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da Repubblica del 18 aprile 2009

Milano – Rifugiati dall’Africa occupano un palazzo abbandonato

Hanno scavalcato il muro di recinzione, è bastato un piccolo salto. E, una volta entrati, non si sono più mossi se non con qualche uscita furtiva per recuperare cibo e acqua. Un’azione di massa, grazie a cellulari e passaparola.
Circa 180 extracomunitari, di cui la maggior parte con permesso di soggiorno e status di rifugiati politici, hanno occupato ieri a mezzogiorno un ex residence abbandonato di via Senigallia a Bruzzano, periferia nord di Milano. Somali, sudanesi, eritrei ed etiopi, la maggior parte, uomini e donne, anche alcuni bambini tra cui un neonato di un mese, fuggiti da Paesi di guerre civili e povertà, sbarcati in Sicilia e arrivati a Milano due o tre anni fa. Profughi che finora hanno sempre avuto la strada come casa, l’u ltima ai Giardini pubblici di Porta Venezia, sulle scale tra i Bastioni e via Vittorio Veneto.
Alcuni raccontano anche di venire dall’hinterland milanese, qualche lavoro saltuario e di fortuna, oggi più niente. Tra di loro c’è anche qualcuno che ha richiesto lo status di rifugiato ma è in attesa, e c’è un gruppo che aveva già occupato lo stabile di via Lecco nell’inverno di quattro anni fa, che poi fu sgomberato dal Comune su richiesta della proprietà.
«Siamo stanchi di dormire in strada — racconta da dietro le ringhiere del cancello chi di loro mastica un po’ di italiano — stiamo qui per avere aiuto». Un’occupazione fatta a colpo sicuro, su segnalazione di uno stabile abbandonato e poco sorvegliato, molto probabilmente per attirare l’attenzione sulla loro condizione e ottenere l’iscrizione ai programmi umanitari previsti per i rifugiati politici.
Ad accorgersi del loro arrivo e a dare l’allarme è stato il custode del vicino hotel Leonardo da Vinci, un albergo per congressi d’a ffari, negli anni ‘90 sede dei primi convegni della Lega. Al complesso appartenevano fino a qualche anno fa i due residence che sorgono intorno, detti R1 e R2, poi venduti alla società immobiliare Statuto che aveva annunciato la ristrutturazione degli appartamenti per poi rivenderli. Ma oggi il palazzo è uno scheletro di otto piani vuoto e fatiscente, a ridosso della ferrovia, con cavi elettrici scoperti, vetri in frantumi e muri che cadono a pezzi.
Gli immigrati si sono prima distribuiti su tutti i piani, tenuti d’o cchio da polizia e carabinieri, per poi radunarsi per tutto il pomeriggio nel giardino del residence, chiusi dietro un cancello a cui dopo qualche ora la proprietà ha dato indicazione di far mettere un lucchetto. Ma il chiavistello era solo provvisorio perché, dalle cinque in avanti, il cancello ha cominciato ad aprirsi e chiudersi in continuazione. Dall’esterno sono arrivati anche conoscenti, la voce si è sparsa. Sono giunti anche i vigili, assieme a una pattuglia della polizia rimasta lì mentre le camionette si sono allontanate.
Nessuna tensione, anche quando gli agenti della Digos sono entrati per registrare gli occupanti. «Ci hanno detto che questo edificio era abbandonato e ci siamo venuti», raccontano. Nel tardo pomeriggio sono arrivati anche alcuni esponenti dei centri sociali e del Comitato antirazzista a portare acqua e cibo da mangiare.
Verso sera è stata chiamata un’ambulanza: uno degli occupanti si era sentito male, forse per colpa di esalazioni delle sostanze usate un tempo per pulire le piscine e rimaste all’interno dell’e dificio. Niente di grave. Ora la polizia sta valutando come intervenire. Lo sgombero, che in un primo momento pareva imminente, sembra invece rimandato ai prossimi giorni. Nel frattempo la vigilanza privata è stata rafforzata.