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da Liberazione dell'11 gennaio 2005

Migrante si getta dal secondo piano: non voleva tornare nel centro di detenzione

Teatro della tragedia l'ospedale di Lametta Terme, dov'era ricoverato

Il bollettino medico lascia poca speranza: “Coma quasi irreversibile”.
Nessuna possibilità di intervento chirurgico. Si consuma così la vita di Said Zigoui, 45 anni, marocchino catturato e rinchiuso nel Centro di permanenza temporanea “ Malgrado tutto” di Lametia Terme.
Stava male Said, soffriva di forti dolori addominali, tanto che il 7 gennaio, dopo una radiografia, ne avevano disposto il ricovero in ospedale. Le cause? Difficili ora saperle. Probabilmente autolesionismo, il sospetto che abbia ingoiato lamette è forte. Di certo c’è che non voleva resta nel Cpt: si è lanciato dal secondo piano dell’ospedale in cui era ricoverato per non doverci più tornare. Danni celebrali gravi e lesioni interne, diceva il primo referto. E’ servito un elicottero per portarlo a Messina nel reparto di rianimazione del policlinico dove i medici ieri sera erano già pronti al peggio.
Raffaello Conte, responsabile dell’ente gestore, che si proclama uomo di sinistra, parla del “suo” centro come di un paradiso, una comunità in cui reclusi e secondini giocano e si divertono ad ogni ora del giorno.
Il “Malgrado tutto” sorge a pochi chilometri dalla città, in un luogo verde e isolato: sbarre e cancelli d’ordinanza a rinchiudere una settantina di persone in una palazzina a ferro di cavallo. Tre anni fa il deputato del Prc Giovanni russo Spena, dopo l’ennesima visita, aveva presentato un esposto alla Procura della Repubblica per chiederne la chiusura. L’esposto era stato firmato da diversi esponenti della società civile.
Lo scorso anno, Medici Senza Frontiere era giunta, dopo un attento esame, alle stesse identiche conclusioni: il centro, un tempo comunità di recupero per tossicodipendenti, non offriva le garanzie adatte per il rispetto dei più elementari diritti umani.
Durante l’estate c’era stata un’altra visita di parlamentari, una visita annunciata. Tutto era tirato a lucido, il gestore si era presentato come un modello di coerenza: “A me questo centro lo ha fatto aprire la sinistra e ora mi chiede di chiuderlo. Lo faccio volentieri a patto che il lavoro degli operatori non venga messo a rischio. E comunque questo è diverso dagli altri centri. Qui potete entrare quando volete, non abbiamo nulla da nascondere”.
E poi un parlare e parlare continuo, sorvolando o non rispondendo sulle carenze, tentando di dare scarso significato al giro di denaro che la gestione di un centro permette e comporta.
Un luogo attorno a cui è rimasto un muro di vergognoso silenzio: all’esposto non è mai giunta alcuna risposta. Non risulta avviata alcuna indagine ministeriale. Restano le voci. Quelle di chi dice di aver sentito Raffaello Conte ironizzare: “ Si mangiano le lamette, ma ormai siamo in grado di capire se stanno male o fingono e facciamo ricoverare solo i più gravi”. E poi l’utilizzo di psicofarmaci per calmare i reclusi. La stessa solita solfa “ Sono loro che ce li chiedono”.
D’altronde come restare 60 giorni in un posto del genere, dove la tensione è palpabile e sotterranea, in cuoi si aggirano strani figuri spacciati come imam o come interpreti? Altro che paradiso. Per questo Said non ci voleva tornare.
E mentre il 2005 ci regala la prima vergognosa vicenda legata alle galere etniche, sono ripresi gli sbarchi a Lampedusa. Un barcone di 15 metri con a bordo 220 migranti, di cui 65 minorenni e 2 donne, è stato intercettato a 12 miglia dalla costa col motore in avaria. Le persone a bordo sono state portate nel Cpt lampedusiano in attesa di essere rimpatriate.

Stefano Galieni