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Mani e terra nel silenzio di Rosarno

Nono report multimediale degli attivisti di Overthefortress in viaggio al sud Italia

Photo credit: Stefano Danieli, #overthefortress a Rosarno
Photo credit: Stefano Danieli, #overthefortress a Rosarno
Photo credit: Stefano Danieli, #overthefortress a Rosarno

Il camper di #overthefortress non poteva non far tappa a Rosarno nel suo viaggio lungo i luoghi delle migrazioni del Sud Italia.

A differenza delle altre tappe, qui non possiamo raccontare di accoglienza buona o cattiva, hotspot, sbarchi, ma esclusivamente di lavoro: di sfruttamento lavorativo della manodopera migrante, di assoluta mancanza di integrazione, di vite al limite e ai margini ma anche – e per fortuna – di esperienze virtuose di integrazione e di lavoro regolare.

Rosarno è al centro della piana di Gioia Tauro, colma di agrumeti a perdita d’occhio. Con le sue migliaia di tonnellate di agrumi prodotti ogni anno la piana offre lavoro stagionale a circa 3.000 persone e, manco a dirlo, gli addetti alla raccolta sono tutti lavoratori stranieri, africani nella maggior parte dei casi ma non mancano lavoratori provenienti dall’Est Europeo. Questa massa di lavoratori si concentra a Rosarno nei mesi della raccolta degli agrumi, da fine ottobre a tutto gennaio.

La permanenza per un lungo periodo di 3-4.000 immigrati in un paese di 15.000 abitanti non può che essere difficile, addirittura devastante se non viene gestita, se non si attua quel minimo di integrazione che possa rendere la convivenza quantomeno dignitosa. Ma questo a Rosarno non è mai avvenuto: i lavoratori stranieri sono sempre stati messi ai margini del paese in baraccopoli senza alcun servizio e fatti oggetto di continue violenze da parte di gruppuscoli razzisti con la complicità silenziosa degli altri residenti.

Rosarno balza quindi agli onori delle cronache nei primi giorni del 2010, quando scoppia la rivolta del lavoratori africani stanchi di subire qualsiasi forma di violenza, anche gratuita, da parte dei cittadini del paese. Sulla “rivolta di Rosarno”, su quello che accadde in quei giorni e nel periodo immediatamente successivo rimandiamo ai molti articoli scritti in quell’inizio di 2010. Su quei fatti sulla stampa mainstream sono stati sprecati fiumi di inchiostro azzardando improbabili letture sulle cause di questi fatti.
Il governo si impegnò a risolvere la cosa e 300 lavoratori africani furono di fatto deportati nei campi di accoglienza in Sicilia.

Spenti i riflettori e finita la stagione della raccolta degli agrumi torna a calare il silenzio sulla Piana ma qualche piccolo segno di cambiamento comincia a farsi strada dopo la rivolta con la nascita di “SOS Rosarno” l’Associazione che, promossa da alcuni cittadini di Rosarno e della Piana, si farà carico di cercare di tutelare i diritti dei lavoratori stranieri e di offrire loro la necessaria integrazione nel tessuto sociale.

Arriviamo nella Piana mentre è in corso la raccolta dei mandarini.
Ci accolgono i soci della Cooperativa “Mani e Terra”, nata un anno fa da attivisti di “SOS Rosarno” e che vede tra i suoi soci, in egual numero, sia piccoli produttori che lavoratori africani. Ci raccontano del loro tentativo di integrazione e di lavoro regolare, di agricoltura biologica e delle difficoltà di produrre in una terra, non dimentichiamolo, dove la ‘Ndrangheta detta le regole.

Ci spiegano di quanto costa effettivamente un chilo di frutta prodotto in maniera “equa e solidale” e delle difficoltà di inserirsi in un mercato dove le regole (e i prezzi) vengono dettati dalla grande distribuzione e dal potere mafioso. Nino Quaranta, il presidente della Cooperativa, ci accompagna per i campi raccontandoci del loro lavoro, iniziato in modo meno formale ben prima della costituzione della Cooperativa. Anche quest’anno riusciranno ad assumere in regola 40 lavoratori per la raccolta degli agrumi.

Questi lavoratori ricevono una stipendio netto di 40-45 euro al giorno per 8 ore di lavoro e, oltre ad avere tutti gli obblighi contributivi in regola, potranno accedere alla disoccupazione prevista per i lavoratori stagionali dell’agricoltura. E così queste persone hanno potuto negli ultimi tempi prendersi una casa in affitto lasciandosi alle spalle la tendopoli, farsi eventualmente raggiungere dalle famiglie, vivere una vita dignitosa.

Photo credit: Stefano Danieli, #overthefortress a Rosarno
Photo credit: Stefano Danieli, #overthefortress a Rosarno



Pape e Lamine, due soci della Cooperativa, mentre raccolgono mandarini ci raccontano della loro esperienza e dei loro sogni, della loro piccola rivoluzione pacifica e fatta di conquiste di diritti che stanno portando avanti a Rosarno. Del loro tentativo di integrazione nel territorio, nonostante tutto e tutti.

Sono anche arrabbiati per quello che hanno trovato in Italia e in queste terre in particolare. Faticano a capire i sentimenti di odio e repulsione della gente di questa terra alla quale con le loro braccia e la loro numerosa presenza portano ricchezza.
Ci fanno un banalissimo conto: se ognuna delle 4.000 persone che nei 4 mesi di raccolta (soprav)vive a Rosarno contribuisce con almeno 100 euro al mese all’economia del paese: alimentari, piccole manutenzioni, farmacia, sigarette ecc… significa che alla comunità italiana, in 4 mesi, rimangono almeno 1.600.000 euro. Non sono spiccioli. E ci dicono che nessun italiano si adatterebbe a raccogliere agrumi: se venisse a mancare la manodopera straniera i frutti resterebbero a marcire sugli alberi.

Photo credit: Stefano Danieli, #overthefortress a Rosarno
Photo credit: Stefano Danieli, #overthefortress a Rosarno

Emergency ha aperto un poliambulatorio del Progetto Italia a Polistena, a pochi chilometri dalla tendopoli. L’ambulatorio offre ai lavoratori, senza richiedere documento, un servizio medico essenziale. L’unica alternativa per chi avesse bisogno di cure mediche sarebbe l’ambulatorio pubblico per titolari di tessera STP (Straniero Temporaneamente Presente) a Rosarno. Situato in locali a dir poco fatiscenti un medico di base fa quello che può senza nessuno strumento adeguato: troppo poco per una popolazione numerosa che vive in condizioni igienico-sanitarie al limite.

Alessia Mancuso, coordinatrice dell’ambulatorio di Emergency, ci racconta che la situazione della sanità calabrese è già di per sé pessima, ben al di sotto della media di quanto viene offerto nelle altre regioni italiane, e ai lavoratori stranieri non veniva offerto, prima del loro arrivo, nemmeno quel poco che un cittadino calabrese poteva avere.

Per sopperire alla carenza del trasporto pubblico tra i vari paesi della Piana, Emergency effettua quotidianamente un servizio navetta per poter accedere facilmente all’ambulatorio dai luoghi dove si concentrano maggiormente i lavoratori migranti. E’ con il servizio navetta che decidiamo quindi di scendere alla tendopoli di Rosarno, il ghetto dove si raccolgono a vivere migliaia di lavoratori africani.

Photo credit: Stefano Danieli, #overthefortress a Rosarno
Photo credit: Stefano Danieli, #overthefortress a Rosarno

Entriamo in un altro mondo fatto di tende, baracche, odore acre di fuoco e di plastica bruciata, piccole botteghe alimentari e riparatori di biciclette, moschea e chiesa cattolica, il tutto raccolto in un palmo di terra e fango nascosto da alte siepi e dagli enormi capannoni della zona industriale.

Tra le baracche e le tende auto-costruite si riconosce ancora qualche tenda del Ministero dell’Interno: questa tendopoli infatti nasce dopo la rivolta del 2010 su iniziativa del Governo per rispondere all’emergenza nata dopo quelle drammatiche giornate. Dopo 6 anni, però, nulla è cambiato e la tendopoli provvisoria è ancora li e, anzi, continua ad ampliarsi.

Siamo gli unici “bianchi” tra 2-3.000 persone africane. Ritroviamo sotto molti aspetti quello che abbiamo già visto e vissuto al campo di Idomeni, al confine Greco-Macedone. Ma quello che ci colpisce di più è che queste persone non sono migranti in transito che sperano di proseguire il loro viaggio com’era per i profughi siriani in Grecia, ma gente che ha terminato qui il proprio viaggio, che in questo posto vive la sua vita nel modo più indegno possibile.

Molti, superate le prime diffidenze (di giornalisti curiosi e basta ne hanno le tasche piene…), ci raccontano la loro vita in questo non-luogo. Dicono che quest’anno è più dura del solito perché c’è meno lavoro, che la paga quotidiana resta sempre bassissima (i più fortunati riescono a portare a casa 20-25 euro al giorno, rigorosamente in nero, per almeno 8 ore di lavoro al giorno e con qualsiasi condizione meteorologica), che la vita e i rapporti con gli abitanti restano sempre tesi e difficili. Molti sono pendolari delle campagne di raccolta in agricoltura: pomodori a Foggia, agrumi in Calabria… ma che nonostante tutto Rosarno non è il posto peggiore.

Photo credit: Stefano Danieli, #overthefortress a Rosarno
Photo credit: Stefano Danieli, #overthefortress a Rosarno

Lasciamo Rosarno diretti a Riace, l’altra faccia – quella positiva – dell’integrazione dei migranti in Italia. Ci lasciamo alle spalle la tendopoli con la sua massa umana che cerca di sopravvivere in mezzo al fango.

Credendo però che le esperienze di integrazione e di riscatto come quelle portate avanti con caparbietà da SOS Rosarno e dalla Cooperativa Mani e Terra siano la strada da percorrere perché, come ci spiegava con lucidità e una semplicità quasi disarmante Pape mentre raccoglieva mandarini “noi europei siamo rovinati dalla comunicazione che fa il potere e che ci costringe a fare conflitto orizzontale: poveri contro poveri, italiani in difficoltà contro migranti in difficoltà.
Non capiamo che dobbiamo fare massa con loro e ribellarci assieme contro questo potere
”. Loro questo lo stanno mettendo in pratica.

Andrea, Tommaso e Stefano, #overthefortress

Links utili:
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Emergency Piana/Polistena
– #rosarno su www.terrelibere.org