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Malta e le politiche migratorie dell’Unione Europea

Testimonianze da un’isola - prigione.

Pubblichiamo l’intervento della Dott.ssa Alessandra Sciurba (Dipartimento Studi su Politica. Diritto e Società) Palermo, presentato in occasione del seminario “Diritto di asilo e protezione umanitaria: il dovere di accoglienza

Aprile 2006- Hal Far- “open centre” per famiglie di migranti.
Dentro una piccola stanza bianca riempita di tappeti per potervi camminare scalzi, tre donne somale accettano di incontrarmi. Si coprono il viso davanti alla mia telecamera. La spengo. Guardo meglio tra le pieghe dei loro foulard colorati: stretta al petto della sua mamma diciannovenne c’è una bimba che ha un mese di vita. È nata qui dopo che due di quelle tre donne sono state riportate con la forza a Malta quando la polizia le ha fermate sul territorio dello Stato svizzero. Mi dicono che la situazione a Malta è invivibile. Non è colpa di nessuno… semplicemente non c’è spazio. Non c’è lavoro. Vorrebbero andarsene via. Provarci di nuovo. Ma hanno paura di essere riportate indietro ancora una volta.

Perché questo dovrebbe succedere? Per la Convenzione di Dublino, chiaramente.
Ma forse è meglio ripercorrere brevemente la loro storia fin dall’inizio dell’arrivo in Europa.
Perché Malta, nonostante tutto, è già l’Europa.

Fortune, la giovane mamma, mi racconta in inglese che appena arrivata a Malta, nel giugno del 2005, è stata subito messa in prigione ad Hal Far, nella parte dove si trova il centro di detenzione amministrativa, insieme a tutti gli altri “rifugiati clandestini”. Probabilmente Fortune non si rende neppure conto di quanto esatta sia la definizione che sta dando della sua condizione, una condizione che non dovrebbe poter esistere se il diritto di asilo fosse un diritto realmente tutelato. Fortune è rimasta per otto mesi nella zona del centro di detenzione di Hal Far dedicata alle donne e alle famiglie. Stavano in dieci, dodici persone per stanza, e solo per un’ora al giorno potevano uscire nel cortile e vedere la luce del sole. “i militari non sono buoni”, continua a ripetermi Fortune “se stai male non ti permettono di andare all’ospedale”.
Fortune e le altre due donne con cui divide la stanza del centro aperto in cui, al momento della mia intervista, si trova da tre mesi, hanno ricevuto la protezione umanitaria. Cosa che accade praticamente a tutti i somali che raggiungono Malta e fanno richiesta di asilo politico.

Dopo aver atteso in detenzione amministrativa per tutto il tempo dell’esame della loro domanda, quasi tutti i migranti subsahariani arrivati a Malta (e più del 53% del totale dei richiedenti asilo), ricevono un diniego dell’asilo politico accompagnato però da un permesso per motivi umanitari. Il pieno godimento del diritto d’asilo garantirebbe loro una tutela maggiore e soprattutto una possibilità infinitamente superiore di potersi muovere liberamente e fermarsi all’interno dell’area delimitata dagli Accordi di Schengen e dei vari paesi dell’Unione europea. Potrebbero così andare a cercare lavoro e condizioni di vita migliori piuttosto che rimanere ad affollare uno Stato piccolo come Malta, dove bisogna tenere presente che l’arrivo di un migrante sulle coste dell’isola è paragonabile all’arrivo di 114 migranti in Italia e di 150 nel Regno Unito. È tenendo a mente queste proporzioni che bisogna valutare l’impatto, anche solo psicologico, che il passaggio da 24 migranti giunti nel 2000 a 1686 nel 2003 ha avuto sugli abitanti dell’isola. L’innalzamento di queste cifre appare probabilmente connesso all’ingresso di Malta, nel 2004, tra i paesi dell’Unione europea. Malta è infatti, al momento attuale, l’estrema frontiera sud (interna) dello spazio di “libertà sicurezza e giustizia” promosso dal programma dell’Aja del 2004.
Per reazione a questo improvviso (seppur prevedibile) fenomeno che ha coinvolto lo stato maltese, le sue autorità hanno dato completa attuazione all’Immigration Act, un testo di legge già redatto nel 1970 ma mai reso effettivo, secondo il quale, nonostante l’ingresso irregolare sul territorio non venga considerato un criminal offende, ovvero un reato penalmente perseguibile, è stabilito che, nell’interesse della sicurezza nazionale e dell’ordine pubblico, “any person caught on maltese territory without the right to entry, transit or residence, is considered a prohibited migrant and is detained until his/her deportation(1).
Come del resto avviene anche in paesi come l’Inghilterra, quindi, tutti i migranti, richiedenti asilo compresi, al loro arrivo sul territorio maltese vengono detenuti in centri chiusi da mura e filo spinato. Nonostante la Convenzione di Ginevra vieti agli Stati contraenti l’irrogazione di “sanzioni penali, a motivo della loro entrata o del loro soggiorno illegali, contro i rifugiati” e imponga che gli stessi Stati “limitino gli spostamenti di tali rifugiati soltanto nella misura necessaria” ,e contrariamente a quanto afferma la recente disciplina comunitaria in materia (direttiva 2003/9)- la detenzione (e a tempo indefinito) dei richiedenti asilo è in effetti un fenomeno generalmente diffuso in Europa. (2) Anche la cosiddetta Legge Bossi-Fini (legge 30/07/2002 n.189, modifica del D.Lgs. 25/07/1998 n.286) – ancora in vigore in Italia nonostante il nuovo disegno di legge delega al governo (il cosiddetto decreto Amato-Ferrero) che è stato appena approvato dal consiglio dei Ministri – prevede la detenzione in “centro di identificazione” per i richiedenti asilo politico.

La particolarità maltese consisterebbe quindi soltanto nel fatto che questa detenzione venga applicata davvero in maniera sistematica a qualunque uomo, donna o bambino arrivi sull’isola (ma questo è in fondo quello che avviene anche a Lampedusa) e che, soprattutto, alla sua conclusione (dopo un massimo di 18 mesi), nella realtà dei fatti, la sorte di tutti i migranti – siano essi richiedenti asilo diniegati che hanno ricevuto o meno la protezione umanitaria, o migranti che non hanno mai fatto richiesta di asilo e risultano semplicemente “irregolari” – è accomunata dal fatto di restare sull’isola passando dall’angusta prigione dei suoi centri di detenzione, a quella più grande di tutto il territorio maltese. L’asilo politico, infatti, non viene quasi mai concesso, secondo una tendenza riscontrabile ormai in tutta Europa, e la protezione umanitaria, che pure a Malta viene accordata con generosità rispetto agli altri paesi Ue, resta un provvedimento di carattere nazionale che autorizza la permanenza solo ed esclusivamente all’interno del territorio dello Stato che l’ha concessa.

Capiamo meglio, allora, la storia di Fortune e delle sue amiche.
Ricevuta la protezione umanitaria avevano chiesto e ottenuto un visto per uscire da Malta e raggiungere la Svizzera. Erano partite sperando di poter ricominciare una vita altrove, finalmente libere di scegliere dove abitare ma, allo scadere del visto di breve durata che avevano ricevuto, la polizia svizzera le ha costrette a fare ritorno forzato a Malta. Il loro status, infatti, è valido solamente lì, e per effetto della Convenzione di Dublino cui ho precedentemente accennato, non hanno diritto a presentare la loro domanda d’asilo in nessun altro Stato europeo. Secondo il Regolamento del Consiglio Europeo n.343/2003 – la cosiddetta “Convenzione di Dublino II” che sostituisce (fatta eccezione per la Danimarca) la Convenzione di Dublino del 15 giugno 1990 – è infatti soltanto il primo paese d’accesso dei migranti quello deputato al compito di ricevere e vagliare le loro richieste d’asilo. (3)

“Lugano era il paradiso”, mi ha raccontato Fortune. “Lavoravo, stavo imparando la lingua. Qui invece, tutto quello che faccio è andare a La Valletta ogni 15 giorni perché c’è un prete che ci da 5 pounds per sopravvivere. La gente di Malta ci odia, ci guarda come invasori. E io non voglio la carità…Una mia amica era arrivata fino in Finlandia, e anche lei lì era felice. Ma poi ti trovano e ti riportano indietro. Aveva fatto un viaggio lunghissimo anche se era incinta di sette mesi e poi l’hanno trovata e l’hanno riportata qui. Non è assurdo? Lì c’era lavoro, c’era libertà! Qui a Malta, cosa ci resta?”.


1 Cfr. Immigration Act To restrict, control and regulate immigration into Malta and to make provision for matters ancillary thereto, Act IX , 21/09/1970, Capitolo 217, Parte IV, Artt. 5 ,1 ; 10; 14,2 e 22,5.
2 Cfr. Il Trattato Onu per la protezione dei rifugiati e degli apolidi, Ginevra, 28/07/1951, art.31.
3 Per una panoramica dei centri di detenzione amministrativa in Europa, del loro funzionamento e delle loro condizioni a seconda dei paesi, consultare, tra gli altri, i siti www.cestim.it; www.jrseurope.org; www.detention-in-europe.org.