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da Il Piccolo di Trieste del 1 settembre 2007

Maxi-fuga dal Cpt, 6 egiziani introvabili

Dei 18 scappati, dodici sono stati rintracciati subito dalle forze di polizia

Mattinata di tensione con un sit-in di protesta di una trentina di extracomunitari. La calma è tornata dopo un incontro con il questore.
In 42 tra egiziani, iracheni e palestinesi hanno chiesto asilo politico evitando così il rimpatrio

Gradisca. È tornata la calma all’interno del Cpt di Gradisca d’Isonzo, ma sei dei 18 fuggitivi sono riusciti a far perdere le tracce. Polizia, carabinieri e Guardia di finanza, coordinati dal questore Claudio Gatti, continuano le ricerche anche se presumibilmente hanno già lasciato il territorio provinciale.
L’altra sera, infatti, 13 egiziani e un iracheno erano riusciti a superare la prima barriera metallica all’interno della struttura. Sei, rimasti anche contusi nel salto, erano stati subito acciuffati dagli agenti quando erano ancora all’interno del Cpt. Gli altri 18, invece, avevano scavalcato anche il muro di cinta ed erano fuggiti nella campagna circostante. Alcuni si erano diretti verso Villesse e Romans, altri in direzione di Mariano del Friuli. Tra la notte di giovedì e ieri mattina 12 di questi sono stati rintracciati e riportati al Cpt.
Ma ieri non è stata una mattinata tranquilla all’interno della struttura di via Udine. Una trentina di extracomunitari, sempre del gruppo di egiziani che aveva cercato di scappare, ha inscenato un’azione di protesta. La tensione stava salendo e solo l’intervento del questore dottor Claudio Gatti e del capo di gabinetto della Prefettura dottor Pietro Giulio Scarabino ha impedito che la rivolta degenerasse. Gli extracomunitari sono stati fatti sedere e il questore ha iniziato con loro un dialogo che si è protratto per oltre 2 ore.
«Abbiamo cercato di lanciare messaggi di rasserenamento. Abbiamo spiegato loro quali erano i loro diritti, non abbiamo certo fatto promesse», ha detto il questore all’uscita. Il dottor Gatti ha detto di aver trovato nel gruppo di egiziani, che erano giunti da poche ore da Lampedusa, una forte preoccupazione perché avevano sentore di un loro imminente rimpatrio. E il questore ha parlato dell’angoscia che vive questa gente che ha affrontato anche la morte per giungere in Italia.
Un secondo incontro tra il dottor Gatti e il dottor Scarabino con un gruppo di extracomunitari si è tenuto anche nel pomeriggio e al termine del quale dalla Prefettura è venuta la notizia che 42 extracomunitari (35 egiziani, 5 palestinesi e 2 iracheni) hanno chiesto asilo politico dando così avvio all’iter che prevede prima di tutto la loro identificazione e, poi, l’esame della loro richiesta da parte della Commissione per il riconoscimento della stato di rifugiato politico. Una richiesta comunque che blocca, almeno temporaneamente, un provvedimento di respingimento e quindi del rimpatrio coatto.
Ed è probabilmente questa opportunità, fatta conoscere ai clandestini, che ha calmato le acque e ha permesso un ritorno alla tranquillità all’interno del Cpt, che rimane comunque sotto stretta sorveglianza. Già nella serata di giovedì era stata rafforzata la presenza delle forze dell’ordine.
All’interno dell’ex caserma Polonia sono ospitati quasi 230 extracomunitari (la capienza massima è di 248 persone) di cui 122 nel Centro di prima accoglienza. La struttura di via Udine infatti è divisa in due parti: da una parte il Cpt dove i clandestini in attesa di riconoscimento non possono uscire; dall’altra il Cpa dove gli extracomunitari, che sono già identificati, possono uscire durante la giornata e rientrare la sera.
Sono emersi intanto altri particolare sulla fuga dell’altra notte. A tentare di scavalcare le recinzioni alte 4 metri, che si trovano nella parte posteriore della struttura, sarebbero stati un’ottantina su extracomunitari. La maggioranza di questi è stata fermata mentre tentava di salire sulla prima rete di recinzione. Una ventina di essi hanno tentato di scappare durante una gara di calcetto.
Durante la fuga sono stati otto gli extracomunitari che hanno riportato lesioni, nessun ferito invece tra le forze dell’ordine. Il più grave è risultato un egiziano che nella caduta ha riportato la frattura di entrambi i piedi. Per gli altri sono leggere contusioni agli arti.
E su quanto accaduto al Cpt di Gradisca (oltre al Sap di cui riportiamo a parte) è intervenuto il sindacato Coisp del Friuli Venezia sostenendo che «i Cpt sono divenuti centri ad alto rischio e che, pertanto, non ravvedendo energiche e definitive soluzioni da parte di questo Governo vanno chiusi prima che qualche agente o civile ci rimetta la vita». Il Coisp esprime la sua solidarietà alle forze dell’ordine impegnate l’altra notte nell’impedire la fuga dei clandestini e ritiene che la chiusura di questi centri sarebbe «una misura precauzionale perché i diritti umani di salvaguardia della salute degli immigrati non risultino, nel dibattito e nella realtà, ben lungi superiori ai diritti di tutela dello Stato nei confronti degli operatori di Pubblica Sicurezza».
di Franco Femia


Salta dall’ambulanza e scappa nella notte
Di ritorno dall’ospedale uno dei feriti si è gettato scalzo dal mezzo in corsa.
All’interno dell’ex caserma Polonio gli equilibri rimangono precari. Gli immigrati di altri Paesi non hanno voluto partecipare all’evasione.
Si era ferito ai piedi scavalcando il recinto del campo da calcio durante la rivolta organizzata assieme ai compagni.

È saltato fuori dall’ambulanza in corsa approfittando di una decelerazione del mezzo. Lo ha fatto in piena notte nel centro di Gradisca. Protagonista della rocambolesca azione è stato uno dei sei clandestini egiziani bloccati dagli agenti di polizia nella fuga dal Cpt messa in atto giovedì sera.
Dopo il salto di cinque metri dal recinto che delimita il campo da calcio, l’immigrato – di cui non si conosce il nome – si è procurato delle lesioni ai piedi. È rimasto al suolo fino al momento in cui la le forze dell’ordine non lo hanno soccorso.
Subito è apparso palese che per le cure mediche era necessario il trasferito all’ospedale civile di Gorizia.
Nonostante le lesioni, sulla strada del ritorno, il clandestino ha tentato il tutto per tutto. Approfittando della presenza di un semaforo, ha spalancato il portellone dell’ambulanza e, a piedi scalzi, si è gettato fuori dal mezzo come se impersonasse il ruolo del protagonista di un film d’azione. Il dolore lancinante non è bastato a fermare la sua corsa verso la libertà.
La fuga dei compagni che, sfruttando il fattore sorpresa, erano riusciti a scavalcare anche il secondo recinto è terminata ieri mattina all’alba. E ieri mattina, subito dopo la colazione, il gruppo egiziano rimasto all’interno del centro di permanenza temporanea ha provato nuovamente l’evesione.
L’azione di sfondamento di una porta ha avuto come unica conseguenza quella di portarli in un cul de sac presidiato da Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza. Gli agenti in tenuta antisommossa hanno arginato la fuga impedendo agli egiziani di scavalcare il recinto che delimita l’area di sicurezza alle spalle della palazzina adibita ai servizi.
Erano le 8.30 quando i fuggiaschi hanno abbattuto a calci un vetro che avevano già incrinato giovedì sera durante un’azione diversiva. Come già era accaduto durante la fuga del giorno prima gli ospiti di più vecchia data hanno cercato di convince i nuovi arrivati a non insistere ripetendo che sarebbe stato tutto inutile. Gli egiziani non hanno ascoltato e una volta aperta una breccia si sono riversati in una zona a fondo cieco con pareti trasparenti. All’esterno ad attenderli le forze di polizia. I due gruppi non sono mai entrati in contatto diretto.
Al grido di «Collu, collu» (Tutti, tutti») uno dei leader del gruppo ha cercato di coinvolgere anche gli immigrati degli altri paesi, i quali hanno declinato l’invito preferendo seguire l’azione da lontano senza venire coinvolti.
Dopo i primi tentativi, gli egiziani hanno capito che sulle pareti lisce senza appigli era impossibile arrampicarsi. Uno è comunque riuscito a raggiungere il tetto dal quale però non è stato in grado di saltare. C’è stato chi per sprezzo, con una sigaretta in bocca ha chiesto d’accendere a un celerino. L’agente però non ha reagito alla provocazione.
Grazie all’intervento di uno degli operatori della cooperativa Minerva che è riuscito a calmare gli animi facendo sedere i quasi trenta egiziani coinvolti nell’azione al centro dell’area occupata, dopo un’ora di tira e molla ha preso avvio una lu>nga trattativa tra i rivoltosi e i funzionari della Questura di Gorizia.
Il faccia a faccia è andato avanti fino alle 11.40 quando anche l’ultimo dei clandestini ha accettato di reintrare nella zona delle camerate con la promessa di un colloquio nel pomeriggio con il questore Claudio Gatti.
Dichiarare l’emergenza rientrata è ancora prematuro.
All’interno del Cpt la tensione è ancora alta. Anche perché gli ospiti più anziani non hanno gradito la confusione creata dal gruppo appena arrivato. Oltre all’inevitabile caos legato alla presenza lungo tutto il perimetro delle forze dell’ordine, molti ospiti sono rimasti per gran parte della mattina a stomaco vuoto a causa dell’interruzione della colazione. Oltre a ciò, le misure di sicurezza hanno comportato un’ovvia limitazione degli spazi e dei servizi.
In seguito a controlli accurati effettuati da parte del personale dell’ente gestore del centro di via Udine, nelle camerate sono stati recuperati alcuni frammenti del vetro andato in frantumi durante la carica della mattina.
Nell’eventualità avrebbe potuto essere utilizzato dagli egiziani come arma contro gli operatori o contro.


Il Comune: «Ma nessuno ci ha avvertito»
Fuori Gradisca sia il sindaco che il vicesindaco. Il consigliere di Rc Defend minimizza: «L’impatto del Cpt è impercettibile»
L’assessore Bressan: «Ho appreso soltanto dai giornali quanto accaduto»

È una Gradisca preoccupata, quella risvegliatasi il giorno dopo la notizia della rivolta con relativa fuga di un gruppo di extracomunitari dal Cpt di via Udine.
Dopo mesi, anni di sostanziale indifferenza nei confronti del centro immigrati, la cittadina si è improvvisamente trovata di fronte alle gravi problematiche connesse alla presenza della struttura sul territorio. Problematiche dovute al progressivo mutamento delle funzioni dell’ex Polonio, che alla natura di Centro di temporanea permanenza si è vista affiancare le funzioni di polo di accoglienza per via dell’emergenza degli sbarchi di clandestini in Sicilia e la conseguente saturazione delle strutture del Meridione.
E all’orizzonte lo scenario non si fa affatto più roseo, con la futura apertura del Cdi – centro di identificazione per richiedenti asilo – da 150 posti che andranno ad aggiungersi ai 248 del Cpta.
La fuga dal Cpt ha colto Palazzo Torriani ancora avvolto dalle ferie. In vacanza il sindaco Franco Tommasini,il palazzo comunale è retto in questi giorni dall’assessore Paolo Bressan. «Ho saputo di quanto accaduto al Cpt dai giornali – ci ha detto – nessuno ha pensato di segnalare il fatto all’amministrazione comunale. Mi sono recato dinanzi al Cpt ma ho visto che tutto era tranquillo. Certo che quanto successo al Cpt sarà esaminato dalla giunta nei prossimi giorni al ritenuto dal sindaco, anche perché c’è il pericolo che episodi del genere possano ancora accadere soprattutto ora che il Cpt è aumentato notevolmente la presenza di immigrati».
Fuori Gradisca anche il vice sindaco Sergio Bianchin, impegnato in Sicilia per lavoro, che abbiamo comunque raggiunto per telefono. «Ho appreso con preoccupazione quanto avvenuto – il suo breve commento di Bianchin – e la sensazione è che prima o poi qualcosa di simile sarebbe successo. La struttura in questo momento è in piena emergenza e gli operatori si ritrovano a gestire grandi numeri con tutto quel che ne può conseguire in termini di sicurezza». Dentro e fuori da quelle mura.
Preoccupazioni che erano state espresse anche dal sindaco Tommasini subito dopo l’arrivo dei primi clandestini da Lampedusa. «Comprendiamo perfettamente l’emergenza del Viminale – aveva detto il sindaco -, ma da parte nostra non possiamo che ribadire la nostra contrarietà a qualunque tipo di centro, per ragioni umanitarie e per l’impatto su un piccolo centro come il nostro».
«Non sappiamo se e quanto durerà questa situazione, né quali trasformazioni siano eventualmente in cantiere per il Cpt una volta terminata tale fase – aveva aggiunto Tommasini -. Una cittadina come Gradisca non ha le risorse strutturali e culturali per fare fronte all’impatto di una seconda struttura come il Cid». Struttura che a differenza del Cpt (che ospita persone colpite da decreto di espulsione), ma al pari degli ospiti destinati alla prima accoglienza, non è detentiva ma anzi prevederebbe per gli immigrati il solo rientro serale.
E proprio questo inizia a preoccupare residenti e commercianti. «Ricordate a Cervignano? Esisteva una struttura di accoglienza e gli episodi di criminalità erano aumentati a dismisura. Vorremmo qualche garanzia, invece persino le forze dell’ordine protestano perché non hanno risorse umane sufficienti per la sorveglianza», afferma un esercente del centro storico.
Invita ad una riflessione più cauta Greta Defend, consigliere comunale di Rc: «Inutile creare allarmismi inutili e preconcetti – dice -. Avere pregiudizi nei confronti degli immigrati non porta a nulla. Possiamo discutere sulla natura del Cpt, ma l’impatto su Gradisca mi pare sinora sia stato impercettibile».
l.m.


«Inadeguato il servizio di vigilanza»

Il personale nel Cpt è «al minimo storico dalla sua apertura: sono state sottratte ulteriori 10 unità dal dispositivo di vigilanza dirottate verso le impellenti necessità del campionato di calcio»: ad affermarlo è il Sindacato autonomo di Polizia (Sap) di Gorizia. Il Sap sottolinea inoltre che in concomitanza con questa riduzione del personale c’è stato «il raggiungimento della capienza massima del Cpt: in questo scenario si è manifestata la prima evasione di gruppo che solo grazie alla professionalità e alla prontezza degli operatori non ha avuto conseguenze anche per gli stessi. Si sono vissuti momenti di alta tensione causata da ciò che il Sap va da tempo asserendo: l’inadeguatezza del servizio di vigilanza e l’assenza di una forza di pronto impiego nell’ambito delle 24 ore. Per fortuna nessuno si è fatto veramente male ma riteniamo che non ci si possa affidare ancora alla fortuna».
Secondo il Sap «c’è da rivedere tutto il dispositivo in essere al Cpt, dal nucleo dell’Ufficio immigrazione al servizio di vigilanza giungendo – conclude la nota – all’attivazione di un posto per il fotosegnalamento degli immigrati».