Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 3 dicembre 2004

Migranti, democrazia a bassa quota

di Cinzia Gubbini

Grandi manovre sono in atto intorno a quello strano meccanismo che va sotto il nome di «flussi di ingresso per lavoratori extracomunitari». Stiamo parlando dell’unico modo (legale) attraverso cui uno straniero può venire a vivere in Italia: il governo stabilisce ogni anno una quota di lavoratori extracomunitari, i datori di lavoro presentano una domanda per farne entrare uno o più in Italia (impegnadosi a trovare loro casa e a pagare il viaggio di ritorno). In principio fu la legge Turco-Napolitano, e il sistema già mostrava le sue crepe. Poi è arrivata la legge Bossi-Fini e il meccanismo si è perfezionato: vie preferenziali per il lavoro stagionale e le badanti, selezione massiccia delle nazionalità, scarsissima attenzione per il lavoro subordinato e autonomo. A metà novembre, il governo è stato costretto a qualche passo indietro. Attraverso due circolari, pubblicate tra ottobre e novembre, il ministero del Welfare ha annunciato la decisione di «redistribuire» alcune quote avanzate dal decreto flussi di gennaio. Dato che le regioni protestano perché le quote per ciascun territorio sono risultate scarse – solo 29.500 posti per lavoratori subordinati e autonomi, più 20 mila posti a maggio dedicati ai nuovi paesi membri – è lecito chiedersi: come è possibile che siano avanzati dei posti? Il fatto è che dalle quote per lavoro subordinato il governo ha deciso di «rosicchiare» una parte da dedicare alla costruzione delle «grandi opere» promesse dal governo. Dei 1.600 posti a ciò finalizzati ne sono avanzati 600. Lo stesso è successo per i 2.500 posti per i paesi che avrebbero stretto nell’anno accordi bilaterali con l’Italia. Ma non ne è stato siglato neanche uno (con l’esclusione della Libia), dunque quei posti «avanzano». Lo stesso è accaduto per i 2000 posti riservati, a gennaio, ai cittadini nigeriani in virtù della collaborazione della Nigeria nel rimpatrio per le donne vittime di tratta. Il mercato non ha gradito, e sono rimasti inutilizzati 1.400 posti. L’anno scorso accadde lo stesso per gli albanesi.

L’etnicizzazione delle quote

Con il centrodestra l’applicazione del decreto flussi – che prevede la possibilità di entrare solo per chi ha già un contratto di lavoro certo – è diventata ulteriormente selettiva: il governo non stabilisce solo quante persone possono entrare, ma anche chi. Le quote, infatti, sono ripartite scientificamente per nazionalità. Il criterio non è basato neanche sulle richieste del mercato, bensì sul mero accordo tra governi: l’Italia usa i lavoratori per premiare gli stati esteri che collaborano con Palazzo Chigi sul fronte della lotta all’immigrazione clandestina (criterio caro all’Unione europea). E anche adesso che si è giunti a una redistribuzione, il governo persevera, dettando dall’alto le norme per assegnare i posti liberi. Le quote avanzate dai mancati accordi bilaterali dovranno essere utilizzate per lavoratori agricoli non stagionali provenienti «prioritariamente» dalla Romania e dalla Bulgaria. Ciò che resta può essere distribuito come lavoro di badantato «in via preferenziale da Filippine, Ucraina e Romania». Le quote non occupate dai cittadini nigeriani vengono riservate a lavoratori albanesi, marocchini e moldavi.

«I numeri sono bassi per tutte le province – osserva il direttore della Direzione regionale del lavoro dell’Emilia Romagna, Patrizio De Robertis – Nonostante quelle per il lavoro stagionale siano state superiori, sul nostro territorio si sta costruendo una struttura di informazione tra i diversi comparti, per cui finita la campagna dei kiwi, si può cominciare quella delle pesche». De Robertis esprime bene il punto di vista dell’amministrazione: «L’ingresso dev’essere qualificato, bisogna capire che queste sono persone». Di conseguenza, una selezione delle nazionalità, «non si può far venire un lavoratore da Kiev se deve lavorare per 20 giornate». Infine, le «condizioni per dare un minimo del rudimento del lavoro quando sono nel loro paese. All’azienda non interessa sapere il nome e il cognome, quel che interessa è che siano davvero carpentieri». Un possibile sviluppo di questo discorso si può già saggiare sul sito www.welafre.gov.it. Cliccando su «Liste di lavoratori extracomunitari disponibili a lavorare in Italia» si può accedere a un servizio che permette di accedere ai lavoratori selezionati da Tunisia, Sri Lanka e Albania. Basta inserire una professione, un tot di mesi di esperienza richiesti, l’età, il sesso, e le lingue che il lavoratore dovrebbe saper parlare. Poi si schiaccia il pulsante ed esce il nome del candidato ideale. Dal punto di vista delle aziende e del mercato, uno strumento interessante.

Si assiste in modo del tutto strisciante all’imposizione di un modello: lavoratori provenienti da paesi considerati più prossimi culturalmente (molto est, ok per le Filippine, niente da fare per l’Africa) e da impiegare nei lavori stagionali o nei lavori di cura per le famiglie. Una gestione che oltretutto ha una ricaduta negativa sul mercato interno e sul «sistema Italia». Osserva ad esempio Marco Sordini della Direzione provinciale del lavoro di Roma, dove c’è una forte domanda di «badanti»: «E’ un settore in cui la selezione etnica è spietata: le famiglie cercano donne bianche, possibilmente cattoliche. E anche quando vengono regolarizzate, spesso sono condannate a riprecipitare nella clandestinità. Questo perché, ottenuto il permesso di soggiorno le donne, giustamente, non accettano più di stare 24 ore al giorno in casa, chiedono di poter portare i loro bambini, pretendono le ferie. D’altro canto, ormai, per la cura degli anziani l’alternativa all’istituzione totale è data dalle donne straniere segregate in casa. Questo modello ci precipita nel Medioevo dei servizi, e ci rende più conservatori perché non esistono i termini per porre il problema e inventare soluzioni nuove»

Un sistema che non funziona

Oltre al «badantato», la vera via preferenziale per le quote di quest’anno è stata assicurata all’agricoltura attraverso le quote per il lavoro stagionale. Qual è il risultato? Spiega Adriana Caronti, della Cgil di Vicenza: «Da noi è accaduto che diversi stagionali siano rimasti in Italia, lavorando al nero». Tra l’altro, l’etnicizzazione delle quote in alcuni casi ha danneggiato anche l’agricoltura: «Nella nostra provincia – continua Caronti – la raccolta delle fragole era curata dai lavoratori della Vojvodina, provincia serba;cancellati di colpo dai decreti flussi che hanno privilegiato altre nazionalità».

Ed ecco cosa si dice in Trentino, altra regione a forte richiesta di stagionali: «Da noi la domanda è molto forte per la raccolta di piccoli frutti e per i servizi turistici – spiega Antonio Rapanà, della Cgil di Trento – un tempo erano le donne e gli studenti che lavorano stagionalmente negli alberghi o nei ristoranti, ora non lo fanno quasi più. Perché sono lavori in cui si viene pagati poco, con scarse garanzie e senza alcuna prospettiva: i migranti, invece, essendo sotto ricatto sono disposti ad accettare quelle condizioni». Ma in Trentino «non c’è soltanto il lavoro stagionale. La richiesta di immigrati è fortissima anche nell’edilizia, nell’impresa artigianale, nel terziario povero, nella cura della persona. Il risultato è che da noi i “clandestini” stanno aumentando. Me ne accorgo dal fatto che ha ricominciato a girare la voce di una sanatoria alle porte».

Soltanto briciole

Il decreto flussi, da sempre, è l’occasione per regolarizzare lavoratori senza permesso di soggiorno già presenti sul territorio. Ma ormai perde piede persino questa spinta, per la difficoltà ad aggiudicarsi una quota del decreto flussi. Oltretutto, la recente distribuzione non andrà a calmierare le richieste del territorio: quelle presentate all’inizio dell’anno e non soddisfatte mantengono la precedenza. Il progetto padovano di Meltingpot (www.meltingpot.it), specializzato sull’immigrazione, commenta così la circolare relativa alla redistribuzione delle quote per le «grandi opere»: «Sono solo briciole. Chi ha già presentato da tempo la sua domanda di utilizzo del decreto flussi ha qualche briciola di speranza in più che l’esame della sua domanda venga effettuato prima che si esauriscano le quote disponibili».