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Morte al CPT di Torino – Intervista all’Avv. Gianluca Vitale in visita alla struttura

Ritardi nei soccorsi e rivolta dei detenuti nel CPT di ultima generazione

Allungare il trattenimento nei Cpt a 18 mesi?
Il pensiero va subito a chi, in soli 10 giorni di detenzione ha trovato la morte nella struttura di Corso Brunelleschi, a Torino.

Non poteva esserci inaugurazione più tragica per il nuovo Centro di permanenza temporanea di Torino.
Costato 12 milioni di euro per la prima metà dei lavori in muratura, più “civile” e più “sicuro” – nelle intenzioni della Prefettura – era entrato in funzione in gran segreto lunedì mattina.
Doveva essere un periodo di rodaggio.
Sessanta persone trattenute, che diventeranno 130 a lavori ultimati.
Sabato mattina alle 8.00, in quella che i detentuti definiiscono “Zona rossa”, cella numero 2 è stato trovato morto Hassan Nejl, trattenuto da dieci giorni al Cpt con un decreto di espulsione firmato dal Questore di Padova. “Era nel suo letto con la schiuma alla bocca – raccontano – abbiamo urlato tutta la notte per chiamare i soccorsi, ma non è venuto nessuno. L’hanno trattato come un cane”.

Abbiamo intervistato l’Avv. Gianluca Vitale, che ha visitato la struttura nella mattinata di lunedì 26 maggio.

Abbiamo prima incontrato la polizia e la Croce Rossa.
Ovviamente l’atteggiamento della Croce Rossa è assolutamente negatorio: dicono di non essere stati per niente chiamati.
Le versioni coincidono in realtà fino a un certo punto perché al mattino il ragazzo lamentava comunque mal di gola, aveva la febbre alta, è andato in infermeria e gli è stato dato un antibiotico. Successivamente durante il giorno la situazione si è aggravata, è stato visto ancora una volta da un medico che però non ha rilevato niente di particolare; la sera la situazione si è aggravata ulteriormente e dal quel momento le versioni divergono assolutamente.
La Croce Rossa dice: “non è più successo niente, nessuno ci ha più chiamati e il mattino dopo ci siamo accorti che era morto”.
I ragazzi che abbiamo sentito a lungo sulla vicenda, sono adesso in sciopero della fame, in agitazione. Dopo essere riusciti in qualche modo a catturare la loro fiducia, perché ovviamente sono molto spaventati e sfiduciati nei confronti di tutti, siamo riusciti a entrare nell’area, abbiamo parlato con loro e ci hanno raccontato concordemente, in un modo che sembra difficile avere costruito artificialmente, che le cose sono andate molto diversamente. Dicono di aver diverse volte chiamato aiuto.
Ad un certo punto, nelle prime ore della nottata, sono riusciti a parlare con un personaggio, qualcuno della Croce Rossa militare (che non era evidentemente un operatore sanitario, ma in divisa), il quale ha detto “il medico non può in questo momento, domattina si vede”.

La situazione si è aggravata, al mattino il ragazzo è stato trovato morto dopo altri tentativi da parte dei compagni di cella e di area di far intervenire qualcuno; è stato trovato morto con dei segni che, come conferma anche Agnoletto, che è anche un medico, sono assolutamente compatibili con un’ipossia, cioè una mancanza di ossigeno, cosa particolarmente grave se si pensa che il medico era presente e non è stato chiamato (come ci raccontano), e sarebbe potuto forse intervenire immediatamente.
Tra l’ altro in infermeria, ci è stato mostrato, c’è anche il macchinario per fare una terapia di ossigeno che sarebbe stata forse quella che avrebbe potuto salvare la vita del ragazzo. Inoltre l’ospedale più vicino, dove normalmente vengono condotte le persone che stanno male al CPT di Torino, è a circa 3 minuti di strada.
Quindi vi era sicuramente la possibilità di salvarlo, ovviamente sarà poi l’Autorità Giudiziaria che dovrà accertare esattamente come sono andate le cose.

D: Questo chiaramente rende più drammatica la notizia della morte di questa giovane persona detenuta da pochi giorni, una decina di giorni, all’interno del CPT di Torino.

Quali valutazioni si possono fare dopo questa visita all’interno del CPT? Un CPT che abbiamo definito di nuova generazione?

R: Questa è la prima volta, nonostante io entri spesso al CPT, che riesco a vedere la nuova struttura di Torino di cui si è tanto parlato. Il CPT di Torino è stato inaugurato in gran segreto; fino all’altro ieri sostanzialmente non lo sapeva nessuno se non quei pochi avvocati che sono andati a fare le convalide.
E’ stato inaugurato lunedì scorso. Sostanzialmente è cambiata la muratura.
Adesso le celle sono di muratura mentre prima erano dei container, ma non è cambiata l’idea di fondo del CPT di Torino, la sua struttura fondante. Queste celle sono sistemate esattamente dove e come erano sistemati i container. Sono celle in muratura aperte su un cortile all’interno di tre distinte aree e le tre aree sono circondate da alberi che danno forse più l’idea di uno zoo che di un luogo di detenzione per persone.
Sicuramente, questo episodio – la versione fornita dagli altri detenuti credo sia assolutamente credibile – comunque venga ricostruito, dimostra ancora una volta come luoghi di questo genere non dovrebbero esistere per motivi ideologico-politici. Ma soprattutto non dovrebbero esistere perché sono dei “non-luoghi”, dei luoghi dove non vi sono delle regole.
In carcere ci sono regole ben precise, il detenuto sa cosa e come può farlo. Al CPT no, al CPT è tutto rimesso alla buona volontà di chi in quel momento passa vicino all’area. I diritti dei detenuti non solo non vengono messi in pratica, ma non esistono perché non sono formalizzati

D: Un’ultima battuta invece rispetto alla notizia che si è avuta qui, del fatto che tutti gli altri migranti detenuti abbiano cominciato una sorta di azione di protesta oltre al tam-tam di sms “zona rossa cellula numero 2”, per fare riferimento a quanto accaduto, insomma a questo drammatico avvenimento.
Che cosa si può dire della situazione degli altri detenuti nel CPT?

R: Noi abbiamo parlato brevemente con quelli di un’altra area, ma lungamente con quelli dell’area dove vi è stato il decesso, cioè l’area rossa. Sono assolutamente esasperati, ripeto non hanno nessuna fiducia in nessuno. Siamo stati circa mezz’ora fuori dall’area prima di riuscire ad entrare. Tra l’altro quando siamo entrati, ci è stato detto dalla polizia “nostra responsabilità”, ci prendevamo la responsabilità di quello che poteva succedere dentro.
Ecco, la situazione è assolutamente esasperata, sono in sciopero della fame, ieri sera hanno buttato nel cortile davanti alle celle i materassi, vogliono innanzitutto capire perché è morto il loro compagno e come è potuto succedere che morisse in questo modo. Io mi auguro che almeno una risposta tardiva, ahimè per lui inutile, possa arrivare.

Intervista a cura di Nicola Grigion, Progetto Melting Pot Europa

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