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Milano – La residenza anagrafica è un diritto negato

Giovedì 29 giugno, Piazza della Scala dalle ore 16.00

Ben lontana dal costituire una questione esclusivamente burocratica, la residenza anagrafica costituisce in realtà un requisito indispensabile per poter usufruire di diritti sostanziali, spesso di rango anche costituzionale.

Essa costituisce infatti, ad esempio, presupposto necessario per:

  • l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale;
  • l’attestazione ISEE che consente l’accesso a condizioni agevolate a determinate prestazioni sociali o ai servizi di pubblica utilità, o il diritto di ottenere determinati sussidi economici previsti per le persone sprovviste di un reddito adeguato; l’accesso a rilevanti diritti sociali, tra i quali la partecipazione a bandi per l’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica e la concessione di sussidi per i canoni di locazione o l’acquisto della prima casa; usufruire di prestazioni previdenziali;
  • l’esercizio di diritti di partecipazione popolare all’amministrazione locale;
  • il conseguimento della patente di guida italiana o la conversione della patente di guida estera;
  • la scelta della scuola dell’obbligo nelle vicinanze del luogo di dimora;
  • gli allacci delle utenze quali luce, gas e acqua;
  • il rilascio della carta d’identità e le certificazioni anagrafiche varie, con tutto quel che ne consegue in termini di mancato accesso ai diritti che presuppongono la presentazione di documentazione, tra i quali non ultimo il diritto al conseguimento del diritto di cittadinanza, sia per residenza che per matrimonio.

Il diritto alla residenza anagrafica dei senza fissa dimora è riconosciuto fin dalla legge n. 1228 del 1954, modificata in parte qua dalla legge 15 luglio 2009 n. 94 e peggiorata, quanto alle occupazioni abusive di immobili, dall’art. 5 D.L. n. 47/2014 (convertito nella legge n. 80/2014, la cd. “Renzi-Lupi”).

Attualmente, tuttavia, il diritto alla regolare residenza anagrafica non viene nei fatti riconosciuto, né dal Comune di Milano né da altri sul territorio italiano a:

– cittadini italiani che siano privi di un alloggio stabile (perché ad esempio in difficoltà economica o per scelta di vita) o di alloggio “regolare” (in quanto alloggianti in stabili occupati, senza titolo: per l’art. 5 del D.L. 28.3.2014 n. 47 “Misure urgenti per emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015”, chiunque occupi abusivamente un immobile senza titolo non può chiedere la residenza né l’allacciamento alle pubbliche utenze in relazione a quell’immobile);

– cittadini extra UE presenti sul territorio milanese titolari di permesso di soggiorno che si trovino nella medesima condizione abitativa di cui al punto che precede (senza fissa dimora o occupanti abusivi);

– cittadini extra UE presenti sul territorio milanese che non siano titolari di permesso di soggiorno.

Non può dirsi società civile quella che nega diritti essenziali a una così estesa fascia di popolazione, di diritto o di fatto presente sul proprio territorio, e che consente che tali soggetti diventino persone “invisibili” e prive di diritti così essenziali e per lo più costituzionalmente garantiti, quali in primo luogo quello alla salute.
La scelta, certo, non è neutra e dipende dalla volontà specifica di minimizzare sia i costi del welfare che le possibilità concrete di accesso; la marginalizzazione delle persone in condizioni di criticità sociale risponde a un’idea di società secondo cui la solidarietà non è un valore ma un peso, più o meno ingente, da determinare secondo convenienze ragionieristiche.

Ciò è tanto più grave in quanto tale situazione, di costruzione “burocratica” con effetti sostanziali, colpisce, appunto, le fasce sociali a maggior rischio di povertà ed emarginazione e quindi maggiormente bisognose di assistenza. Detta situazione è tanto più odiosa e paradossale in quanto deriva dalla contraddittoria negazione della titolarità formale di un diritto, pur a fronte della sussistenza della corrispondente situazione di fatto (la presenza stabile sul territorio del Comune), esattamente come accade per il permesso di soggiorno sul territorio nazionale, negato ai cittadini extra UE soggiornanti di fatto, anche da anni, sul territorio stesso.

Peraltro, privare della minima assistenza garantita ai cittadini residenti le persone sopra descritte non giova neppure alla tanto predicata esigenza di sicurezza pubblica. Né le casse comunali si giovano dell’abbandono a una progressiva degenerazione della condizione socio-economica e sanitaria; a conti fatti, si sostengono maggiori costi anche sociali rispetto a quelli che deriverebbero da una adeguata politica di assistenza e gestione preventiva.

Si tratta di uno dei tanti casi in cui l’ideologia neo-liberista, travestita di pragmatismo, rivela i suoi “veri” obiettivi, che non sono di risparmio né di razionalizzazione del pubblico quanto di divaricazione delle possibilità tra inclusi e non.

E’ per questi motivi che Nessuna Persona è Illegale, forte anche delle sommesse ma pur inequivocabili ammissioni del Sindaco Sala al corteo dello scorso 20 maggio (“sulla residenza e sulla cittadinanza avete ragione”), rivolge formalmente e pubblicamente la presente richiesta – la prima della piattaforma condivisa – al Comune di Milano e alla Città Metropolitana affinché garantiscano immediatamente il rispetto dei diritti civili correlati all’iscrizione anagrafica e l’estensione dei medesimi all’intera cittadinanza, intendendosi con tale termine l’insieme di chiunque dimori abitualmente sul territorio milanese, senza discriminazioni dovute alla nazionalità o all’emarginazione: ivi compresi i migranti privi o non privi di permesso di soggiorno nonché i cittadini italiani senza fissa dimora o senza un idoneo titolo di occupazione di alloggio.

Questo sì rappresenterebbe un passo concreto, semplice e possibile verso il declamato abbattimento dei “muri” che allo stato così profondamente dividono la cittadinanza milanese, e, banalmente ma innegabilmente, il centro dalle periferie, gli “autoctoni” dai “migranti” e non da ultimo i cittadini provvisti di fissa dimora da quelli che non ce l’hanno.

Il tema della residenza negata rappresenta la saldatura simbolica tra i diritti e gli interessi socio-politici dei cittadini italiani e dei migranti; diritti che non sono contrapposti né antagonisti ma rappresentano le basi costitutive, nella loro omogeneità, della medesima visione distributiva, solidaristica e di equità sostanziale, che NPI sostiene.

Reclamiamo, dunque, l’effettiva applicazione del riconoscimento del diritto di iscrizione all’anagrafe del Comune di cui all’art. 2 legge n. 1228/1954, come modificato dalla legge n. 94/2009 (“… la persona che non ha fissa dimora si considera residente nel comune dove ha stabilito il proprio domicilio”), ai soggetti privi di fissa dimora, cittadini italiani, che già dovrebbero in teoria usufruirne, ai titolari di permesso di soggiorno che si trovino nella medesima situazione e, in ultimo ma non da ultimi, ai migranti non titolari di permesso di soggiorno, presenti abitualmente sul territorio comunale.

A tal proposito, non possiamo altresì esimerci dal rammentare che giace già ormai da due anni una simile ma non coincidente iniziativa di alcuni Consiglieri del Comune di Milano, assunta, sulla spinta di numerose realtà milanesi (proposta di deliberazione d’iniziativa popolare n. inf. 2519/2015 “Diritto di residenza anagrafica”).

A tal fine, richiediamo pertanto con forza e con immediatezza che, ai fini dell’iscrizione anagrafica nel Comune di Milano come nei comuni appartenenti alla Città Metropolitana, venga istituito per le persone senza fissa dimora un indirizzo di residenza virtuale (come “Via Ciro Lupo” a Palermo) presso le zone e i municipi nelle quali dette persone si trovino a dimorare o comunque presentino la propria domanda.

Come chiediamo altresì che venga riconosciuto il diritto all’iscrizione anagrafica presso il proprio alloggio a coloro che ne possiedono uno ma – per mancanza di titolo di occupazione dello stesso o di permesso di soggiorno – non possano allo stato accedere a detta iscrizione.

Si segnala peraltro a tale proposito che, per quanto attiene al primo caso, alla luce di quanto stabilito dal citato articolo 5 del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, così come modificato dall’articolo 11 del decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 48 del 18 Aprile 2017 , “Il sindaco, in presenza di persone minorenni o meritevoli di tutela, può dare disposizioni in deroga a quanto previsto ai commi 1 e 1-bis, a tutela delle condizioni igienico-sanitarie”: facoltà di deroga della quale invitiamo comunque il Sindaco fin da subito ad avvalersi, considerato l’elevato rischio per la vita delle persone interessate.
Ci aspettiamo che chiunque abbia domicilio presso una abitazione, indipendentemente dal titolo in forza del quale vi risiede, abbia pertanto d’ora innanzi il diritto di eleggervi la propria residenza anagrafica e di procedere all’allacciamento delle utenze quali acqua, luce e gas, essenziali per la sopravvivenza ed il mantenimento delle minime condizioni igienico-sanitarie.

Nel contempo siamo obbligati a segnalare, perché pare che codesto Comune non se ne sia accorto, e a invocare fermamente l’applicazione della recente circolare del Ministero dell’Interno, Direz. Centr. per i Servizi Demografici, n. 5 del 18 maggio 2017 (“Iscrizione anagrafica dei richiedenti protezione internazionale. Art. 8, DL 17/2/2017, n. 13, recante ‘Disposizioni urgenti per l’accelerazione di procedimenti in materia di protezione internazionale nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale”’, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 46/2017”), laddove rammenta l’entrata in vigore della disposizione che prevede che l’istituto della convivenza anagrafica possa essere applicato sia nelle ipotesi in cui il migrante sia ospitato nei centri di prima accoglienza, sia nei casi in cui lo sia in strutture temporanee, ovvero nei centri di accoglienza del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), con conseguente diritto all’iscrizione anagrafica per detti soggetti.

Ci aspettiamo, quindi, che ciò determini il subitaneo superamento delle molteplici complicazioni burocratiche strumentalmente fin qui opposte sul punto dalle strutture anagrafiche di riferimento.

Sotto altro profilo, invece, esprimiamo profondo dissenso per quanto illustrato dalla stessa circolare con riferimento alla cancellazione della residenza anagrafica dei richiedenti asilo all’atto della revoca delle misure di accoglienza o dell’allontanamento non giustificato del residente.

Pertanto, dato l’evidente e ampio interesse pubblico unito alla delicatezza del tema nonché in considerazione della molteplicità degli aderenti alla nostra piattaforma e del gran numero di realtà che hanno manifestato una eguale sensibilità in argomento,

chiediamo

l Sindaco del Comune di Milano Giuseppe Sala, all’Assessore Politiche sociali Pierfrancesco Majorino, all’Assessore Lavori pubblici e Casa Gabriele Rabaiotti e all’Assessore a Trasformazione digitale e Servizi civici Roberta Cocco, di dare effettiva, concreta e immediata applicazione al diritto di residenza anagrafica nei sensi sopra illustrati.