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Liste collocamento – Se non si rispetta il termine di iscrizione si perde il pds?

Parliamo di immigrati in possesso di un regolare pds per lavoro che si trovano a cessare il rapporto di lavoro per qualsiasi motivazione (licenziamento, dimissioni, invalidità) e devono iscriversi agli uffici di collocamento.
Anche se per la maggioranza dei lavoratori non esiste alcuna sanzione per chi omette di iscriversi agli uffici di collocamento, nel caso dei lavoratori extracomunitari è stata introdotta dal regolamento di attuazione (Decreto del Presidente della Repubblica 18 ottobre 2004, n.334 – “Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, in materia di immigrazione”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 33 (supplemento ordinario n. 17/L) del 10 febbraio 2005) una sorta di sanzione indiretta piuttosto grave.
Al di là della discutibile legittimità, più volte evidenziata, di norme sanzionatorie introdotte attraverso il regolamento di attuazione, si vuole di seguito esaminare l’aspetto pratico che rappresenta questo nuovo ostacolo.

In una nota della Questura di Milano del 24 ottobre scorso, vengono fornite alcune prime indicazioni rispetto alla iscrizione nelle liste o nell’ elenco anagrafico finalizzata al collocamento dei lavoratori extracomunitari, come disciplinata all’art. 37 del regolamento di attuazione. Si sottolinea un passaggio contenuto al comma 2 della medesima disposizione dove si prevede una sorta di sanzione indiretta per il lavoratore straniero disoccupato, che omette di iscriversi tempestivamente alle liste del collocamento.
La circolare precisa e sottolinea che il lavoratore che perde per qualsiasi ragione l’occupazione, deve iscriversi al collocamento. Questa preventiva iscrizione presso i Centri per l’Impiego è un adempimento indispensabile per poi presentare la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno per attesa occupazione.
Ne discende che, se non si porta con sé il certificato di avvenuta iscrizione, la questura non accetterà la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione della durata di sei mesi come disciplinato all’art. 22, comma 11 del T.U. sull’Immigrazione. E fin qui parliamo di fatti noti.

Quello che vogliamo sottolineare è che l’art. 37, comma 2 del regolamento di attuazione, precisa che “Lo straniero, se interessato a far risultare lo stato di disoccupazione, per avvalersi della previsione di cui all’art. 22, comma 11, del testo unico, deve presentarsi, non oltre il quarantesimo giorno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, presso il Centro per l’Impiego e rendere la dichiarazione …che attesti l’attività lavorativa precedentemente svolta, nonché l’immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa, esibendo il proprio permesso di soggiorno”.
Non si capisce a che scopo sia indicato dal regolamento il termine di 40 giorni, visto che non avrebbe potuto con il medesimo essere prevista espressamente alcuna sanzione. Infatti, solo una legge dello Stato può fissare sanzioni, quali, ad esempio, la perdita del permesso di soggiorno o la decadenza della possibilità di chiederne il rinnovo.
Il timore è che se il termine indicato non verrà rispettato poi, presso la questura, il lavoratore possa vedersi rifiutato il rinnovo del permesso di soggiorno.
Temiamo infatti che siano pochi i lavoratori consapevoli dell’obbligo di iscriversi alle liste di collocamento entro un massimo di 40 giorni come previsto nella norma in commento.

Cosa potrebbe succedere se non si rispettasse il termine?
E’ possibile immaginare che, presso alcuni uffici, venga rifiutata la ricezione della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione, in base ad una iscrizione arrivata troppo tardi nelle liste di collocamento.
Vogliamo comunque chiarire che un provvedimento di rifiuto di rinnovo del soggiorno per attesa occupazione, dovrebbe essere illegittimo proprio perché nessuna sanzione di questo tipo – indiretta o diretta – è prevista.
Quello che potrebbe succedere è che l’eventuale tardiva presentazione della domanda di iscrizione alle liste di collocamento possa riflettersi sul tempo previsto dalla legge (6 mesi) per trovare un’altra occupazione. Potrebbe verificarsi che il permesso di soggiorno per attesa occupazione non sia più rilasciato per la durata di 6 mesi, ma venga rilasciato per sei mesi, meno i giorni di ritardo rispetto ai 40 giorni di tempo per l’iscrizione alle liste di collocamento.
Questa potrebbe essere l’unica concessione ad un’interpretazione restrittiva del regolamento.
Pertanto lo straniero che vuole ottenere il permesso di soggiorno per attesa occupazione avrà ora, in base a quanto stabilisce il regolamento, l’onere di dimostrare l’avvenuta iscrizione alle liste di collocamento e, di seguito, la necessità di presentare il più tempestivamente possibile la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione.

Però, il semplice fatto che per una non conoscenza fin troppo comprensibile, egli non provveda entro 40 giorni all’iscrizione nelle liste, potrà semplicemente ritardare la richiesta e il rilascio del permesso di soggiorno, al massimo accorciare di poco la durata del permesso, ma mai giustificare il rifiuto di ricezione della domanda stessa.

In questo, come in tanti altri casi in cui gli uffici pubblici rifiutino di recepire una domanda prevista dalla legge e di loro competenza, è chiaro che l’unica possibilità che rimane all’interessato è quella di inoltrare a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno (A/R) la medesima istanza con lettera accompagnatoria. Nella raccomandata egli farà presente di essersi presentato in questura e di avere incontrato un determinato operatore che ha indebitamente rifiutato il recepimento materiale della domanda.

La pubblica amministrazione funziona solo in maniera formale ed è quindi chiaro che tutto ciò che si chiede e, soprattutto, ciò che la pubblica amministrazione vuole esprimere, deve essere fatto attraverso “carte”, senza le quali non esiste praticamente nulla.
E’ quindi interesse dei lavoratori immigrati dimostrare con documenti idonei che la domanda è stata presentata anche nei casi in cui venga espresso verbalmente da parte dell’operatore un rifiuto che, come tale, risulta illegittimo.