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A cura di Giovanna Gasparello da Città del Messico

Messico-Usa: di muri e di frontiere!

Mille km di barriera anti-immigrati per nascondere la paura xenofoba

Lo scorso 18 dicembre, Giornata Internazionale del Migrante, la camera statunitense ha approvato con due terzi dei voti l’iniziativa di Legge di Protezione della Frontiera, Antiterrorismo e Controllo dell’Immigrazione 2005, presentata dal presidente della Commissione Giuridica James Sensenbrenner.
Il progetto, che il prossimo gennaio sarà discusso al Senato, prevede una serie di misure che ledono i più elementari diritti umani e le più comuni norme del buon senso, umano e politico.

Mille 116 km di barriera anti-immigrati si aggiungeranno al muro già esistente lungo la frontiera Messico-Stati Uniti, nelle regioni dove è più alto l’ingresso di migranti: sono le zone urbane tra Tecate e Caléxico, in California; Columbus, nel Nuevo México, e El Paso, Laredo e Brownsville in Texas.
Un muro doppio, elettrificato e illuminato, dotato di telecamere e sensori a raggi infrarossi per individuare la presenza umana attraverso il calore emesso dai corpi, circonderà le città nell’illusione di rendere impermeabile il territorio statunitense.
Questo sarà vigilato con aerei non pilotati ed altri mille agenti che si aggiungeranno agli 11mila che attualmente compongono la Bordrer Patrol, la guardia di frontiera, assieme ai gruppi paramilitari statunitensi che, illegalmente ma con l’appoggio di politici e governatori, pretendono proteggere il territorio dall’invasione latina.

L’ampliamento del muro “fronterizo”, che tra le misure previste nel progetto di legge è quella che conta con l’appoggio più convinto del presidente Bush, altro non farà che spingere i trafficanti di migranti, i cosiddetti polleros, a cercare le strade più tortuose e pericolose, attraverso le montagne e il deserto, oppure attraversando il Rio Bravo, condannando i migranti al rischio di morire disidratati, congelati o affogati.
Attualmente, i morti nel tentativo di attraversare la frontera norte rappresentano una realtà quotidiana: dal 1° gennaio 2005 ad oggi la Guardia di Frontiera ha registrato 464 migranti morti, cifra record e che purtroppo non tiene conto dei corpi che vengono ritrovati dopo mesi o anni, o che non verranno mai ritrovati.
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La lotta contro l’immigrazione cosiddetta “illegale” rappresenta ormai per il governo statunitense un secondo fronte della guerra contro il terrorismo; nella versione attualizzata del conflitto di civiltà la minaccia latina è diventata un capitolo annesso della crociata contro l’Islam, l’aspetto più crudele (poiché colpisce un settore enorme della popolazione statunitense effettiva) dell’ossessione xenofoba che i governi di destra cercano di inculcare nella gente.
Fortunatamente, secondo un’inchiesta citata dal Washington Post e dalla ABC, il 58% della popolazione statunitense concorda con le organizzazioni umanitarie e le associazioni latine nel condannare in toto la politica migratoria di Bush ed in particolare l’iniziativa di legge Sensenbrenner.

Andando in senso opposto rispetto ai negoziati tra Messico e Stati Uniti che negli ultimi mesi stavano discutendo un programma di lavoro temporaneo (dai tre ai sei mesi) per facilitare l’immigrazione legale, la nuova iniziativa pretende di trasformare in reato penale la permanenza “illegale” negli Stati Uniti, di modo che diventerebbero delinquenti, passibili di essere incarcerati, più di 11 milioni di migranti che attualmente vivono e lavorano nel paese nordamericano.
La criminalizzazione si estenderebbe anche a tutte le persone e organizzazioni di solidarietà che offrono aiuto umanitario, assistenza legale o medica ai migranti, mentre si limiterebbe l’accesso ai tribunali federali per coloro che volessero fare appello contro gli ordini di espulsione, che verrebbero agevolati ed accelerati.

Di fronte ad una tale posizione statunitense, qualunque accordo migratorio razionale ed umano tra Messico e Stati Uniti diventerebbe impossibile; non la pensa così il fedele presidente messicano Fox, che in un malriuscito tentativo di equilibrismo politico ha dichiarato che il muro è un segnale di fiducia che il prossimo anno si raggiungerà un buon accordo migratorio.
Il vergognoso servilismo è stato mitigato (senza troppa decisione) nei giorni seguenti dal Ministro degli Esteri Derbez, che ha definito la legge anti-immigrati “miope”, e dal presidente della Camera dei Deputati del Messico, che ha annunciato oggi di promuovere un fronte parlamentare unico tra tutti i paesi latino-americani contro il Congresso statunitense.

L’imbecillità politica del governo messicano appare evidente nel non saper rivendicare l’enorme importanza dei migranti latino-americani, e messicani in particolare, per l’economia del vicino del nord, e nemmeno valorizzare adeguatamente il valore imprescindibile delle remesas, i soldi inviati dai migranti alle loro famiglie in Messico (che nel 2005 saranno 20 milioni di dollari), per l’economia messicana, secondo l’assioma neoliberista che il denaro circola ovunque liberamente mentre le persone vengono rinchiuse dietro innumerevoli muri, sbarre e barriere.
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Ma ancora più grave appare l’ipocrisia politica del governo di Vicente Fox, denunciata dalla Commissione Nazionale dei Diritti Umani, che ha reso pubblico oggi il Rapporto Speciale sulla Situazione dei Diritti Umani nelle Stazioni Migratorie, ossia i centri di detenzione per migranti presenti in territorio messicano, soprattutto nelle zone di frontiera.
Mentre finge di protestare contro la posizione statunitense, il Messico compie per gli stessi Stati Uniti il lavoro più sporco, intercettare, arrestare e deportare i migranti messicani e provenienti dagli altri paesi latino-americani, e soprattutto centroamericani.
Nelle Stazioni Migratorie, denuncia la Commissione, i migranti sono soggetti a persecuzioni, abusi e torture da parte di polizia e militari; in secondo luogo, nella maggior parte degli stati messicani i migranti sono rinchiusi nelle carceri: in questo modo il Messico considera criminali le persone che entrano illegalmente nel paese, come vogliono fare gli Stati Uniti con la nuove legge, denuncia la Commissione Nazionale dei Diritti Umani.
Così come la Camera statunitense sta spingendo verso misure estreme di sicurezza nella sua frontiera sud, il governo messicano già de tempo ha stabilito accordi mirati ad arrestare il flusso migratorio che proviene dal Centroamerica, senza nessuna garanzia che si rispettino, nella pratica, i diritti umani fondamentali.
In questo contesto, la frontiera sud, ovvero quella che divide il Chiapas dal Guatemala, rappresenta per gli Stati Uniti ciò che per l’Europa rappresentano i paesi del nord-Africa, Tunisia e Marocco: luogo dove i migranti vengono fermati e rimpatriati senza nessun controllo e garanzia, terra di nessuno in cui le violazioni ai diritti umani più elementari sono permesse e incontrollate.