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Lo sgombero da 12 milioni di euro

L’Ex Moi e la “terza accoglienza”, ovvero come ci guadagno fomentando paura e razzismo

Questa mattina (18 dicembre 2018 n.d.R.), in prima pagina, La Stampa continua ad occuparsi dell’ExMoi dopo lo sgombero (again!) degli scantinati dell’ex villaggio olimpico avvenuto alle prime ore del mattino di ieri (secondo cui oltre 300 persone starebbero lavorando per murare gli scantinati!).

Lo fa come sempre con il grande stile che gli appartiene, accostando un interessante articolo a firma di Andrea Rossi (sulla parte economica del progetto di sgombero) ad un avvincente “noir” a firma del solito Federico Genta, ormai irrimediabilmente sulle tracce del “precursore” Numa.

Prima di proseguire, è bene notare come sul sito web del giornale torinese, la lettura dell’articolo di Andrea Rossi sia disponibile solo per gli abbonati (quindi a pagamento), mentre quello di Genta (che non vale la pena neanche commentare tanto è pieno zeppo di retorica razzista) è free.

Una scelta evidentemente ben pianificata, che sta proprio nell’immaginario, che da anni, istituzioni e media cittadini continuano a costruire e fomentare sull’ex Moi: le ordinarie notti di paura in Via Giordano Bruno.

Detto questo, le poche righe in lettura gratuita dell’articolo di Andrea Rossi offrono un incipit interessante: lo sgombero dell’Ex Moi (e non il Moi di per se, come invece fa credere il titolo) sta costando 3 milioni di euro all’anno e si prevede che a fine progetto (sgombero) si saranno spesi il doppio dei soldi (12 milioni di euro) rispetto a quelli preventivati.

Proviamo ad andare più nel dettaglio, analizzando il progetto grazie a questo documento (di cui vi consiglio la lettura integrale) prodotto dal comitato di solidarietà.(https://bit.ly/2Go67g7)

Partiamo del numero delle persone: nel Protocollo d’intesa firmato il 29 maggio 2017 tra Comune di Torino, Città metropolitana, Regione, Prefettura, Diocesi e Compagnia di San Paolo, si legge che nelle quattro palazzine occupate (ore tre) «ci sarebbero indicativamente […] un numero di persone compreso tre le 1200 e le 1500 persone».

Durante la prima fase del progetto (durata 4 mesi), l’equipe guidata dal project Manager Antonio Maspoli (sul libro paga di Compagnia di San Paolo) doveva effettuare una mappatura delle palazzine, da cui è scaturito un numero di abitanti pari a 745 persone.

È significativo che gli estensori del progetto parlino di persone stimate e non censite.
E questa è la cifra attorno alla quale si andrà a costruire il progetto.

Nota bene: “nell’ultimo censimento anonimo svolto nel luglio 2015 dal Comitato di solidarietà rifugiati e migranti, erano state interpellate personalmente circa 1050 persone”.

La popolazione dell’ex Moi è costantemente in aumento, dal primo giorno di occupazione nel marzo del 2013 non è mai stata in decrescita, se si escludono i periodi estivi quando si verificano fluttuazioni dovuti al lavoro stagionale nelle campagne. Molti abitanti dell’ex Moi a partire dal mese di maggio-giugno e fino a ottobre inoltrato si spostano soprattutto nella campagna del saluzzese per la raccolta della frutta (si gli “spacciatori” dell’ex moi stanno così bene che vanno – sfruttati – a spaccarsi la schiena per raccogliere frutta).

Passiamo ai soldi.
Il budget del progetto Moi è di 6 milioni 122mila euro in tre anni per 745 persone stimate. Tutto questo ricordiamo per avviamenti al lavoro e ospitalità abitativa che oscilleranno fra i 6 e i 12 mesi.

Sugli accompagnamenti abitativi dal progetto di evince che ci saranno “93 inserimenti abitativi di 12 mesi nell’area metropolitana di Torino in locali di proprietà dei partner del progetto e 50 inserimenti abitativi di 12 mesi nell’area metropolitana di Torino in housing sociale e affitto.
L’accompagnamento socio-abitativo avrà durata di 12 mesi e [gli sgomberati] “saranno accompagnati da opportunità di inserimento nel mondo del lavoro di responsabilità di altri enti […].
In seguito alla disponibilità dei posti letto essi saranno riutilizzati nella fase successiva. L ’uscita del percorso di accompagnamento annuale di almeno l’80% delle persone è l’obiettivo che il progetto si prefigge. Per favorire l’autonomia delle persone.”

Questa descrizione fa inevitabilmente pensare al sistema dell’accoglienza Sprar e Cas, ed infatti è proprio così!

Il progetto MOI mette per la prima volta nero su bianco la dicitura “terza accoglienza”.

A partire dal primo “sgombero” degli scantinati avvenuto lo scorso anno, gli “sfollati” sono stati “accolti” dalle cooperative che si sono aggiudicati i bandi. Sorpresa sorpresa: sono le stesse della seconda accoglienza.
Chi sono le cooperative coinvolte nel progetto?

Prima fra tutte la cooperativa Babel.
Fondata da vecchi e nuovi soci di “Terra del fuoco”, l’associazione che faceva riferimento alla figura di Michele Curto, consigliere di SEL in comune e capogruppo in regione.
Da sempre attivissimi nel mettere le mani lì dove si poteva mangiare e guadagnare soldi sul c.d. “business della solidarietà”.

Nel 2016 Terra del Fuoco ed il presidente della cooperativa sociale Valdocco, sono indagati per turbativa d’asta dalla procura di Torino per il progetto di “ospitalità” per le famiglie Rom sgomberate dal campo nomadi di Lungostura Lazio: il raggruppamento di cooperative dichiarò di poter mettere a disposizione degli appartamenti che invece non aveva, e si rivolse poi a un privato che fornì case prive dei requisiti di abitabilità e in cui sono stato accertati vari abusi edilizi.

E poi ancora la “Cooperativa Esserci”, la “Cooperativa Xenia” (definita non in grado di gestire i profughi” a causa di “gravi inadempienze” rispetto a diversi progetti di accoglienza straordinaria che gestisce) e l’associazione “Edu-care”.
Quanto guadagneranno da questa sperimentale e innovativa terza accoglienza?

Beh molto di più rispetto ai 6.122.000 di euro previsti, tant’è che ad oggi il primo anno dell’operazione ex Moi è costato poco meno di 3 milioni, ripartiti tra Compagnia di San Paolo (1,7) e ministero dell’Interno (1,1).

Un anno dove a Novembre dello scorso anno sono stati sgomberati gli scantinati (circa 90 persone) che poi sono in gran parte tornate all’ex moi e risgomberate (una 50ina) giusto ieri.

Poi lo sgombero di agosto della prima palazzina in cui circa 80 persone sono state trasferite nelle soluzioni abitative della cooperativa BABEL.

Quindi pur provando a fare una stima al rialzo, possiamo dire che in quest’anno sono state sgomberate ed inserite nei progetti circa 150 persone (ripeto stime al rialzo!).
150 persone diviso per 3 milioni di euro fanno giusto giusto 20 mila euro a testa.

Quante cose si sarebbero potute fare con 20 mila euro a testa?
Certamente si sarebbero potute creare le condizioni per far vivere le persone in condizioni dignitose, per intraprendere percorsi di reale autonomia, piuttosto che guadagnare da un progetto che racconta la favola dell’inclusione e dello sgombero partecipato, e che consente (a questa amministrazione) di rivendicare periodicamente di essere la prima ad affrontare e a intervenire sull’emergenza con queste modalità.

Chi ha protestato, chi ha dimostrato la sua contrarietà a questo progetto fregatura, è stato criminalizzato dalla stampa cittadina, represso dalle autorità e paga ancora oggi con il carcere.

Così mentre giornalai come Federico Genta continuano a fomentare un clima di “paura e delirio” rispetto all’ex moi ed i suoi abitanti, il meccanismo di business e arricchimento degli amici degli amici continua ad essere ben oliato.
E più facile prendersela con i più poveri, tanto più se “negri”.

I diritti e la dignità di queste persone possono e devono essere calpestate.
In nome del business, in nome della sicurezza.