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Milano – Condannato per aver detto la verità sul CPT di via Corelli

Intervista con Fabrizio Gatti - Corriere della Sera - “finto clandestino”

Era il 17 gennaio del 2000 quando Fabrizio Gatti, giornalista del Corriere della Sera, finse di essere un immigrato senza documenti per riuscire ad entrare nel centro di detenzione di via Corelli a Milano. L’unico modo per poter vedere e raccontare il vero volto del centro di detenzione per immigrati in attesa di espulsione.
Dopo tre anni di processo, Fabrizio è stato condannato a 20 giorni di reclusione per “falsa dichiarazione di identità”. Una pena superiore a quella richiesta dal PM al Tribunale di Lodi ovvero un’ammenda di 200 euro.

Il giornalista venne fermato dalla polizia e portato all’interno della Questura di Lodi dove fu preso a ceffoni, subì una perquisizione anale e fu costretto – sotto minaccia a firmare un verbale in cui rinunciava ad avvalersi di un avvocato. Poi fu trasferito nel CPT di via Corelli.

La vera identita’ Fabrizio l’avrebbe rivelata solo dopo 24 ore di permanenza nel centro, tempo sufficiente per raccontare tutta la verita’ sulle condizioni all’interno della struttura che in seguito fu chiusa temporaneamente per “ristrutturazione”.

Dopo pochi giorni, sempre a Milano. il 29 gennaio 2000 migliaia di persone parteciparono al corteo promosso dal c.s. Leoncavallo e dall’ass. Ya Basta, raggiungendo il CPT per chiederne la chiusura.

Nell’intervista – disponibile in formato audio – Fabrizio si dice sorpreso della condanna perché è un brutto segnale per la libertà di stampa e di informazione, come dimostra il clima attuale rispetto alla guerra in Iraq. Inoltre si dice amareggiato perché, in quattro anni, non è mai stato chiamato a testimoniare su quello che aveva visto, subito e denunciato. I ceffoni in questura, le minacce, le umiliazioni.

L’unica cosa successa è che la persona che ha denunciato la situazione – con cui quotidianamente i cittadini immigrati sans papiers si trovano a dover fare i conti – è stata condannata.