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Messico – La Carovana Migrante sta già avanzando verso il nord del paese

En El Camino - 10 novembre 2018

Photo credit: Fernando Santillán

Città del Messico – Il tempo è finito. Dopo quattro giorni trascorsi a Città del Messico, la Carovana Migrante ha ripreso la marcia verso nord, dopo aver atteso invano una facilitazione nel trasporto.

Giovedì sera hanno votato, per alzata di mano, per lasciare la sicurezza del rifugio improvvisato, la certezza di avere a disposizione del cibo e il riparo offerto dalle organizzazioni internazionali. “Non vogliamo altre tortillas!”, hanno urlato nella notte in cui hanno deciso di lasciare Città del Messico.

Photo credit: Fernando Santillán
Photo credit: Fernando Santillán

Perchè questi centroamericani, che hanno sorpreso il mondo con la loro Carovana, non vogliono vivere di beneficenza o di buone azioni: quello che vogliono è lavorare, mettere radici in un posto diverso dai paesi da cui fuggono.

Devo mandare soldi alla mia famiglia, non posso stare qui in vacanza.. devo andare avanti”, ha detto una donna partita questo venerdì, con il resto della Carovana.

All’ultimo minuto, quando ormai era già l’alba di venerdì, la maggior parte dei migranti ha posticipato la partenza al sabato, in attesa di una soluzione limite per garantire il trasporto a donne e bambini. Circa in 600 non hanno aspettato nessuno e hanno iniziato a recuperare le loro poche cose alle 5 del mattino.

A poco a poco si sono svegliati tra grida che scandivano “Andiamo, andiamo!”. Alcuni, rimasti a Città del Messico, rispondevano rannicchiati tra le coperte “Vai, Vai!”.

La rotta per raggiungere gli Stati Uniti – così hanno stabilito – passerà attraverso Tijuana, il punto più lontano da raggiungere da Città del Messico, ma anche il più sicuro.

La maggior parte dei giovani che viaggiano soli preferiscono percorsi più brevi e rischiosi, come quelli che attraversano lo Stato di Tamaulipas. Ma alla fine la Carovana ha optato per l’alternativa meno rischiosa per neonati, bambini, donne e anziani.

Photo credit: Fernando Santillán
Photo credit: Fernando Santillán

Le tappe

Giovedì, nel tardo pomeriggio, un gruppo di migranti ha marciato verso la sede in Messico dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani per sollecitare il trasporto fino al confine, avvertendo che se tale sostegno non ci fosse stato avrebbero rimosso tutta la cooperazione internazionale dal rifugio.

Dopo l’incontro, i migranti hanno concordato di concedere alle Nazioni Unite un margine temporale di 48 ore per trattare con le autorità competenti. Tuttavia, l’assemblea che poi si è svolta nella notte all’interno del rifugio ha stabilito di continuare il viaggio “con o senza camion”.

Dopo quattro giorni trascorsi nella capitale del paese, all’interno del rifugio la disperazione era un sentimento diffuso. I migranti hanno appreso che le agenzie internazionali, le istituzioni governative cittadine, le commissioni per i diritti umani e persino le organizzazioni della società civile stanno conducendo un lavoro di trattativa finalizzato a rallentare la loro marcia verso nord. Ma loro non sono disposti a fermarsi. Non vogliono assistenza, vogliono un lavoro e una vita dignitosa.

Le madri hanno chiesto all’assemblea di proseguire attraverso la rotta di Tijuana, perché è la più sicura. Hanno anche chiesto agli uomini della Carovana di restare assieme a loro senza procedere troppo, per non lasciare indietro donne e bambini; è stato così concordato che la prima occasione per aiutare madri e bambini sarebbe stata alla stazione di partenza di Querétaro.

Photo credit: Fernando Santillán
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L’avanzata

Questo venerdì, alle prime luci dell’alba i migranti hanno lasciato il centro sportivo Magdalena Mixhuca con i loro zaini, le loro borse, le loro valigie. Inizialmente sembrava che fossero appena una manciata, ma a poco a poco hanno iniziato a premere sempre di più, fino a che la metro non è stata praticamente riempita dalla Carovana.

– Ti stai portando dietro del cibo? Gli viene chiesto.

– Non più di quello che ho mangiato ieri sera – dice l’hondureño Martín Rodríguez, 18 anni, mentre si dà delle pacche sullo stomaco.

Rodríguez dice di aver lasciato i suoi genitori, già vecchi, e le sue tre sorelle minori. Lì a casa, dice, erano molto tristi per la sua partenza. Sua madre piangeva, lo ha pregato di non andarsene, di continuare a lavorare come contadino nella raccolta di pomodori e cetrioli. Lui, principale fonte di sostentamento per la famiglia, non ha esitato: si è unito alla Carovana che avrebbe raggiunto gli Stati Uniti, come dicevano i notiziari. Ha preso il suo zaino, ha salutato i suoi familiari e ha promesso loro di moltiplicare il suo aiuto.

Photo credit: Fernando Santillán
Photo credit: Fernando Santillán

Qualcosa di simile è accaduto a Sergio Alfaro, 19 anni. Solo che lui ha già oltrepassato il confine con gli Stati Uniti quando di anni ne aveva appena 16. È stato deportato di recente, e quando ha visto che c’era una Carovana pronta a lasciare il paese ha deciso di unirvisi. Prima di lasciare Città del Messico, il ragazzo racconta che i 200 dollari che aveva risparmiato per l’intero viaggio gli sono stati rubati mentre dormiva.

Carlos Castillo è giovane, forte, e sa come arrivare negli Stati Uniti. Inoltre assicura che ha già un lavoretto per quando arriverà in Connecticut. Il suo unico problema è che da 20 giorni ha una febbre infernale e oggi, mentre lascia Città del Messico, non smette di sudare nonostante il freddo dell’alba. È perplesso, perché dice che ieri gli hanno fatto un’iniezione che però non ha funzionato. Lungo la rotta chiederà alle ambulanze che incontrerà se possono fargli un’altra iniezione.

Photo credit: Fernando Santillán
Photo credit: Fernando Santillán

Il viaggio di questi 600 appena ripartiti, i più forti, è iniziato con un tragitto in metropolitana, poi è proseguito con una camminata di diverse decine di chilometri, combinata a “passaggi” offerti da alcuni camionisti. Qualcuno che era di strada ha dato loro del denaro.

Di notte, quando i primi rifugiati sono arrivati al centro di Querétaro, l’Organizzazione delle Nazioni Unite ancora non aveva fornito risposte sulla richiesta dei migranti di avere dei camion per rendere più sicuro il viaggio.

Ciò che manca ora della rotta è il tratto più lungo e, secondo molti, il più difficile per restare coesi.