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Mali – Valorizzate le migliori condizioni di vita raggiunte dal richiedente per il livello molto avanzato di inclusione sociale in Italia, anche alla luce dell’art. 8 CEDU

Tribunale di Venezia, ordinanza dell’11 aprile 2019

Il Tribunale di Venezia accoglie il ricorso presentato da un cittadino maliano, applicando la sentenza Cass. 23.2.2018, n. 4455, che ha aperto verso una nozione allargata della protezione umanitaria relativamente alla condizione raggiunta nel paese ospitante.

Si ritiene opportuno riportare integralmente il ragionamento del giudice, in quanto chiarisce in modo chiaro tutti gli elementi che sono stati valutati e valorizzati nel corso del procedimento.

“Nel caso di specie, se da un lato, non pare sussistere una situazione personale attuale rientrante nelle categorie di cui sopra, dall’altro però pare fondato. Infatti, quanto alla possibile valutazione comparata tra le condizioni raggiunte nel paese ospitante rispetto a quelle del paese di origine, gli elementi addotti sono da ritenere rilevanti, poiché egli innanzitutto ha dato prova in sede di audizione di una perfetta padronanza della lingua italiana, e per ciò stesso quindi di una seria capacità d’inserimento tanto da poter essere sentito senza l’ausilio dell’interprete, ed ha anche fornito altri concreti indicatori della sua attuale situazione di integrazione in quanto ha dimostrato di aver frequentato fattivamente i corsi di lingua di livello non solo base ma anche superiore (A1 e A2), di essere occupato a tempo pieno in molteplici attività lavorative, dalla vigilanza al lavoro in ristorazione ed in agricoltura, di aver frequentato e concluso la Scuola secondaria di primo grado con giudizio di idoneità, oltre allo svolgimento di volontariato, nonché di essere in procinto di acquisire la patente di guida.
Il ricorrente ha corredato la sua istanza con molteplici produzioni, le certificazioni dei corsi di lingua e le certificazioni del percorso scolastico 2017/2018 presso il CPIA di … (doc.4), i contratti di lavoro a tempo determinato prorogati con la … istituto don Calabria di … e con la ditta … e da ultimo la trasformazione del suo rapporto con la … da tempo determinato a indeterminato (con anche copia di buste paga ecc. doc.2), il certificato di qualifica di saldatore acquisito nel 2017 (doc.3).

Ciò, costituisce elemento indicativo della sussistenza di impedimenti all’allontanamento derivanti dall’esigenza di non arrecare un danno sproporzionato alla sua vita privata, garantito dall’art. 8 CEDU, obbligo internazionale indirettamente richiamato dall’art. 5 comma 6 del D. Lgs. n. 286 del 1998 e dall’art. 32 del D. Lgs. n. 25/2008 (ipotesi in parte menzionata anche dalla circolare del 31 luglio 2015 della Commissione Nazionale per il diritto di asilo) e dunque elemento utile al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Occorre rammentare in proposito che l’art. 8 CEDU assicura una tutela distinta sia alla vita familiare che alla vita privata, la cui nozione, elaborata dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, è ampia, non soggetta ad una definizione esaustiva, che comprende l’integrità fisica e morale della persona e può, dunque, includere numerosi aspetti dell’identità di un individuo, tra cui quello relativo ad una vita lavorativa legalmente avviata.

Per questi motivi, sono dunque ravvisabili elementi tali da integrare i presupposti per la concessione del permesso in questione, in quanto si ritiene che se il ricorrente rientrasse nel proprio paese d’origine “incontrerebbe non solo le difficoltà tipiche di un nuovo radicamento territoriale, ma si troverebbe in una condizione di specifica estrema vulnerabilità” (Cass. 3347/15), idonea a compromettere la sua possibilità di esercitare i diritti fondamentali, legati anche solo alle scelte quotidiane”.

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Tribunale di Venezia, ordinanza dell’11 aprile 2019