Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Migrazioni in Italia, tra integrazione e segregazione

Interviste a Gianfranco Schiavone e Gianluca Nigro - Ics

La pubblicazione della raccolta di scritti di Dino Frisullo dal titolo “Con lo sguardo delle vittime” ci offre alcuni spunti per contestualizzare la legge Bossi–Fini nel percorso normativo delle immigrazioni in Italia.
Lo facciamo attraverso alcuni passaggi del saggio di Alessandro Dal Lago pubblicato su questo stesso volume e le interviste a Giangranco Schiavone e Gianluca Nigro del Consorzio Italiano Solidarietà (Ics).

Dal saggio di Dal Lago, dal titolo “Migrazioni e neo-colonialismo” riprendiamo alcuni punti, come ad esempio l’esistenza di una doppia strategia nel governo dei movimenti migratori. Nei paesi dominanti, anche con governi progressisti e democratici, è riscontrabile un doppio approccio politico: da un lato le retoriche pubbliche che prevedono integrazione degli stranieri e servizi multiculturali, dall’altro pratiche repressive di respingimento e detenzione. L’impianto normativo italiano dalla metà degli anni ’90 è stato infatti caratterizzato proprio da questa ambivalenza nella gestione delle politiche migratorie. Questo duplice atteggiamento porta inevitabilmente alla distinzione del corpo migrante in buoni e cattivi, dove i migranti buoni sono regolari e hanno dunque accesso all’integrazione e ai servizi previsti per gli stranieri, mentre i “clandestini”, ossia i cattivi, sono espulsi o segregati in centri di permanenza spesso definiti, in maniera ipocrita, di accoglienza.

Dal saggio leggiamo:
“La retorica del ‘multiculturalismo’, cioè dell’accoglienza dei ‘diversi’, funge ormai da legittimazione culturale del progressivo asservimento degli stranieri. (…) la retorica multiculturale traveste il problema delle migrazioni in termini ‘etnici’, culturali o religiosi. Gli stranieri perdono cioè la connotazione, che dovrebbe essere ovvia, di soggetti alla ricerca di chances di vita nell’economia globale, per acquistare quella convenzionale di propaggini di altre culture o di credenti di altre fedi. Ciò consente ad un ampio ventaglio di forze politiche di affrontare la questione delle migrazioni su tutti i piani tranne che su quello dei diritti.”(p. 117)

A Gianfranco Schiavone dell’Ics, abbiamo chiesto come si può interpretare questa ambivalenza, riscontrabile sia nei governi di centro destra che in quelli di centro sinistra.

Risposta: Noi l’abbiamo definita da sempre la logica del doppio binario: massimo rigore con chi non è regolare e disponibilità all’accoglienza con chi è regolare. E’ un approccio che si presenta all’opinione pubblica come accattivante. Il suo fondamento è invece erroneo. La legge infatti non spiega come il migrante regolare sia divenuto tale, ossia non indica il meccanismo vizioso che la regolarizzazione implica. I canali per l’ingresso regolare in Italia sono pochi, con la legge Bossi-Fini sostanzialmente inesistenti, questo significa che la condizione ordinaria del migrante è la clandestinità: non per scelta, ma per una condizione forzata. Il migrante si trova ad essere vittima e a vivere una situazione schizofrenica: se ha fortuna entra in un percorso di inserimento, se ha sfortuna conosce invece i Cpt ed entra quindi in un percorso di repressione e distruzione. La stessa identica persona può conoscere in Italia due condizioni diametralmente opposte. Questo significa che siamo in presenza di una legge che produce irrazionalità. Occorre affrontare seriamente la questione degli ingressi in Italia.

D: Qual è a suo avviso la modalità più indicata per la gestione degli ingressi regolari in Italia?

R: Si apre su questo argomento una questione complessa a cui la sinistra non ha ancora messo mano. C’è chi sostiene un’apertura generalizzata, e quindi una circolazione libera, e chi invece vorrebbe alcune norme di controllo. Io credo che alcuni fenomeni di controlli siano forse utili, purchè si superi la logica del flusso. In altre parole, gli ingressi non dovrebbero essere designati dai flussi ma dal possesso di alcuni requisiti. Se la persona che intende entrare in Italia dimostra alcuni requisiti come sapere cosa fare, sapere dove andare, avere la possibilità di potersi mantenere per un periodo iniziale o con mezzi propri o con il supporto di altri, allora io ritengo che il suo ingresso non debba essere determinato da quote. Si tratta di assicurare la possibilità di un incontro diretto e permanente fra domanda e offerta di lavoro. Allo stesso modo la persona entrata irregolarmente, ma che matura in Italia condizioni di regolarità, deve poter far valere queste condizioni in qualsiasi momento e non solo durante le sanatorie. Se questa politica venisse seguita ci troveremmo in una situazione diversa da quella attuale, dove l’irregolarità sarebbe un fenomeno marginale e di conseguenza affrontabile in maniera più serena.

Sempre l’Ics ha lanciato l’allarme per la costruzione di un nuovo centro di permanenza in Puglia. A Borgo Mezzanone, ci racconta Gianluca Nigro, si lavora giorno e notte per costruire un centro di detenzione da affiancare all’esistente centro di accoglienza per richiedenti asilo. La gestione sarà prevedibilmente assegnata alla Croce Rossa, già responsabile della struttura attigua esistente.

Risposta: La Puglia è come al solito terreno di sperimentazione. Attualmente, nel campo di Borgo Mezzanone, adibito a tutt’oggi a centro di accoglienza per richiedenti asilo, si sta costruendo una struttura interna che verrà utilizzata come Centro di permanenza temporanea. Il costo totale dell’operazione è a nostro avviso esorbitante, si parla di 3 milioni 250 mila euro. E’ prevedibile che la costruzione di questo centro implicherà problemi di gestione del campo stesso, nonché problemi di ordine pubblico. La struttura si prefigura a nostro avviso come centro di lesione dei diritti umani e per questo motivo ci auguriamo che la sua costruzione venga bloccata.

D: Esistono altre strutture simili in Italia?

R: No, questo è l’unico esempio di struttura bivalente, ossia centro di identificazione e centro di permanenza.

D: Com’è progettata la struttura?

R: Gli spazi sono molto ristretti e circondati da colonne di cemento e ferro. Temiamo che non vi siano gli spazi minimi che il vecchio regolamento dei Cpt della Turco-Napolitano prevedeva per la gestione dei Centri di Permanenza Temporanea, ossia l’accesso ad alcune garanzie costituzionali. Noi riteniamo che già la sola configurazione fisica di questo luogo possa ledere i diritti fondamentali.