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da Il Corriere della Sera del 29 gennaio 2004

Milano – Immigrati, i permessi non bastano

Dopo la sanatoria, il governo ha varato i flussi degli immigrati per il 2004.
Premiati i Paesi che hanno collaborato con l’Italia nella lotta ai clandestini. Sono 79 mila gli stranieri che potranno varcare i confini con regolare permesso (50 mila stagionali e 29 mila lavoratori subordinati). Di questi, 2.800 in quota a Milano e Lombardia. Pochi, secondo sindacati, mondo dell’imprenditoria e forze politiche di opposizione. «Numeri insufficienti – dice Graziella Carneri, responsabile immigrazione della Camera del Lavoro – rispetto alle necessità delle imprese e delle famiglie. Queste restrizioni nelle concessione degli ingressi regolari favoriscono l’illegalità e il lavoro nero». Il provvedimento è entrato in vigore lo scorso venerdì, 23 gennaio, con la pubblicazione del provvedimento sulla Gazzetta Ufficiale. Le quote sono state così ripartite: 350 albanesi, 300 tunisini, 300 marocchini, 300 nigeriani, 250 cingalesi, 200 egiziani, 200 moldavi, 150 bengalesi e 100 pakistani. I rimanenti 650 spetteranno ad altre nazionalità.

«Meglio rispetto allo scorso anno – sottolinea Gabriele Messina, numero uno dei Ds per l’immigrazione -, ma insufficiente alle necessità delle ditte e delle famiglie milanesi. Forse, prima di ratificare il decreto, si sarebbero dovute ascoltare tutte le parti sociali. Non solo: questa legge tiene conto di chi entra per lavoro, ma non di coloro che potrebbero venire da noi in cerca di un mestiere, magari con i già collaudati sponsor. C’è comunque da augurarsi che agli sportelli dell’Ufficio provinciale del Lavoro di via Lepetit siano già pronti alla richiesta di domande».
Ma c’è chi parla persino di «legge che vanifica gli sforzi della Regione». Lo sottolinea Pierfrancesco Majorino, coordinatore cittadino dei Ds. «Formigoni aveva speso dei gran soldi – dice Majorino – per scuole di formazione di extracomunitari che venivano in Italia ad imparare un lavoro. Adesso, con la Bossi-Fini, non ha più senso. Così la destra con una mano progetta le politiche di integrazione e con l’altra le cancella».

In questi giorni davanti agli uffici provinciali ci sono state code. Chi arriva prima, vince. E, raggiunto il tetto dei 2.800 stranieri, gli sportelli chiuderanno. «Per assurdo – spiega un imprenditore bresciano – se mi servissero duemila persone, e avessi i nominativi di chi assumere, per la concorrenza ci sarebbe ben poco». In realtà, fino a ieri, l’Ufficio regionale del Lavoro, non aveva ancora stabilito le quote di ingresso per ogni singola provincia. «In base alle nostre previsioni – dice Carlo Sangalli, presidente della Camera di commercio, che proprio in questi giorni si trova in Argentina per rafforzare la cooperazione economica – nel 2002 le imprese lombarde avevano richiesto 23 mila dipendenti extracomunitari. Nel 2003, 29 mila. Una quota che possiamo pensare anche per quest’anno. Stimiamo che il 60 per cento delle richieste sia già presente in Lombardia, quindi il fabbisogno di occupazione si attesta sulle 11 mila unità. Non certo di 2.800».