I rappresentanti del governo italiano in carica hanno da mesi alimentato nell’opinione pubblica il convincimento di un sostanziale contenimento dell’immigrazione clandestina.
Dopo una serie di dati esposti in Parlamento dal sottosegretario Mantovano,la campagna elettorale di Berlusconi si è basata anche sulle cifre relative all’aumento delle espulsioni ed alla diminuizione degli sbarchi. Nel frattempo si è ulteriormente estesa l’attività diplomatica nei confronti dei paesi di transito e di provenienza dei flussi illegali, anche quando questi paesi erano caratterizzati da regimi autoritari, come la Turchia e la Tunisia, e non garantivano il pieno riconoscimento del diritto di asilo e degli altri diritti umani previsti dalle Convenzioni internazionali in favore di tutte le persone, anche se migranti clandestini.
Adesso i fatti stanno smentendo l’arroganza di chi ritiene di potere bloccare l’immigrazione clandestina ricorrendo esclusivamente a misure di polizia, al respingimento ndiscriminato, talvolta a vere e proprie espulsioni
collettive, vietate anche dalla Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dell’uomo, e dalla Carta di Nizza.
Mentre appare imprecisato il numero di “overstayers”, migranti entrati con visti brevi a tre mesi di scadenza, ma rimasti in condizioni di irregolarità sul nostro territorio dopo la scadenza del visto, è di nuovo in aumento il numero dei disperati che rischiano la vita nel canale di Sicilia per
cercare di entrare in Europa. Sono per lo più africani, potenziali richiedenti asilo, spesso Sudanesi in fuga dall’inferno del Darfur, o Somali e Liberiani,ai
quali viene negato persino l’accesso alla procedura, e trattati come comuni “clandestini” ( con relativa espulsione), quando non sono respinti in mare verso le acque tunisine o libiche, e li presi in consegna dalle autorità locali.
Adesso è di nuovo emergenza a Lampedusa, la novità è soltanto che stanno arrivando anche donne e bambini. Il CPT locale sta di nuovo scoppiando “accogilendo” oltre trecento persone, quando non potrebbe ospitarne più di centoventi, il CPT di Agrigento è al collasso, ed ancora in attesa dell’ennesima ristrutturazione,
i CPT di Trapani sono chiusi, e non funziona neppure il centro di identificazioni.
Ancora decine di deportazioni verso altre strutture detentive in Calabria e in Puglia, il rischio di espulsioni immediate con vere e proprie espulsioni collettive, la negazione del diritto di asilo e di protezione umanitaria, nel migliore dei casi una procedura di asilo lunghissima, oltre diciotto mesi, senza alcuna assistenza o possibilità di lavoro e di ricongiungimento
familiare.
Invitiamo ancora una volta tutte le agenzie umanitarie a monitorare la condizione dei migranti trattenuti nelle strutture detentive italiane, a verificare il pieno riconoscimento del diritto di asilo, nella ampi accezione prevista dall’art. 10 della nostra Costituzione, ed a denunciare tutti i casi di
abusi e di violazione delle Convenzioni internazionali ai danni dei migranti e delle loro famiglie.