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Message in a bottle

Eraclea Minoa, Agrigento (16 agosto 2015)

Agrigento – Questa volta sono 49 i morti, per soffocamento, hanno inalato combustibile. Erano dentro la stiva di un barcone di 14 metri a 21 miglia dalla Libia. Circa 400 le persone che si trovavano a bordo dell’imbarcazione.

E’ un’immagine atroce, che fa accapponare la pelle. Ma è un’immagine che si aggiunge, frame dopo frame, strage dopo strage, ai tanti altri morti, che diventano numeri. Un bilancio lo aveva fornito nei giorni scorsi l’OIM (Organizzazione internazionale per le migrazioni), descrivendo questo tratto di mare, il Canale di Sicilia, “la rotta più mortale al mondo” (dall’inizio dell’anno, circa 102mila migranti hanno attraversato il Canale di Sicilia).

E’ un bollettino di guerra: sono 2.300 i migranti morti nel tentativo di attraversare il Mediterraneo, afferma l’OIM. “Il numero di migranti e i richiedenti asilo che sono arrivati in Europa via mare finora, nel 2015, si avvicina a 250.000”.

E la morte di quelle donne, quegli uomini, quei bambini, porta con sé la sofferenza e il dolore delle loro famiglie, dei loro amici, di chi è rimasto.
E’ il prezzo che l’Unione Europea, la “politica” e i suoi rappresentanti sta facendo pagare per quelle scelte coraggiose e inevitabili, a chi esercita il diritto a fuggire, ad andarsene dal paese dove si è nati, e dove potremo essere nati anche noi.

Qui, mentre guardo dalla spiaggia il tramonto dell’ultimo giorno del mio viaggio in Sicilia davanti a questo tratto di mare, a poche ore dall’ultima strage, mi chiedo se, chi ha il potere di decidere sulle nostre vite, sentirà, prima o poi, il peso di quei 2.300 corpi, e di quelli che purtroppo si aggiungeranno, come un macigno sulle loro coscienze.

Barbara, Eraclea Minoa – AG (16 agosto 2015)