, il tribunale o il magistrato di sorveglianza, se
ritiene che sussistano i presupposti di cui al comma 1,
avuto riguardo all’importanza della collaborazione e sempre
che sussista il ravvedimento e non vi siano elementi tali
da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la
criminalita’ organizzata o eversiva, adotta il
provvedimento indicato nel comma 1 anche in deroga alle
vigenti disposizioni, ivi comprese quelle relative ai
limiti di pena di cui all’art. 176 del codice penale e agli
articoli 30-ter e 47-ter della legge 26 luglio 1975, n.
354, e successive modificazioni. Il provvedimento e’
specificamente motivato nei casi in cui le autorita’
indicate nel comma 2 del presente articolo hanno espresso
parere sfavorevole. I provvedimenti che derogano ai limiti
di pena possono essere adottati soltanto se, entro il
termine prescritto dall’art. 16-quater e’ stato redatto il
verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione
previsto dal medesimo art. 16-quater e, salvo che non si
tratti di permesso premio, soltanto dopo la espiazione di
almeno un quarto della pena inflitta ovvero, se si tratta
di condannato all’ergastolo, dopo l’espiazione di almeno
dieci anni di pena.
5. Se la collaborazione prestata dopo la condanna
riguarda fatti diversi da quelli per i quali e’ intervenuta
la condanna stessa, i benefici di cui al comma 1 possono
essere concessi in deroga alle disposizioni vigenti solo
dopo l’emissione della sentenza di primo grado concernente
i fatti oggetto della collaborazione che ne confermi i
requisiti di cui all’art. 9, comma 3.
6. Le modalita’ di attuazione dei provvedimenti
indicati nel comma 4 sono stabilite sentiti gli organi che
provvedono alla tutela o alla protezione dei soggetti
interessati e possono essere tali organi a provvedere alle
notifiche, alle comunicazioni e alla esecuzione delle
disposizioni del tribunale o del magistrato di
sorveglianza.
7. La modifica o la revoca dei provvedimenti e’
disposta d’ufficio ovvero su proposta o parere delle
autorita’ indicate nel comma 2. Nei casi di urgenza, il
magistrato di sorveglianza puo’ disporre con decreto
motivato la sospensione cautelativa dei provvedimenti. La
sospensione cessa di avere efficacia se, trattandosi di
provvedimento di competenza del tribunale di sorveglianza,
questo non interviene entro sessanta giorni dalla ricezione
degli atti. Ai fini della modifica, della revoca o della
sospensione cautelativa dei provvedimenti assumono
specifico rilievo quelle condotte tenute dal soggetto
interessato che, a norma degli articoli 13-quater e
16-septies, possono comportare la modifica o la revoca
delle speciali misure di protezione ovvero la revisione
delle sentenze che hanno concesso taluna delle attenuanti
in materia di collaborazione.
8. Quando i provvedimenti di liberazione condizionale,
di assegnazione al lavoro all’esterno, di concessione dei
permessi premio e di ammissione a taluna delle misure
alternative alla detenzione previste dal titolo I, capo VI,
della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive
modificazioni, sono adottati nei confronti di persona
sottoposta a speciali misure di protezione, la competenza
appartiene al tribunale o al magistrato di sorveglianza del
luogo in cui la persona medesima ha eletto il domicilio a
norma dell’art. 12, comma 3-bis, del presente decreto .
8-bis. Le disposizioni del presente articolo si
applicano in quanto compatibili anche nei confronti delle
persone condannate per uno dei delitti previsti dal libro
II, titolo XII, capo III, sezione I, del codice penale che
abbiano prestato, anche dopo la condanna, condotte di
collaborazione aventi i requisiti previsti dall’art. 9,
comma 3.».

ART. 12.
(Fondo per le misure anti-tratta).
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge
e’ istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il Fondo
per le misure anti-tratta.
2. Il Fondo e’ destinato al finanziamento dei programmi di assistenza
e di integrazione sociale in favore delle vittime, nonche’ delle
altre finalita’ di protezione sociale previste dall’articolo 18 del
testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
3. Al Fondo di cui al comma 1 sono assegnate le somme stanziate
dall’articolo 18 del testo unico di cui al decreto legislativo 25
luglio 1998, n. 286, nonche’ i proventi della confisca ordinata a
seguito di sentenza di condanna o di applicazione della pena su
richiesta delle parti per uno dei delitti previsti dagli articoli
416, sesto comma, 600, 601 e 602 del codice penale e i proventi della
confisca ordinata, per gli stessi delitti, ai sensi dell’articolo
12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive
modificazioni, in deroga alle disposizioni di cui ai commi 4-bis e
4-ter del medesimo articolo.
4. All’articolo 80, comma 17, lettera m), della legge 23 dicembre
2000, n. 388, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “, ad
esclusione delle somme stanziate dall’articolo 18″.
5. Il comma 2 dell’articolo 58 del regolamento di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, e’ abrogato.

Note all’art. 12:
– Si riporta il testo dell’art. 18 del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e
norme sulla condizione dello straniero):
«Art. 18 (Soggiorno per motivi di protezione sociale).
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 16). – 1. Quando, nel
corso di operazioni di polizia, di indagini o di un
procedimento per taluno dei delitti di cui all’art. 3 della
legge 20 febbraio 1958, n. 75, o di quelli previsti
dall’art. 380 del codice di procedura penale, ovvero nel
corso di interventi assistenziali dei servizi sociali degli
enti locali, siano accertate situazioni di violenza o di
grave sfruttamento nei confronti di uno straniero, ed
emergano concreti pericoli per la sua incolumita’, per
effetto dei tentativi di sottrarsi ai condizionamenti di
un’associazione dedita ad uno dei predetti delitti o delle
dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o
del giudizio, il questore, anche su proposta del
procuratore della Repubblica, o con il parere favorevole
della stessa autorita’, rilascia uno speciale permesso di
soggiorno per consentire allo straniero di sottrarsi alla
violenza ed ai condizionamenti dell’organizzazione
criminale e di partecipare ad un programma di assistenza ed
integrazione sociale.
2. Con la proposta o il parere di cui al comma 1, sono
comunicati al questore gli elementi da cui risulti la
sussistenza delle condizioni ivi indicate, con particolare
riferimento alla gravita’ ed attualita’ del pericolo ed
alla rilevanza del contributo offerto dallo straniero per
l’efficace contrasto dell’organizzazione criminale ovvero
per la individuazione o cattura dei responsabili dei
delitti indicati nello stesso comma. Le modalita’ di
partecipazione al programma di assistenza ed integrazione
sociale sono comunicate al sindaco.
3. Con il regolamento di attuazione sono stabilite le
disposizioni occorrenti per l’affidamento della
realizzazione del programma a soggetti diversi da quelli
istituzionalmente preposti ai servizi sociali dell’ente
locale, e per l’espletamento dei relativi controlli. Con lo
stesso regolamento sono individuati i requisiti idonei a
garantire la competenza e la capacita’ di favorire
l’assistenza e l’integrazione sociale, nonche’ la
disponibilita’ di adeguate strutture organizzative dei
soggetti predetti.
4. Il permesso di soggiorno rilasciato a norma del
presente articolo ha la durata di sei mesi e puo’ essere
rinnovato per un anno, o per il maggior periodo occorrente
per motivi di giustizia. Esso e’ revocato in caso di
interruzione del programma o di condotta incompatibile con
le finalita’ dello stesso, segnalate dal procuratore della
Repubblica o, per quanto di competenza, dal servizio
sociale dell’ente locale, o comunque accertate dal
questore, ovvero quando vengono meno le altre condizioni
che ne hanno giustificato il rilascio.
5. Il permesso di soggiorno previsto dal presente
articolo consente l’accesso ai servizi assistenziali e allo
studio, nonche’ l’iscrizione nelle liste di collocamento e
lo svolgimento di lavoro subordinato, fatti salvi i
requisiti minimi di eta’. Qualora, alla scadenza del
permesso di soggiorno, l’interessato risulti avere in corso
un rapporto di lavoro, il permesso puo’ essere
ulteriormente prorogato o rinnovato per la durata del
rapporto medesimo o, se questo e’ a tempo indeterminato,
con le modalita’ stabilite per tale motivo di soggiorno. Il
permesso di soggiorno previsto dal presente articolo puo’
essere altresi’ convertito in permesso di soggiorno per
motivi di studio qualora il titolare sia iscritto ad un
corso regolare di studi.
6. Il permesso di soggiorno previsto dal presente
articolo puo’ essere altresi’ rilasciato, all’atto delle
dimissioni dall’istituto di pena, anche su proposta del
procuratore della Repubblica o del giudice di sorveglianza
presso il tribunale per i minorenni, allo straniero che ha
terminato l’espiazione di una pena detentiva, inflitta per
reati commessi durante la minore eta’, e gia’ dato prova
concreta di partecipazione a un programma di assistenza e
integrazione sociale.
7. L’onere derivante dal presente articolo e’ valutato
in lire 5 miliardi per l’anno 1997 e in lire 10 miliardi
annui a decorrere dall’anno 1998.».
– Per il testo degli articoli 416, 600, 6001 e 6002 del
codice penale, vedi rispettivamente note all’art. 4 e gli
articoli 1, 2 e 3 della legge qui pubblicata.
– Per il testo dell’art. 12-sexies del citato
decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e
successive modificazioni, vedi note all’art. 7.
– Si riporta il testo del comma 17, dell’art. 80, della
legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato –
legge finanziaria 2001.): come modificato dalla legge qui
pubblicata:
«Art. 80 (Disposizioni in materia di politiche
sociali). – 1.-16. (Omissis).
17. Con effetto dal 1° gennaio 2001 il Fondo nazionale
per le politiche sociali di cui all’art. 59, comma 44,
della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive
modificazioni, e’ determinato dagli stanziamenti previsti
per gli interventi disciplinati dalle seguenti disposizioni
legislative, e successive modificazioni:
a) testo unico approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309;
b) legge 19 luglio 1991, n. 216;
c) legge 11 agosto 1991, n. 266;
d) legge 5 febbraio 1992, n. 104;
e) decreto-legge 27 maggio 1994, n. 318, convertito,
con modificazioni, dalla legge 27 luglio 1994, n. 465;
f) legge 28 agosto 1997. n. 284;
g) legge 28 agosto 1997, n. 285;
h) legge 23 dicembre 1997, n. 451;
i) art. 59, comma 47, della legge 27 dicembre 1997,
n. 449;
l) legge 21 maggio 1998, n. 162;
m) decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, ad
esclusione delle somme stanziate dall’art. 18;
n) legge 3 agosto 1998, n. 269;
o) legge 15 dicembre 1998, n. 438;
p) articoli 65 e 66 della legge 23 dicembre 1998, n.
448;
q) legge 31 dicembre 1998, n. 476;
r) legge 18 febbraio 1999, n. 45;
r-bis) legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 28;
r-ter) legge 7 dicembre 2000, n. 383, art. 13.
18.-25. (Omissis)».
– Si riporta il testo dell’art. 58 del decreto del
Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394
(Regolamento recante norme di attuazione del testo unico
delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero,
a norma dell’art. 1, comma 6, del decreto legislativo
25 luglio 1998, n. 286.), come modificato dalla legge qui
pubblicata:
«Art. 58 (Fondo nazionale per le politiche migratorie).
– 1. Il Ministro per la solidarieta’ sociale, con proprio
decreto adottato di concerto con i Ministri interessati
secondo quanto disposto dall’art. 59, comma 46, della legge
27 dicembre 1997, n. 449, e dall’art. 133, comma 3, del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ripartisce i
finanziamenti relativi al Fondo nazionale per le politiche
migratorie di cui all’art. 45 del testo unico, in base alle
seguenti quote percentuali:
a) una quota pari all’80% dei finanziamenti
dell’intero Fondo e’ destinata ad interventi annuali e
pluriennali attivati dalle regioni e dalle province
autonome di Trento e Bolzano, nonche’ dagli enti locali,
per straordinarie esigenze di integrazione sociale
determinate dall’afflusso di immigrati;
b) una quota pari al 20% dei finanziamenti e’
destinata ad interventi di carattere statale comprese le
spese relative agli interventi previsti dagli articoli 20 e
46 del testo unico.
2. (Abrogato).
3. Le regioni possono impiegare una quota delle risorse
loro attribuite ai sensi del comma 1, lettera a), per la
realizzazione di programmi interregionali di formazione e
di scambio di esperienze in materia di servizi per
l’integrazione degli immigrati.
4. Le risorse attribuite alle regioni ai sensi del
comma 1, lettera a), costituiscono quote di cofinanziamento
dei programmi regionali relativi ad interventi nell’ambito
delle politiche per l’immigrazione. A tal fine le regioni
partecipano con risorse a carico dei propri bilanci per una
quota non inferiore al 20% del totale di ciascun programma.
Le risorse attribuite alle regioni possono altresi’ essere
utilizzate come quota nazionale di cofinanziamento per
l’accesso ai fondi comunitari.
5. Il decreto di ripartizione di cui al comma 1 tiene
conto, sulla base dei dati rilevati dall’ISTAT e dal
Ministero dell’interno:
a) della presenza degli immigrati sul territorio;
b) della composizione demografica della popolazione
immigrata e del rapporto tra immigrati e popolazione
locale;
c) delle situazioni di particolare disagio nelle aree
urbane e della condizione socioeconomica delle aree di
riferimento.
6. Per la realizzazione della base informativa
statistica necessaria alla predisposizione del decreto di
cui al comma 1, il Ministero dell’interno trasmette
all’ISTAT, secondo modalita’ concordate e nel rispetto
della lege 31 dicembre 1996, n. 675, e successive
modificazioni e integrazioni, le informazioni di interesse
statistico sui cittadini stranieri, contenute nei propri
archivi automatizzati, incluse quelle relative ai minorenni
registrati sul permesso di soggiorno o carta di soggiorno
dei genitori.
7. Il decreto di cui al comma 1 tiene altresi’ conto
delle priorita’ di intervento e delle linee guida indicate
nel documento programmatico relativo alla politica
dell’immigrazione e degli stranieri predisposto ogni tre
anni ai sensi dell’art. 3, comma 1, del testo unico.
8. I programmi annuali e pluriennali predisposti dalle
regioni sono finalizzati allo svolgimento di attivita’
volte a:
a) favorire il riconoscimento e l’esercizio, in
condizione di parita’ con i cittadini italiani, dei diritti
fondamentali delle persone immigrate;
b) promuovere l’integrazione degli stranieri
favorendone l’accesso al lavoro, all’abitazione, ai servizi
sociali, alle istituzioni scolastiche;
c) prevenire e rimuovere ogni forma di
discriminazione basata sulla razza, il colore, l’ascendenza
o l’origine nazionale o etnica o religiosa;
d) tutelare l’identita’ culturale, religiosa e
linguistica degli stranieri;
e) consentire un positivo reinserimento nel Paese
d’origine.
9. Il Ministro per la solidarieta’ sociale predispone,
con proprio decreto, sentita la Conferenza unificata, un
apposito modello uniforme per la comunicazione dei dati
statistici e socio-economici e degli altri parametri
necessari ai fini della redazione dei programmi regionali e
statali, che devono essere trasmessi al Dipartimento per
gli affari sociali ai sensi dell’art. 59, comma 1, e
dell’art. 60, comma 2, e per la presentazione della
relazione annuale ai sensi dell’art. 59, comma 5, e
dell’art. 60, comma 4.».

ART. 13.
(Istituzione di uno speciale programma di assistenza per le vittime
dei reati previsti dagli articoli 600 e 601 del codice penale)
.
1. Fuori dei casi previsti dall’articolo 16-bis del decreto-legge 15
gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15
marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, per le vittime dei
reati previsti dagli articoli 600 e 601 del codice penale, come
sostituiti, rispettivamente, dagli articoli 1 e 2 della presente
legge, e’ istituito, nei limiti delle risorse di cui al comma 3, uno
speciale programma di assistenza che garantisce, in via transitoria,
adeguate condizioni di alloggio, di vitto e di assistenza sanitaria.
Il programma e’ definito con regolamento da adottare ai sensi
dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su
proposta del Ministro per le pari opportunita’ di concerto con il
Ministro dell’interno e con il Ministro della giustizia.
2. Qualora la vittima del reato di cui ai citati articoli 600 e 601
del codice penale sia persona straniera restano comunque salve le
disposizioni dell’articolo 18 del citato testo unico di cui al
decreto legislativo n. 286 del 1998.
3. All’onere derivante dall’attuazione del presente articolo,
determinato in 2,5 milioni di euro annui a decorrere dal 2003, si
provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento
iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005, nell’ambito
dell’unita’ previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale”
dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze
per l’anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento
relativo allo stesso Ministero.
4. Il Ministro dell’economia e delle finanze e’ autorizzato ad
apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Note all’art. 13:
– Si riporta il testo dell’art. 16-bis del citato
decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito con
modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e
successive modificazioni:
«Art. 16-bis (Applicazione delle speciali misure di
protezione ai testimoni di giustizia). – 1. Le speciali
misure di protezione di cui agli articoli 9 e 13, comma 5,
se ne ricorrono i presupposti, si applicano a coloro che
assumono rispetto al fatto o ai fatti delittuosi in ordine
ai quali rendono le dichiarazioni esclusivamente la
qualita’ di persona offesa dal reato, ovvero di persona
informata sui fatti o di testimone, purche’ nei loro
confronti non sia stata disposta una misura di prevenzione,
ovvero non sia in corso un procedimento di applicazione
della stessa, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575.
Tali soggetti sono, ai fini del presente decreto,
denominati “testimoni di giustizia”.
2. Le dichiarazioni rese dai testimoni di giustizia
possono anche non avere le caratteristiche di cui all’art.
9, comma 3, salvo avere carattere di attendibilita’, e
riferirsi a delitti diversi da quelli indicati nel comma 2
dello stesso articolo.
3. Le speciali misure di protezione si applicano, se
ritenute necessarie, a coloro che coabitano o convivono
stabilmente con le persone indicate nel comma 1, nonche’,
ricorrendone le condizioni, a chi risulti esposto a grave,
attuale e concreto pericolo a causa delle relazioni
trattenute con le medesime persone.».
– Si riporta il testo del comma 1 dell’art. 17 della
legge 23 agosto 1998, n. 400 (Disciplina dell’attivita’ di
Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei
Ministri):
«Art. 17 (Regolamenti). – 1. Con decreto del Presidente
della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei
ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve
pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono
essere emanati regolamenti per disciplinare:
a) l’esecuzione delle leggi e dei decreti
legislativi, nonche’ dei regolamenti comunitari;
b) l’attuazione e l’integrazione delle leggi e dei
decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi
quelli relativi a materie riservate alla competenza
regionale;
c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di
leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si
tratti di materie comunque riservate alla legge;
d) l’organizzazione ed il funzionamento delle
amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate
dalla legge;
e)».
– Per il testo dell’art. 18 del citato decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, vedi note all’art. 12.

ART. 14.
(Misure per la prevenzione).
1. Al fine di rafforzare l’efficacia dell’azione di prevenzione nei
confronti dei reati di riduzione o mantenimento in schiavitu’ o in
servitu’ e dei reati legati al traffico di persone, il Ministro degli
affari esteri definisce le politiche di cooperazione nei confronti
dei Paesi interessati dai predetti reati tenendo conto della
collaborazione da essi prestata e dell’attenzione riservata dai
medesimi alle problematiche della tutela dei diritti umani e provvede
ad organizzare, d’intesa con il Ministro per le pari opportunita’,
incontri internazionali e campagne di informazione anche all’interno
dei Paesi di prevalente provenienza delle vittime del traffico di
persone. In vista della medesima finalita’ i Ministri dell’interno,
per le pari opportunita’, della giustizia e del lavoro e delle
politiche sociali provvedono ad organizzare, ove necessario, corsi di
addestramento del personale, nonche’ ogni altra utile iniziativa.
2. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o
maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

ART. 15.
(Norme di coordinamento).
1. All’articolo 600-sexies, primo comma, del codice penale, dopo le
parole: “600-quinquies” sono inserite le seguenti: “, nonche’ dagli
articoli 600, 601 e 602,”.
2. All’articolo 600-sexies, secondo comma, del codice penale, dopo le
parole: “600-ter” sono inserite le seguenti: “, nonche’ dagli
articoli 600, 601 e 602, se il fatto e’ commesso in danno di
minore,”.
3. All’articolo 600-sexies, quarto comma, del codice penale, dopo le
parole: “600-ter” sono inserite le seguenti: “, nonche’ dagli
articoli 600, 601 e 602,”.
4. All’articolo 600-sexies del codice penale e’ aggiunto, in fine, il
seguente comma:
“Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall’articolo
98, concorrenti con le aggravanti di cui al primo e secondo comma,
non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a
queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantita’ della
stessa risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti”.
5. L’articolo 600-septies del codice penale e’ sostituito dal
seguente:
“ART. 600-septies. – (Confisca e pene accessorie). – Nel caso di
condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti, a
norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per i delitti
previsti dalla presente sezione e’ sempre ordinata, salvi i diritti
della persona offesa dal reato alle restituzioni ed al risarcimento
dei danni, la confisca di cui all’articolo 240 e, quando non e’
possibile la confisca di beni che costituiscono il profitto o il
prezzo del reato, la confisca di beni di cui il reo ha la
disponibilita’ per un valore corrispondente a tale profitto. In ogni
caso e’ disposta la chiusura degli esercizi la cui attivita’ risulta
finalizzata ai delitti previsti dalla presente sezione, nonche’ la
revoca della licenza d’esercizio o della concessione o
dell’autorizzazione per le emittenti radiotelevisive”.
6. Al primo comma dell’articolo 609-decies del codice penale, dopo le
parole: “dagli articoli” e’ inserita la seguente: “600,” e dopo le
parole: “600-quinquies,” sono inserite le seguenti: “601, 602,”.
7. All’articolo 392 del codice di procedura penale, al comma 1-bis,
dopo le parole: “agli articoli” e’ inserita la seguente: “600,” e
dopo le parole: “600-quinquies,” sono inserite le seguenti: “601,
602,”.
8. All’articolo 398 del codice di procedura penale, al comma 5-bis,
dopo le parole: “dagli articoli” e’ inserita la seguente “600,” e
dopo le parole: “600-quinquies,” sono inserite le seguenti: “601,
602,”.
9. All’articolo 472 del codice di procedura penale, al comma 3-bis,
dopo le parole: “dagli articoli” e’ inserita la seguente: “600,” e
dopo le parole: “600-quinquies,” sono inserite le seguenti: “601,
602,”.
10. All’articolo 498 del codice di procedura penale, al comma 4-ter, dopo le parole: “agli articoli” e’ inserita la seguente: “600,” e dopo le parole: “600-quinquies,” sono inserite le seguenti: “601, 602,”.

Note all’art. 15:
– Si riporta il testo dell’art. 600-sexies del codice
penale, come modificato dalla legge qui pubblicata:
Art. 600-sexies (Circostanze aggravanti ed attenuanti).
– Nei casi previsti dagli articoli 600-bis, primo comma,
600-ter, primo comma, e 600-quinquies, nonche’ degli
articoli 600, 601 e 602, la pena e’ aumentata da un terzo
alla meta’ se il fatto e’ commesso in danno di minore degli
anni quattordici.
Nei casi previsti dagli articoli 600-bis, primo comma e
600-ter nonche’ dagli articoli 600, 601, e 6022, se il
fatto e’ commesso in danno di minore, la pena e’ aumentata
dalla meta’ ai due terzi se il fatto e’ commesso da un
adolescente, dal genitore adottivo, o dal loro coniuge o
convivente, dal coniuge o da affini entro il secondo grado,
da parenti fino al quarto grado collaterale, dal tutore o
da persona a cui il minore e’ stato affidato per ragioni di
cura, educazione, istruzione, vigilanza, custodia, lavoro,
ovvero da pubblici ufficiali o incaricati di pubblico
servizio nell’esercizio delle loro funzioni ovvero se e’
commesso in danno di minore in stato in infermita’ o
minoranza psichica, naturale o provocata.
Nei casi previsti dagli articoli 600-bis, primo comma,
e 600-ter la pena e’ aumentata se il fatto e’ commesso con
violenza o minaccia.
Nei casi previsti dagli articoli 600-bis e 600-ter,
nonche’ dagli articoli 600, 6001 e 602, la pena e’ ridotta
da un terzo alla meta’ per chi si adopera concretamente in
modo che il minore degli anni diciotto riacquisti la
propria autonomia e liberta’.
Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista
dall’art. 98, concorrenti con le aggravanti di cui al primo
e secondo comma, non possono essere ritenute equivalenti o
prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si
operano sulla quantita’ della stessa risultante
dall’aumento conseguente alle predette aggravanti.».
– Si riporta il testo dell’art. 98 del codice penale:
«Art. 98 (Minore degli anni diciotto). – E’ imputabile
chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva
compiuto i quattordici anni, ma non ancora i diciotto, se
aveva capacita’ d’intendere e di volere; ma la pena e’
diminuita.
Quando la pena detentiva inflitta e’ inferiore a cinque
anni, o si tratta di pena pecuniaria, alla condanna non
conseguono pene accessorie. Se si tratta di pena piu’
grave, la condanna importa soltanto l’interdizione dai
pubblici uffici per una durata non superiore a cinque anni,
e, nei casi stabiliti dalla legge, la sospensione
dall’esercizio della patria potesta’ o dell’autorita’
maritale.».
– Si riportano, per completezza di informazione, l’art.
444 del codice di procedura penale e l’art. 240 del codice
penale:
«Art. 444 (Applicazione della pena su richiesta). – 1.
L’imputato e il pubblico ministero possono chiedere al
giudice l’applicazione, nella specie e nella misura
indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena
pecuniaria, diminuita fino ad un terzo, ovvero di una pena
detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e
diminuita fino ad un terzo, non supera cinque anni soli o
congiunti a pena pecuniaria.
1-bis. Sono esclusi dall’applicazione del comma 1 i
procedimenti per i delitti di cui all’art. 51, comma 3-bis
e 3-quater, nonche’ quelli contro coloro che siano stati
dichiarati delinquenti abituali, professionali e per
tendenza, o recidivi ai sensi dell’art. 99, quarto comma,
del codice penale, qualora la pena superi due anni soli o
congiunti a pena pecuniaria.
2. Se vi e’ il consenso anche della parte che non ha
formulato la richiesta e non deve essere pronunciata
sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129, il
giudice, sulla base degli atti, se ritiene corrette la
qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione e la
comparazione delle circostanze prospettate dalle parti,
nonche’ congrua la pena indicata, ne dispone con sentenza
l’applicazione enunciando nel dispositivo che vi e’ stata
la richiesta delle parti. Se vi e’ costituzione di parte
civile, il giudice non decide sulla relativa domanda;
l’imputato e’ tuttavia condannato al pagamento delle spese
sostenute dalla parte civile, salvo che ricorrano giusti
motivi per la compensazione totale o parziale. Non si
applica la disposizione dell’art. 75, comma 3.
3. La parte, nel formulare la richiesta, puo’
subordinarne l’efficacia, alla concessione della
sospensione condizionale della pena. In questo caso il
giudice, se ritiene che la sospensione condizionale non
puo’ essere concessa, rigetta la richiesta.».
«Art. 240 (Confisca). – Nel caso di condanna, il
giudice puo’ ordinare la confisca delle cose che servirono
o furono destinate a commettere il reato, e delle cose, che
sono il prodotto o il profitto.
E’ sempre ordinata la confisca:
1) delle cose che costituiscono il prezzo del reato;
2) delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la
detenzione o l’alienazione delle quali costituisce reato,
anche se non e’ stata pronunciata condanna.
Le disposizioni della prima parte e del n. 1 del
capoverso precedente non si applicano se la cosa appartiene
a persona estranea al reato.
La disposizione del n. 2 non si applica se la cosa
appartiene a persona estranea al reato e la fabbricazione,
l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono
essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.».
– Si riporta il testo dell’art. 609-decies del codice
penale, come modificato dalla legge qui pubblicata:
«Art. 609-decies (Comunicazione del tribunale per i
minorenni). – Quando si procede per alcuno dei delitti
previsti dagli articoli 600, 600-bis, 600-ter,
600-quinquies, 601, 602, 6009-bis, 609-ter, 609-quinquies e
609-octies commessi in danno di minorenni, ovvero per il
delitto previsto dall’art. 609-quater, il procuratore della
Repubblica ne da’ notizia al tribunale dei minorenni.
Nei casi previsti dal primo comma l’assistenza
affettiva e psicologica della persona offesa minorenne e’
assicurata, in ogni stato e grado di procedimento, dalla
presenza dei genitori o di altre persone idonee indicate
dal minore e ammesse dall’autorita’ giudiziaria che
procede.
In ogni caso al minorenne e’ assicurata l’assistenza
dei servizi minorili dell’Amministrazione della giustizia e
dei servizi istituiti dagli enti locali.
Dei servizi indicati nel terzo comma si avvale altresi’
l’autorita’ giudiziaria in ogni stato e grado del
procedimento.».
– Si riporta il testo degli articoli 392, 398, 472 e
498 del codice di procedura penale, come modificato dalla
legge qui pubblicata:
«Art. 392 (Casi). – 1. Nel corso delle indagini
preliminari il pubblico ministero e la persona sottoposta
alle indagini possono chiedere al giudice che si proceda
con incidente probatorio:
a) all’assunzione della testimonianza di una persona,
quando vi e’ fondato motivo di ritenere che la stessa non
potra’ essere esaminata nel dibattimento per infermita’ o
altro grave impedimento;
b) all’assunzione di una testimonianza quando, per
elementi concreti e specifici, vi e’ fondato motivo di
ritenere che la persona sia esposta a violenza, minaccia,
offerta o promessa di denaro o di altra utilita’ affinche’
non deponga o deponga il falso;
c) all’esame della persona sottoposta alle indagini
su fatti concernenti la responsabilita’ di altri;
d) all’esame delle persone indicate nell’art. 210;
e) al confronto tra persone che in altro incidente
probatorio o al pubblico ministero hanno reso dichiarazioni
discordanti, quando ricorre una delle circostanze previste
dalle lettere a) e b);
f) a una perizia o a un esperimento giudiziale, se la
prova riguarda una persona, una cosa o un luogo il cui
stato e’ soggetto a modificazione non evitabile;
g) a una ricognizione, quando particolari ragioni di
urgenza non consentono di rinviare l’atto al dibattimento.
1-bis. Nei procedimenti per i delitti di cui agli
articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602,
609-bis, 609-ter, 609, 609-quater, 609-quinquies e
609-octies del codice penale il pubblico ministero o la
persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si
proceda con incidente probatorio all’assunzione della
testimonianza di persona minore degli anni sedici, anche al
di fuori delle ipotesi previste dal comma 1.
2. Il pubblico ministero e la persona sottoposta alle
indagini possono altresi’ chiedere una perizia che, se
fosse disposta nel dibattimento, ne potrebbe determinare
una sospensione superiore a sessanta giorni.».
«Art. 398 (Provvedimenti sulla richiesta di incidente
probatorio). – 1. Entro due giorni dal deposito della prova
della notifica e comunque dopo la scadenza del termine
previsto dall’art. 396 comma 1, il giudice pronuncia
ordinanza con la quale accoglie, dichiara inammissibile o
rigetta la richiesta di incidente probatorio. L’ordinanza
di inammissibilita’ o di rigetto e’ immediatamente
comunicata al pubblico ministero e notificata alle persone
interessate.
2. Con l’ordinanza che accoglie la richiesta il giudice
stabilisce:
a) l’oggetto della prova nei limiti della richiesta e
delle deduzioni;
b) le persone interessate all’assunzione della prova
individuate sulla base della richiesta e delle deduzioni;
c) la data dell’udienza. Tra il provvedimento e la
data dell’udienza non puo’ intercorrere un termine
superiore a dieci giorni.
3. Il giudice fa notificare alla persona sottoposta
alle indagini, alla persona offesa e ai difensori avviso
del giorno, dell’ora e del luogo in cui si deve procedere
all’incidente probatorio almeno due giorni prima della data
fissata con l’avvertimento che nei due giorni precedenti
l’udienza possono prendere cognizione ed estrarre copia
delle dichiarazioni gia’ rese dalla persona da esaminare.
Nello stesso termine l’avviso e’ comunicato al pubblico
ministero
3-bis. La persona sottoposta alle indagini ed i
difensori delle parti hanno diritto di ottenere copia degli
atti depositati ai sensi dell’art. 393, comma 2-bis.
4. Se si deve procedere a piu’ incidenti probatori,
essi sono assegnati alla medesima udienza, sempre che non
ne derivi ritardo.
5. Quando ricorrono ragioni di urgenza e l’incidente
probatorio non puo’ essere svolto nella circoscrizione del
giudice competente, quest’ultimo puo’ delegare il giudice
per le indagini preliminari del luogo dove la prova deve
essere assunta.
5-bis. Nel caso di indagini che riguardino ipotesi di
reato previste dagli articoli 600, 600-bis, 600-ter,
600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quater e
609-octies del codice penale, il giudice, ove fra le
persone interessate all’assunzione della prova vi siano
minori di anni sedici, con l’ordinanza di cui al comma 2,
stabilisce il luogo, il tempo e le modalita’ particolari
attraverso cui procedere all’incidente probatorio, quando
le esigenze del minore lo rendono necessario od opportuno.
A tal fine l’udienza puo’ svolgersi anche in luogo diverso
dal tribunale, avvalendosi il giudice, ove esistano, di
strutture specializzate di assistenza o, in mancanza,
presso l’abitazione dello stesso minore. Le dichiarazioni
testimoniali debbono essere documentate integralmente con
mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva. Quando si
verifica una indisponibilita’ di strumenti di riproduzione
o di personale tecnico, si provvede con le forme della
perizia, ovvero della consulenza tecnica.
Dell’interrogatorio e’ anche redatto verbale in forma
riassuntiva. La trascrizione della riproduzione e’ disposta
solo se richiesta dalle parti.».
«Art. 472 (Casi in cui si procede a porte chiuse). – 1.
Il giudice dispone che il dibattimento o alcuni atti di
esso si svolgano a porte chiuse quando la pubblicita’ puo’
nuocere al buon costume ovvero, se vi e’ richiesta
dell’autorita’ competente, quando la pubblicita’ puo’
comportare la diffusione di notizie da mantenere segrete
nell’interesse dello Stato.
2. Su richiesta dell’interessato, il giudice dispone
che si proceda a porte chiuse all’assunzione di prove che
possono causare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni
ovvero delle parti private in ordine a fatti che non
costituiscono oggetto dell’imputazione. Quando
l’interessato e’ assente o estraneo al processo, il giudice
provvede di ufficio.
3. Il giudice dispone altresi’ che il dibattimento o
alcuni atti di esso si svolgano a porte chiuse quando la
pubblicita’ puo’ nuocere alla pubblica igiene, quando
avvengono da parte del pubblico manifestazioni che turbano
il regolare svolgimento delle udienze ovvero quando e’
necessario salvaguardare la sicurezza di testimoni o di
imputati.
3-bis. Il dibattimento relativo ai delitti previsti
dagli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601,
602, 609-bis, 609-ter e 609-octies del codice penale si
svolge a porte aperte; tuttavia, la persona offesa puo’
chiedere che si proceda a porte chiuse anche solo per una
parte di esso. Si procede sempre a porte chiuse quando la
parte offesa e’ minorenne. In tali procedimenti non sono
ammesse domande sulla vita privata o sulla sessualita’
della persona offesa se non sono necessariealla
ricostruzione delfatto.
4. Il giudice puo’ disporre che avvenga a porte chiuse
l’esame dei minorenni.».
«Art. 498 (Esame diretto e controesame dei testimoni).
– 1. Le domande sono rivolte direttamente dal pubblico
ministero o dal difensore che ha chiesto l’esame del
testimone.
2. Successivamente altre domande possono essere rivolte
dalle parti che non hanno chiesto l’esame, secondo l’ordine
indicato nell’art. 496.
3. Chi ha chiesto l’esame puo’ proporre nuove domande.
4. L’esame testimoniale del minorenne e’ condotto dal
presidente su domande e contestazioni proposte dalle parti.
Nell’esame il presidente puo’ avvalersi dell’ausilio di un
familiare del minore o di un esperto in psicologia
infantile. Il presidente, sentite le parti, se ritiene che
l’esame diretto del minore non possa nuocere alla serenita’
del teste, dispone con ordinanza che la deposizione
prosegua nelle forme previste dai commi precedenti.
L’ordinanza puo’ essere revocata nel corso dell’esame.
4-bis. Si applicano, se una parte lo richiede ovvero se
il presidente lo ritiene necessario, le modalita’ di cui
all’art. 398, comma 5-bis.
4-ter. Quando si procede per i reati di cui agli
articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies,
601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quater e 609-octies del
codice penale, l’esame del minore vittima del reato viene
effettuato, su richiesta sua o del suo difensore, mediante
l’uso di un vetro specchio unitamente ad un impianto
citofonico.».

ART. 16.
(Disposizioni transitorie).
1. La disposizione di cui al comma 1, lettera a), dell’articolo 6 si
applica solo ai reati commessi successivamente alla data di entrata
in vigore della presente legge.
2. La disposizione di cui al comma 1, lettera b), dell’articolo 6, ai
soli effetti della determinazione degli uffici cui spettano le
funzioni di pubblico ministero o di giudice incaricato dei
provvedimenti previsti per la fase delle indagini preliminari ovvero
di giudice dell’udienza preliminare, non si applica ai procedimenti
nei quali la notizia di reato e’ stata iscritta nel registro di cui
all’articolo 335 del codice di procedura penale precedentemente alla
data di entrata in vigore della presente legge. 3. Le disposizioni
del comma 2 dell’articolo 7 non si applicano ai procedimenti di
prevenzione gia’ pendenti alla data di entrata in vigore della
presente legge.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara’ inserita
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.

Data a La Maddalena, addi’ 11 agosto 2003

CIAMPI
Berlusconi, Presidente del Consiglio
dei Ministri
Prestigiacomo, Ministro per le pari
opportunita’
Castelli, Ministro della giustizia
Visto, il Guardasigilli: Castelli


Nota all’art. 16:
– Si riporta il testo dell’art. 335 del codice di
procedura penale:
«Art. 335 (Registro delle notizie di reato). – 1. Il
pubblico ministero iscrive immediatamente, nell’apposito
registro custodito presso l’ufficio, ogni notizia di reato
che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa
nonche’, contestualmente o dal momento in cui risulta, il
nome della persona alla quale il reato stesso e’
attribuito.
2. Se nel corso delle indagini preliminari muta la
qualificazione giuridica del fatto ovvero questo risulta
diversamente circostanziato, il pubblico ministero cura
l’aggiornamento delle iscrizioni previste dal comma 1 senza
procedere a nuove iscrizioni.
3. Ad esclusione dei casi in cui si procede per uno dei
delitti di cui all’art. 407, comma 2, lettera a), le
iscrizioni previste ai commi 1 e 2 sono comunicate alla
persona alla quale il reato e’ attribuito, alla persona
offesa e ai rispettivi difensori, ove ne facciano
richiesta.
3-bis. Se sussistono specifiche esigenze attinenti
all’attivita’ di indagine, il pubblico ministero, nel
decidere sulla richiesta, puo’ disporre, con decreto
motivato, il segreto sulle iscrizioni per un periodo non
superiore a tre mesi e non rinnovabile.».

Il testo di questo provvedimento non riveste carattere di ufficialità e non è sostitutivo in alcun modo della pubblicazione ufficiale cartacea. La consultazione e’ gratuita.
Fonte: Istituto poligrafico e Zecca dello Stato