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Migration Pact – Questa non è solidarietà, cresce solo l’accento sui rimpatri

Intervista all'Avv. Anna Brambilla di ASGI: “Le poche novità positive appaiono fragili e piuttosto misere”

Ieri a Bruxelles è stato presentato il nuovo patto europeo su migrazione e asilo, Migration Pact. Come era stato ampiamente anticipato sulla stampa, si basa su quattro punti principali, che sono: il superamento del regolamento di Dublino per diminuire la pressione migratoria nei Paesi di primo arrivo; una maggiore condivisione tra gli Stati membri nel rimpatrio dei migranti irregolari nei loro paesi di origine; un maggiore sforzo dell’Unione nei salvataggi in mare e, infine, il rafforzamento del controllo dei confini esterni attraverso l’implementazione di Frontex, ovvero della Guardia di frontiera e costiera europea.
Abbiamo chiesto all’avv. Anna Brambilla di ASGI di darci una prima lettura del documento programmatico della Commissione soffermandosi sulle novità, se ci sono indicazioni positive in controtendenza rispetto al passato e sui principali limiti.

D. Il nuovo patto, pur non essendo un documento a forza di legge, quindi non determinando cambiamenti normativi, è di primaria importanza nell’introdurre visioni, concetti e approcci per gli anni a venire. Quali sono le novità più rilevanti rispetto alle politiche europee fino ad oggi praticate?

Il nuovo Patto Europeo sulla migrazione e l’asilo, presentato ieri a Bruxelles da Ursula von der Leyen (Presidente della Commissione Europea), Margaritis Schinas (vicepresidente della Commissione) e Ylva Johansson (commissario per gli Affari Interni), è un documento programmatico che consente di capire su quali linee si evolverà, o meglio si dovrebbe evolvere, la politica europea in materia di immigrazione e asilo e quali saranno gli atti normativi che l’Unione Europea adotterà per sostenere le scelte politiche effettuate.
Sebbene non sia possibile entrare nel merito di tutte le proposte avanzate, è tuttavia possibile formulare diverse considerazioni critiche anche a partire da quanto emerso nel corso della conferenza stampa.
Il nuovo Patto, presentato da Schinas come un palazzo, si sviluppa su tre piani e poggia su fondamenta già ampiamente gettate dalle politiche europee degli ultimi anni: cooperazione con i Paesi terzi per la gestione dei flussi migratori e la gestione delle frontiere, rafforzamento dei controlli alla frontiere esterne, procedure accelerate di frontiera e definizione di regole certe per lo svolgimento delle procedure di asilo ma soprattutto procedure di rimpatrio effettive.

In questo senso le soluzioni proposte, presentate come un nuovo inizio, sembrano ripetere delle scelte già effettuate e implementate in passato.

Non mancano alcune novità in parte già preannunciate nei giorni scorsi, in primis, i meccanismi di solidarietà da attuarsi in determinate situazione di crisi che tuttavia destano non poche perplessità non solo in termini politici ma anche di realizzabilità.
Accanto al già noto strumento della ricollocazione, infatti, la “solidarietà europea”, se così si può definire, potrà infatti attuarsi tramite la cd. sponsorizzazione dei rimpatri, consistente in un’assunzione di responsabilità, dell’esecuzione del rimpatrio dei cittadini stranieri destinatari di una decisione di rimpatrio. Uno Stato membro, a seguito ad esempio di un’operazione di ricerca e salvataggio in mare, potrebbe cioè scegliere se “concretizzare la propria solidarietà” accogliendo persone entrate in procedura di asilo oppure trasferendo cittadini stranieri per i quali è necessario procedere al rimpatrio assumendo la responsabilità dell’esecuzione dello stesso.

L’accento sui rimpatri è del resto sempre maggiore: sviluppo di un sistema comune europeo dei rimpatri, supporto operativo di Frontex, nomina di un coordinatore per i rimpatri e collaborazione con i Paesi terzi.

Si accentua inoltre il collegamento tra procedure di asilo e procedure di rimpatrio attraverso un pre screening della posizione individuale di tutti i migranti che attraversano la frontiera esterna in modo irregolare da svolgersi in tempi molto rapidi direttamente in frontiera, senza garantire il diritto all’accesso al territorio dell’Unione Europea, al fine di indirizzare la persona verso la procedura di asilo o verso quella di rimpatrio.
In generale, le poche novità positive annunciate, come la creazione di un meccanismo di monitoraggio indipendente di eventuali violazioni dei diritti umani ai confini, il superamento del sistema Dublino e l’apertura del confronto sulla migrazione regolare, appaiono fragili e piuttosto misere anche in termini numerici (un piano europeo per il resettlement che include solo 29.500 persone in due anni), inquinate da un linguaggio e da una retorica che dominano da troppo tempo la politica europea sulla migrazione e l’asilo.

D. Quali sono invece gli elementi di continuità rispetto alle linee guida dell’Agenda europea sulla migrazione del 2015?

A fronte di uno scenario europeo e mondiale in parte differente e nonostante la drammatica situazione esistente nelle zone di confine e lungo le varie rotte migratorie, il nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo rafforza alcune delle linee di sviluppo proprie anche dell’Agenda Europea del 2015.
La cooperazione con i Paesi terzi continua ad avere una forte centralità, strutturandosi attorno a cinque differenti aree: supporto ai Paesi d’origine e a quelli che ospitano rifugiati, creazione di opportunità di lavoro, lotta all’immigrazione irregolare e ai trafficanti, miglioramento dell’efficacia dei programmi di riammissione e di rimpatrio e sviluppo di nuovi canali di migrazione regolare.

Tradotto: più fondi per assicurarsi che le persone non partano e accordi di rimpatrio e riammissione.

E ancora. Le riforme del Sistema Comune Europeo di Asilo già annunciate dopo il 2015 vengono almeno in parte riprese non solo per quanto riguarda alcuni contenuti ma anche in termini di adozione di regolamenti al posto di direttive (Qualifiche e Procedure), con l’obiettivo di ridurre le differenze tra i sistemi di asilo nazionali, anche in termini di contenuto della protezione, e di contrastare i movimenti secondari, attraverso una sempre maggiore riduzione delle garanzie e dei diritti anche in termini di misure di accoglienza.
Allo stesso modo, come già evidenziato assumono sempre più centralità le procedure di frontiera e il sistema Hotspot, già testati in Italia e, soprattutto, in Grecia, si rafforzano ulteriormente i controlli in entrata, anche attraverso la raccolta di un sempre maggior numero di informazioni e di dati personali, si attribuiscono maggiori poteri alle Agenzie Europee che affiancano o, in alcuni casi, si sostituiscono ai Paesi membri con l’intento di rendere effettiva l’esecuzione delle operazioni di rimpatrio.

D. Come ASGI avete inviato alla Commissione un documento articolato in 10 punti con il quale chiedevate un mutamento di rotta verso un approccio più positivo che dia priorità ai diritti. Quanto è conciliabile il Migration Pact?

In vista della pubblicazione del nuovo Patto europeo sulla migrazione e l’asilo e a seguito della pubblicazione da parte della Commissione di una roadmap, ASGI, così come altre organizzazioni, aveva provato a contribuire al dibattito in corso formulando alcune proposte.
Se l’aumento dei canali di ingresso regolari, la riforma del Regolamento Dublino e il pieno funzionamento del Sistema Schengen appaiono essere in linea generale, almeno ad un primo sguardo, punti in comune tra le proposte formulate da ASGI e il contenuto del nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo, del tutto opposte sono le posizioni sulla cooperazione con i Paesi terzi, le procedure per l’esame delle domande di protezione internazionale, l’uso di concetti quale “Paese d’origine sicuro” e “Paese terzo sicuro”, la libertà di circolazione e le operazioni di soccorso e ricerca in mare.

Ma è soprattutto nel linguaggio e nel posizionamento complessivo che si registrano le divergenze maggiori.

La presentazione del Patto è stata costellata da dichiarazioni inaccettabili in ordine alla necessità di procedere alle operazioni di rimpatrio direttamente alla frontiera vista la difficoltà di procedervi dopo l’ingresso sul territorio nazionale, quando magari la persona si è sposata o ha iniziato un percorso di lavoro o ancora la necessità di superare strozzamenti e lacune e di rendere “prevedibili” i movimenti umani. A fronte di queste parole e della ancora attuale convinzione del primato del modello europeo le differenze, in termini di visione del mondo, appaiono inconciliabili.

D. Quali saranno ora i passaggi successivi?

La presentazione del Patto è stata accompagnata dalla pubblicazione di numerosi documenti che andranno letti ed esaminati in modo puntuale per capire nel dettaglio quali sono le riforme e per comprendere l’effettiva sostanza delle proposte formulate.
Sarà necessario monitorare la discussione sul Patto, che verrà presentato al Parlamento e al Consiglio Europeo, oltre naturalmente alla sua implementazione e seguire il percorso delle riforme normative proposte cercando di intervenire e di contrastarle ma soprattutto denunciare la pericolosità e l’impraticabilità di alcune delle soluzioni proposte.
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Per approfondire:
Cosa vogliamo nel nuovo patto Ue su migrazione e asilo, speciale a cura di ASGI

Redazione

L'archivio di tutti i contenuti prodotti dalla redazione del Progetto Melting Pot Europa.

Stefano Bleggi

Coordinatore di  Melting Pot Europa dal 2015.
Mi sono occupato per oltre 15 anni soprattutto di minori stranieri non accompagnati, vittime di tratta e richiedenti asilo; sono un attivista, tra i fondatori di Libera La Parola, scuola di italiano e sportello di orientamento legale a Trento presso il Centro sociale Bruno, e sono membro dell'Assemblea antirazzista di Trento.
Per contatti: [email protected]