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Libri – Eccessi di culture

Ripercorrendo notizie di cronaca e di aspri scontri politici e mediatici avvenuti negli ultimi anni intorno al tema dello scontro di culture e della difesa delle differenze culturali, dalla rimozione dei crocefissi alle polemiche intorno a “visite” di Babbo Natale nelle scuole – si fa riferimento ad episodi avvenuti a La Spezia e a Drezzo nel 2001 -, Aime mostra come il dibattito sull’immigrazione sia trattato sempre più da un punto di vista culturale, o religioso, anziché politico, e “spostando il dibattito da un piano politico ad un piano culturale, da un lato si rimuovono le cause sociali che stanno alla base di tensioni e conflitti, sottraendo in questo modo al giudizio della gente la possibilità di riconoscere quegli elementi che invece potrebbero essere condivisi con gli stranieri (…). Dall’altro, basandosi su concetti quali cultura o identità come fossero elementi immutabili, ascritti e inamovibili, si riformula il problema ponendolo come una questione di fede e come tale non suscettibile di mediazioni”. Due i presupposti fondamentali di questo spostamento che, da una parte, si basa su un concetto di cultura come bagaglio di conoscenze, di storia, di usanze e modi di percepire la realtà impermeabili ad influenze esterne e contaminazioni e dall’altra sul presupposto che un individuo sia completamente sovradeterminato dalla cultura cui appartiene.

Vi è, in sostanza, un eccesso di attenzione verso le differenze culturali, le diversità, l’identità, che non è sinonimo di attenzione alla differenza, o meglio alle differenze, ma il presupposto culturale per attuare delle politiche di esclusione. Ma non è sufficiente che vi siano degli stereotipi intorno ad un gruppo sociale perché vi sia disparità, occorre che un sentimento si trasformi in azione organizzata e non contro gli individui ma contro un’intera categoria, e perché questo sia possibile è indispensabile convincere i depositari di questo sentimento di insofferenza verso l’altro, verso il diverso, di appartenere anch’essi a una categoria omogenea. Si spiegano, quindi, le iniziative, anche di carattere istituzionale, per difendere qualche presunta purezza da ogni tipo di contatto fra il portato culturale dei migranti e identità di vario tipo (nazionale, regionale, religiosa e quant’altro), come l’istituzione della Assessorato alle Politiche per la cultura e l’identità veneta, fino alle rivendicazioni alquanto bizzarre di appartenenza alla pura “razza piave”! Aime mette in guardia da queste sterotipizzazioni ed operazioni di ‘recupero delle origini spiegando come “Spostandosi da un piano biologico a uno simbolico, il nuovo razzismo ideologico si è riformulato su basi diverse: si è trasformato in un’enfatizzazione radicale delle caratteristiche culturali.” Non rispetto delle differenze bensì razzismo nella sua forma post-novecentesca.

Obiettivo del saggio è svelare questa tendenza all’etnicizzazione dei conflitti e il fatto che sono gli individui, non le culture, a scontrarsi e/o interagire tra loro e affermare come qualsiasi individuo, pur dotato di strumenti culturali volti a rendergli comprensibile la realtà, sia, più che depositario di una cultura monoliticamente intesa, piuttosto un abilissimo “camaleonte culturale”.