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Minori non accompagnati sempre più soli

Nel rapporto di ASGI le condizioni dei minori sui confini italiani esterni ed interni e le conseguenze del nuovo patto europeo su migrazione e asilo

Photo credit: Andrea Panico

Nel giugno 2021 l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione ha pubblicato un’analisi del quadro legale che regola la protezione e l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati che entrano nel territorio italiano, puntualizzando le criticità che il nuovo patto europeo su migrazione e asilo potrebbe comportare in riferimento a questa categoria di individui. Si riporta qui una sintesi di tali contenuti 1.

Dal punto di vista legale, la giurisdizione relativa ai minori stranieri non accompagnati è detenuta dalla legge 47/2017 – la cosiddetta “legge Zampa” – che innanzitutto dà una definizione formale del soggetto in questione.
Si definisce minore straniero non accompagnato un minore straniero trovato in territorio italiano o soggetto alla giurisdizione italiana, a cui manchi assistenza materiale e rappresentazione legale di un genitore o di altro adulto che potrebbe essere responsabile di lui/lei nel contesto della legislazione italiana.

Nella legge 47/2017 si afferma che qualsiasi minore straniero non accompagnato ha diritto alle stesse tutele e protezioni di ogni altro minore, equiparando quindi lo status dei minori stranieri non accompagnati a quello dei minori italiani ed europei; risulta quindi valido anche per i minori stranieri non accompagnati un fatto presente in tutte le convenzioni dedicate al fanciullo, ossia che il principio del superiore interesse del minore sia un criterio preminente per le decisioni legali e giuridiche che lo coinvolgono. In linea con questo, si richiede che il soggetto in questione venga trattato da minore fintanto che non sia accertata la sua età effettiva; ogni genere di repressione dei minori non accompagnati alle frontiere è inoltre vietata, indipendentemente dalle ragioni per cui il soggetto accede in territorio italiano e dalla possibilità che sia un richiedente asilo, come è vietato riammetterlo nel paese di origine, a meno di circostanze eccezionali che vengono attentamente vagliate (ad esempio se vi è la comprovata certezza che il soggetto godrebbe di condizioni migliori nella sua terra di origine).
Da tutto questo consegue che la detenzione o il respingimento dei minori stranieri non accompagnati è illegale, indipendente dal loro status di richiedenti asilo. La legge 47/2017 inoltre garantisce un accesso preferenziale alle procedure di asilo per questa categoria.

Premessa necessaria per l’accesso ai dispositivi di protezione e di integrazione è l’identificazione del soggetto come rientrante nella categoria dei minori stranieri non accompagnati; tale procedura viene eseguita primariamente attraverso l’analisi dei documenti personali (passaporti, carte di identità, certificati di nascita e qualsiasi documento munito di fotografia della persona, a meno che ci siano dubbi sulla loro autenticità); se questo passaggio non va a buon fine (documenti falsi o assenti), si passa ad una procedura di valutazione dell’età che coinvolge esami sociali e medici, condotta da specialisti. In ogni caso, nel corso dell’intera procedura la persona in esame viene trattata da minore.
Una volta identificato lo status di minore, il soggetto viene trasferito in strutture di prima accoglienza per minori stranieri non accompagnati – dette centri FAMI, coordinate dalle Prefetture – per primo soccorso e assistenza immediata, in cui si fornisce assistenza culturale, legale e psicologica, per una durata massima di 30 giorni; in questa sede i minori sono identificati e informati sulle garanzie di cui godono, compresa la possibilità di richiedere protezione internazionale. Il secondo passaggio è il trasferimento dei minori in strutture di accoglienza e di integrazione – i cosiddetti centri SAI, di pertinenza dei Comuni – che includono lezioni scolastiche, corsi di orientamento o avviamento professionale e servizi di inserimento lavorativo, ai fini dell’integrazione e dell’autonomia del soggetto.

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Analisi delle pratiche condotte sui confini italiani

Confini di mare

In generale, i minori non accompagnati che raggiungono l’Italia via mare, in modo indipendente o tramite operazioni di salvataggio, dopo lo sbarco sono trasferiti negli hotspot locali e sottoposti a tampone e alle procedure di identificazione, che comprendono la registrazione, il rilascio delle impronte digitali, e così via.
Le operazioni di salvataggio, sbarco, identificazione, detenzione su navi quarantena o in centri di quarantena terrestri fanno parte di un iter che favorisce il rilascio del soggetto con lo status di minore straniero non accompagnato; tuttavia, la mancanza di dispositivi rivolti specificamente a questa categoria può ostacolare il rilascio e l’identificazione dei minori non accompagnati. Infatti, se non sono identificati immediatamente come tali, questi potrebbero essere automaticamente inseriti in canali relativi all’asilo o alla riammissione, venendo così trattati come adulti.
Come riportato da ASGI e da altre numerose ONG, l’implementazione del cosiddetto “hotspot approach” prevede la suddivisione dei migranti tra coloro che sono autorizzati a richiedere la protezione internazionale e coloro che non lo sono. In situazioni di aperta violazione della natura individuale del diritto di asilo, si può verificare che tale suddivisione avvenga tramite il criterio della sicurezza del paese di provenienza, dunque su base nazionale e in modo sommario.

Queste procedure semplificate vengono messe in atto anche perché, all’interno di questa delicata fase di sbarco, identificazione e redistribuzione nelle appropriate strutture, manca uno spazio in cui il soggetto possa esibire la sua volontà individuale di richiedere protezione internazionale o esprimere qualsiasi altra condizione (ad esempio esperienze traumatiche) che possa prevenire l’espulsione.

A partire dall’aprile 2020, a seguito della classificazione dei porti italiani come “non sicuri”, il governo italiano ha iniziato a usare sistematicamente delle navi private come luoghi di quarantena per gli stranieri che giungono via mare. Queste disposizioni, che hanno comportato anche il trasferimento dei minori in queste navi-quarantena, hanno sollevato varie criticità. Innanzitutto, stando alle dichiarazioni del Tribunale per i minori di Palermo, le procedure di identificazione e valutazione dell’età dei possibili minori non accompagnati non erano condotte a bordo delle navi; dopo la quarantena, non veniva data comunicazione della presenza di minori alle autorità giudiziarie, a meno che a fine quarantena non fossero trasferiti in strutture di successiva accoglienza; pratica, questa, che contravviene all’articolo 19 del decreto legislativo 142/20152.

Solo nell’ottobre 2020 il Ministero degli interni ha disposto di non trasferire più i minori stranieri non accompagnati nelle navi-quarantena. Nonostante questo, tali trasferimenti hanno ancora luogo, talvolta seguiti dall’espulsione dei possibili minori non accompagnati o dalla loro reclusione in centri di detenzione.

Del resto, dal 2016 più di 12.000 bambini migranti sono stati inseriti nei vari hotspot tra Lampedusa, Pozzallo, Messina, Trapani e Taranto. Questa prassi sembra contravvenire alla legislazione italiana – in particolare all’articolo 13 della Costituzione, che prevede per questa categoria delle strutture specifiche – e la pandemia l’ha soltanto inasprita. Si riportano insufficienza di personale medico nelle navi quarantena, situazioni di promiscuità tra minori e adulti, mancanza di spazi adeguati: tutte situazioni che diventano cruciali soprattutto nel pieno di un’epidemia di un virus fortemente contagioso. Dunque quarantene protratte in ambienti incapaci di garantire un appropriato isolamento dei casi positivi al Covid-19 hanno fortemente limitato le libertà individuali.

Photo credits: Nicola Fornaciari
Photo credits: Nicola Fornaciari

Confine di mare greco

Al confine di mare greco negli ultimi anni si sono intensificati gli arrivi dalla rotta adriatica. Numerose ONG hanno riportato un numero consistente di respingimenti ad opera delle autorità italiane dei porti adriatici (Bari, Brindisi, Venezia, Ancona); questi respingimenti fanno confluire i migranti nei porti di Patrasso e di Igoumenitsa, così come in Albania, in Croazia e in Montenegro.

Stando ai dati del Ministero degli interni, pubblicati da un report di Altreconomia in aprile 2021, dal 1 gennaio al 15 novembre 2020 ci sono stati 892 respingimenti di cittadini stranieri dai porti adriatici e 201 riammissioni.
Il supporto legale usato dall’Italia per le riammissioni in Grecia è un accordo bilaterale stipulato nel 1999 e rinforzato nel 2001, in virtù del quale le autorità italiane possono procedere al respingimento forzato dei migranti privi di documenti che arrivano nei porti italiani. Dal momento che tali respingimenti avvengono in maniera completamente informale (senza documenti che li comprovino) e senza stabilire opportunamente la situazione personale di ciascun migrante respinto, con tale accordo l’Italia si macchia di tre illegittimità (respingimenti collettivi, trattamenti inumani e degradanti, negazione del diritto a un ricorso effettivo), che si ripercuotono soprattutto sulle categorie più fragili dei richiedenti asilo e dei minori stranieri non accompagnati.
Parallelamente a questi flussi, nella direzione opposta sono documentati dei respingimenti nei porti italiani da parte delle autorità elleniche, già in difficoltà nella gestione dei migranti sul confine turco.

Confine di terra con la Slovenia

La situazione sul confine di terra tra Italia e Slovenia riguarda la regione del Friuli-Venezia Giulia, in particolare le province di Trieste e Gorizia, ed è fortemente legata all’accordo italo-sloveno del 1996, che di fatto autorizza le riammissioni dei migranti irregolari senza procedure formali, anche qualora venga espressa l’intenzione di chiedere la protezione internazionale. Tale accordo non è stato mai ratificato dal Parlamento italiano, contrariamente a quanto sancisce l’articolo 80 della Costituzione Italiana3. Il 13 gennaio 2021 la Ministra degli interni Lamorgese ha dichiarato che soltanto nel 2020 ci sono state 1.301 riammissioni in Slovenia, che hanno coinvolto anche categorie particolari come persone vulnerabili, famiglie e minori che avevano dichiarato la propria età al confine. Questa pratica, esistente da anni ma divenuta sistematica durante la pandemia, è stata confermata tra agosto e dicembre 2020 con delle ordinanze che autorizzano le forze di sicurezza a vagliare l’età dei migranti intercettati sul confine italo-sloveno con valutazioni de-visu, dando in questo modo alla sicurezza pubblica un potere discrezionale nell’identificazione dell’età di migranti e rifugiati. Questo contravviene alla legge 47/2017 che impone un delicato esame sociale, psicologico e medico qualora non siano disponibili documenti che garantiscano riguardo all’età dei migranti. Questa procedura illegale si è sovrapposta a quella dei respingimenti con cui molti minori giunti sul confine italo-sloveno sono stati respinti a catena fino in Bosnia.

Photo credits: Giovanni Marenda
Photo credits: Giovanni Marenda

Confine di terra con la Francia

Sul confine francese un inasprimento delle politiche migratorie è avvenuto nel 2015, quando sono stati reintrodotti i controlli alle frontiere e sono stati costruiti dei “centri di detenzione temporanea” alla stazione della Police aux Frontières a Menton: containers in cui le condizioni materiali sono indegne e in cui non può essere garantito il distanziamento fisico tra le persone. Anche i minori subiscono queste pratiche: detenzioni e respingimenti coinvolgono anche loro, e sono documentate situazioni in cui le autorità hanno confiscato certificati di nascita e modificato la data di nascita nei documenti di ‘Refùs d’entrée’, in modo tale da poterli trattare come adulti; ottenuto questo divieto di accesso, i migranti e i rifugiati vengono indirizzati a Ventimiglia, in cui questi respingimenti sistematici hanno portato ad una crisi umanitaria.

La città di Ventimiglia in particolare ha subito le conseguenze dell’interruzione degli accessi al Campo Roya, campo per l’accoglienza dei migranti in transito, a marzo 2020, e la sua definitiva chiusura ad agosto 2020 a causa della pandemia. Da questo momento in poi i migranti in questa regione sono stati sottoposti a condizioni inumane, innanzitutto di ordine pratico, con assenza di acqua potabile e di strutture sanitarie e costretti a trascorrere le notti all’addiaccio per le strade e sotto i ponti. Le istituzioni faticano ancora a raggiungere un accordo sulla gestione del fenomeno, lasciando alla società civile l’onere di trovare soluzioni, quasi sempre precarie e temporanee. Questa situazione si sovrappone allo sgombero del rifugio ChezJesOulx a marzo 2021, con delle conseguenze simili a quelle di Ventimiglia anche nell’area di Oulx.
Con il fitto pattugliamento del confine italo-francese, soprattutto i giovani single men per giungere in Francia cercano vie alternative, molto più pericolose, attraverso le Alpi o le gallerie autostradali, trovando la morte in incidenti fatali.

Photo credits: Giovanni Marenda
Photo credits: Giovanni Marenda

Nuovo patto sulla migrazione e l’asilo

Il 23 settembre la Commissione Europea ha firmato un nuovo patto sulla migrazione e l’asilo che comprende un pacchetto di riforme, con effetti potenzialmente negativi sulla categoria dei minori stranieri non accompagnati 4. I piani critici su cui si articola il nuovo patto sono i seguenti:

1. Regolamento della procedura di pre-screening.
Tale procedura, da svolgere sul confine, consiste nel raccoglimento delle informazioni utili a dirigere i cittadini stranieri nei canali di espulsione oppure di asilo. Anche i minori non accompagnati sono sottoposti ad essa. Tuttavia il testo non prevede la presenza di assistenti legali, lasciando i possibili minori non tutelati in questa delicata fase iniziale. Inoltre, non offre nessun beneficio del dubbio nell’eventualità in cui vi siano incertezze sulla minore età di un migrante. Con questi buchi giuridici, il nuovo patto conduce al rischio di detenzioni generalizzate e sistematiche nella fase di pre-screening che possono coinvolgere anche i minori non appropriatamente identificati. E dal momento che la legge italiana vieta l’espulsione, il respingimento e la detenzione di minori, le nuove disposizioni europee di fatto risultano incompatibili non solo con il principio del superiore interesse del minore, ma anche con le nostre stesse disposizioni nazionali in materia di minori stranieri.

2. Gestione di migrazione e procedure di asilo
Questa proposta è finalizzata a sopprimere l’attuale Regolamento di Dublino e a rilanciare il sistema comune europeo di asilo (CEAS). Punti fondamentali della proposta sono il rafforzamento dei meccanismi di riammissione dei migranti irregolari e “nuovi meccanismi di solidarietà”.
In merito alla categoria dei minori stranieri non accompagnati, l’articolo 15 della proposta afferma che, in assenza di membri familiari e vincoli parentali altrove in UE, lo Stato membro responsabile dovrebbe essere quello che per primo ha registrato la richiesta di protezione internazionale del minore, indipendentemente dal principio del superiore interesse del minore. Inoltre si stabilisce che, qualora risulti necessario il trasferimento di un minore non accompagnato da uno Stato membro a un altro, la procedura deve avvenire nel rispetto del principio del superiore interesse del minore; tuttavia la Corte europea dei diritti dell’uomo ha mostrato che queste disposizioni, teoricamente positive nella prospettiva di un miglioramento delle attuali procedure, risultano soltanto formali nella pratica.
La proposta su questo punto si pronuncia anche in materia di solidarietà e salvataggio; in particolare, essa dispone che le procedure di soccorso previste nell’eventualità di uno sbarco a seguito di un’operazione di salvataggio siano principalmente su base volontaria. La conseguenza naturale di questo punto è, ancora una volta, la ricaduta del peso della solidarietà sui tre Stati geograficamente più esposti: Italia, Spagna e Grecia.

3. Regolamento delle procedure di asilo
La proposta si esprime anche riguardo alla categoria dei minori non accompagnati. Negli articoli 22, 28 e 32 si fa riferimento ai casi in cui un minore non accompagnato esibisca una domanda di protezione internazionale in sede di sbarco o intercettazione su un confine; in tal caso, la procedura che prevede di selezionare un tutore che produca la domanda di protezione internazionale in sua vece richiederebbe tempi ben più lunghi di quelli previsti all’interno del testo.
Nell’articolo 40 si definisce una procedura accelerata per minori non accompagnati, applicabile in specifici casi (quando il minore proviene da una regione considerata sicura secondo i criteri definiti nel testo, quando c’è il ragionevole motivo di considerare il minore un pericolo per la sicurezza dello Stato).
La proposta si pronuncia anche in materia di “prima nazione di asilo”, definendo le condizioni sotto cui un minore può essere trasferito da uno Stato membro ad un altro. Su questo punto, un potenziale rischio è di ridurre l’intera pratica ad una procedura puramente formale, che nei fatti rallenta, appesantisce o ostacola l’iter per un’effettiva protezione del minore che hanno espresso richiesta.

Da questo quadro emerge che il nuovo patto sulle migrazioni e l’asilo contraddice i principi su cui si fonda il diritto internazionale in materia di diritti dei minori. Esso inoltre estende la discrezionalità degli Stati membri, in particolare in merito all’attribuzione dei tutori, non definita come obbligatoria durante la procedura di screening. Dal momento che uno dei principali ostacoli tra i minori e il loro diritto di protezione e salvaguardia è appunto la mancata identificazione tempestiva del loro status di minori, con questo patto gli Stati europei vengono autorizzati a porsi in questo crinale e a perpetrare delle pratiche approssimative che ledono una serie di diritti – il principio di non discriminazione, l’interesse superiore, il diritto alla vita, il principio di sopravvivenza e sviluppo e l’ascolto delle opinioni del minore – stabiliti nelle convenzioni fondamentali dell’Unione Europea e propri di questa categoria.

Osservazioni finali

Considerato tutto questo, ASGI fa un appello alle autorità competenti affinché i principi di non-refoulement e di superiore interesse del minore siano rispettati. Inoltre, chiede che sia sempre garantito l’ascolto delle opinioni del minore in tutte le procedure legali anche per mezzo di un mediatore culturale; che la procedura di valutazione dell’età, in quanto invasiva per la persona, venga svolta nel massimo rispetto del minore e comunque solo qualora ci siano effettivi dubbi riguardo all’età del soggetto; che chiunque si dichiari minore essendo stato già stato trasportato in CPR, CARA E CAS, venga istantaneamente prelevato e indirizzato nelle strutture appropriate.
Si chiede infine che il criterio del primo Stato membro per la richiesta di asilo decada per la categoria dei minori non accompagnati, in modo che il principio del superiore interesse del minore resti criterio preminente in ambito di protezione internazionale.

  1. Qui il rapporto completo in inglese: https://www.asgi.it/wp-content/uploads/2021/07/ASGI_Unaccompanied-Minors_DEF.pdf
  2. “L’autorità di pubblica sicurezza dà immediata comunicazione della presenza di un minore non accompagnato al giudice tutelare per l’apertura della tutela e per la nomina del tutore a norma degli articoli 343 e seguenti del codice civile, al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni e al Tribunale per i minorenni per la ratifica delle misure di accoglienza predisposte, nonché al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con mezzi idonei a garantirne la riservatezza, al fine di assicurare il censimento e il monitoraggio della presenza dei minori non accompagnati.”
  3. “Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi.”
  4. Era stata già pubblicata un’analisi del nuovo patto sulle migrazioni ad opera di Border Violence Monitoring Network. L’analisi si concentra su tre temi riformati nel patto: il monitoraggio indipendente delle frontiere, le procedure di pre-screening e i meccanismi che seguono subito dopo. Melting Pot aveva pubblicato una traduzione di tale analisi a cura di Federica Occhipinti: https://www.meltingpot.org/Nuovo-Patto-sulla-migrazione.html

Rossella Marvulli

Ho conseguito un master in comunicazione della scienza. Sono stata a lungo attivista e operatrice nelle realtà migratorie triestine. Su Melting Pot scrivo soprattutto di tecnologie biometriche di controllo delle migrazioni sui confini europei.