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Minori – Il Tribunale, per motivi di tutela, può agire in deroga alle norme di ingresso

L’art. 31 del Testo Unico sull’Immigrazione (“Disposizioni a favore dei minori”), riconosce al Tribunale per i minorenni il potere e dovere di concedere un permesso di soggiorno ai genitori di minore straniero, qualora sia necessario per soddisfare le esigenze di tutela dello stesso, quindi la sua assistenza morale e materiale, a fronte di suoi particolari problemi e bisogni. Questo in deroga a tutte le disposizioni in materia d’ingresso e soggiorno per gli stranieri.
L’articolo recita infatti che “Il Tribunale per i Minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni della presente legge”.

In altre parole può essere permessa l’autorizzazione al soggiorno di genitori nei casi in cui, normalmente, questi dovrebbero essere sottoposti a un provvedimento di espulsione perché in condizione irregolare. Viceversa, in situazioni ritenute meritevoli (in cui vi è una grave necessità di assistenza del minore) il Tribunale per i minorenni può concedere l’autorizzazione al soggiorno.
La funzione del permesso di soggiorno è in questi casi proprio quella di consentire una effettiva tutela e protezione del minore.

Ma come può essere garantita questa tutela del minore se poi questi genitori, ottenuto il permesso di soggiorno, non possono provvedere al sostentamento del minore in quanto gli è impedito di svolgere regolare attività lavorativa?

È un caso che è stato affrontato dal Tribunale di Bologna (I sezione civile con provvedimento del 26 settembre 2005) che ha accertato la illegittimità del provvedimento adottato dalla Questura che aveva concesso – in base al provvedimento emesso dal Tribunale per i minorenni – il permesso di soggiorno ai genitori “per motivi di cure mediche” con divieto di svolgere attività lavorativa. Giustamente, i genitori si sono rivolti al Tribunale Civile contestando la legittimità del provvedimento, chiedendo che fosse accertato il loro diritto – in funzione del permesso di soggiorno già concesso dal Tribunale per i minorenni – di svolgere una regolare attività lavorativa per poter mantenere economicamente il proprio figlio.
E in effetti il Tribunale di Bologna non ha potuto che rilevare l’assurdità del provvedimento della questura, che contrasta con i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano, decidendo per la illegittimità dello stesso e dichiarando appunto che il pds, già concesso ai genitori del minore su provvedimento del Tribunale per i minorenni, consente lo svolgimento di attività lavorativa, limitatamente al periodo di validità del medesimo.

Sembra addirittura paradossale che una persona, per poter cercare lavoro e, quindi, dimostrare di aver la possibilità di lavorare in regola, debba essere munita sia del permesso di soggiorno che della sentenza del Tribunale.
Speriamo naturalmente che la questura, a questo punto, si uniformi al provvedimento di cui sopra e provveda a modificare tempestivamente il pds aggiungendovi anche l’indicazione relativa alla circostanza che è valido per svolgere attività lavorativa.