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Rubrica: Un mondo, molti mondi

Madrid - Rivolta nel CIE di Aluche da parte di detenuti con sintomi di Coronavirus

El Salto, 17 marzo 2020

- Link all’articolo originale (ESP)

Le persone recluse nel Centro de Internamiento de Extranjeros (Centro di detenzione per stranieri privi di documenti in attesa dell’espulsione) denunciano trattamenti “inumani” e segnalano la loro esposizione al contagio da Coronavirus.

Traduzione a cura di: Chiara Martini

I detenuti del Centro di detenzione per stranieri di Aluche (CIE) hanno scatenato una rivolta questo pomeriggio, salendo sul tetto del cortile della sezione maschile e annunciando l’inizio di uno sciopero della fame al grido "Libertà, Libertà": la preoccupazione, dicono, è che alcuni di loro mostrerebbero "sintomi della corrente pandemia".

La denuncia è di non essere "trattati come esseri umani" di fronte all’emergenza sanitaria che lo Stato spagnolo sta attraversando. "Con una pandemia mondiale, il nostro stato di salute è in grave pericolo. Ci sono molti detenuti con sintomi della pandemia nota come Coronavirus", denunciano in una lettera accompagnata da più di un centinaio di firme raccolte.

Sostengono che, nonostante i sintomi presentati da alcuni, nessuno è stato sottoposto ad "accertamenti medici" per confermare l’infezione e, al contrario, chi presenta sintomi viene trattato "con semplici analgesici".

Come riportato da El Salto, giovedì 12 marzo, la direzione del Centro ha informato le organizzazioni per i diritti umani che si occupano di effettuare visite mediche ai detenuti che tali visite verranno interrotte come misura preventiva al contagio. Lo stesso giorno, anche il servizio di consulenza legale per stranieri (SOJE-CIE) garantito dall’Ordine degli Avvocati di Madrid è stato sospeso. L’unica misura preventiva riportata all’interno del centro è stata la consegna di gel igienizzanti.

A questo proposito, i detenuti comunicano che, nonostante la sintomatologia di alcuni, nessuno è stato sottoposto ad "accertamenti medici" per confermare o meno l’infezione e che, al contrario, chi presenta sintomi viene trattato "con analgesici".

Di fronte a questa situazione, la piattaforma No-CIE di Madrid ha espresso il "massimo sostegno" rispetto alle richieste dei detenuti e, sulla base di situazioni di conflitto analoghe che si sono verificate nel Centro, ha manifestato la sua "preoccupazione rispetto alla proporzionalità delle misure disciplinari che possono essere prese dalle autorità".

"Consapevoli della gravità di tenere rinchiusi nel CIE persone la cui espulsione dal Paese non sarà possibile, condanniamo fermamente la resistenza del Ministero dell’Interno per porre fine alla privazione della libertà di queste persone. Ancora una volta, la responsabilità sociale e la giustizia fanno capire che i Centri di detenzione per stranieri devono essere chiusi", dicono.

Los muros del CIE de Aluche no son inmunes al #COVID2019, pero el Gobierno parece ajeno a esta realidad y a la vulneración de los Derechos de las personas internas. Ellxs mientras, reclaman LIBERTAD! #EscudoSocialCoronavirus #LibertadyCIErre pic.twitter.com/zRU5qVuPPz

— CIEs No Madrid (@CIEsNoMadrid) March 17, 2020

La questione che ha suscitato le proteste dei detenuti riguarda il continuo andare e venire del personale che lavora nel Centro, sia quello facente parte della polizia, così come gli addetti mensa e i medici. Anche l’assenza di misure di isolamento rimane un problema: in una cella vivono dalle 4 alle 6 persone e negli orari di uscita si riuniscono nel cortile più di un centinaio di detenuti.

"Il cibo che riceviamo viene preparato da persone che tornano poi a casa esponendoci così al Coronavirus, perché i bar, i ristoranti, le mense, ecc. sono chiusi. Perché noi, come detenuti, dobbiamo essere esposti a ciò a causa di errori amministrativi? Per questo chiediamo il diritto all’uguaglianza" dicono.

Viene anche posta la questione dello stesso personale di polizia che potrebbe essere anch’esso portatore del virus, dato che "continuano a fare i loro turni in totale normalità, frequentano i loro domicili e in questo modo possono infettarci", affermano i detenuti con preoccupazione.

La misura cautelare di detenzione in questi centri ha come unico obiettivo quello di localizzare e trattenere le persone in attesa di espulsione dal paese. Tuttavia, una delle conseguenze della diffusione della pandemia di CoVid-19 è stata la chiusura delle frontiere. Più di 60 paesi, tra cui Algeria, Marocco e Colombia, non ammettono l’ingresso di persone provenienti dalla Spagna.

La misura cautelare di detenzione in questi centri ha come unico obiettivo quello di localizzare e trattenere le persone in attesa di espulsione dal paese. Tuttavia, una delle conseguenze della diffusione della pandemia di CoVid-19 è stata la chiusura delle frontiere.

In queste circostanze, la Campagna per la chiusura dei CIE ha chiesto l’immediato rilascio dei detenuti e la chiusura degli stessi centri. "In questo contesto di diffusione incontrollata del virus in tutto il mondo, continuare a procedere con le deportazioni è sintomo di una grave mancanza di responsabilità politica, soprattutto per la Spagna, uno dei cinque Paesi con il maggior numero di persone infette” ha accusato la scorsa settimana in un comunicato stampa.

Nelle ultime ore, i notiziari hanno riportato notizie sul rilascio di alcuni detenuti da diversi CIE: sembra che alcuni siano tornati nelle loro case, mentre altri abbiano trovato ospitalità in luoghi di assistenza umanitaria per rispettare l’isolamento imposto. Ci sono però casi di persone lasciate per strada, come denunciato dall’organizzazione Convivir sin Racismo, che a proposito di alcune persone abbandonate nell’area industriale di MercaMurcia parlano di "follia e maltrattamento istituzionale”.

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  • Rilasciate dal CIE di Aluche (quartiere di Madrid n.d.t) le prime persone detenute che non possono essere espulse
  • La Frontera Sur ai tempi del COVID-19
  • Il governo spagnolo ha previsto il rilascio di tutti i detenuti dei CIE entro lunedì
[ 19 marzo 2020 ]
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