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Naga: Una sanatoria insoddisfacente e contro i richiedenti asilo

Inviata una lettera al ministero dell'Interno: “Non si può prevedere l’obbligo, per chi ha avviato la procedura di protezione internazionale, di rinunciarvi”

Photo credit: Giovanna Dimitolo

È ormai sotto gli occhi di tutti che il procedimento di regolarizzazione introdotto dall’art. 103 del c.d. “Decreto Rilancio”, da poco diventato legge senza alcuna modifica nonostante le tante voci levatesi a richiesta di una sanatoria generalizzata e incondizionata, abbia escluso da ogni possibilità di regolarizzazione diverse centinaia di migliaia di persone, che un lavoro non riescono a trovarlo, in questo particolare momento difficile per tutte e tutti, o ce l’hanno in settori diversi dai tre ammessi (colf- badanti-agricoltura/allevamento).

Ma un’altra pericolosa insidia si sta delineando attraverso la girandola di FAQ ministeriali, circolari del Ministero degli Interni o delle prefetture, e soprattutto prassi di questure, che in queste ultime settimane stanno tentando di restringere in modo del tutto illegittimo ulteriormente le maglie della regolarizzazione: la tendenza a scoraggiare l’accesso alla stessa per le persone richiedenti asilo, che costituiscono la gran parte delle persone straniere che sono arrivate sul nostro territorio negli ultimi anni.

In tale direzione si inquadrano infatti soprattutto le Circolari del Ministero dell’Interno numero 44360 del 19/06/2020 e 48133 del 07/07/2020 (cui a ruota han fatto seguito quelle delle prefetture e, tra di esse, una fatta girare da quella di Milano) che prima hanno prospettato senza alcun fondamento giuridico una pretesa impossibilità di accesso, per le persone richiedenti asilo, al c.d. “secondo canale” della regolarizzazione (quello percorribile senza datore di lavoro) e poi hanno riconosciuto la possibilità di detto accesso solo a fronte di una rinuncia alla domanda di protezione internazionale.

Tale proposta non solo si pone in palese violazione di un diritto fondamentale riconosciuto dalla nostra Costituzione, da leggi e trattati internazionali oltre che da regole di civiltà” dice Sabina Alasia, Presidente del Naga “ma ha l’evidente finalità di sgravare lo Stato dal “peso” economico delle persone richiedenti asilo, che dobbiamo constatare vengano tuttora viste, anche dal Governo in carica, come un mero onere per il sistema giudiziario, amministrativo e per le casse dello Stato (specie quanto alla loro accoglienza nei centri dedicati), così anteponendo tali aspetti al diritto di protezione internazionale e alla stessa dignità della vita umana”.

Il Naga ha quindi scritto al Ministero dell’Interno Dipartimento della Pubblica Sicurezza, e per conoscenza alla Questura e alla Prefettura di Milano per quanto di competenza, affinché rettifichino dette circolari, dispongano e vigilino che ci si attenga quantomeno alla lettera della Legge che, seppur profondamente criticabile nell’impianto, non ha voluto – o comunque potuto, visto i limiti costituzionali – prevedere l’obbligo, per chi ha avviato la procedura di protezione internazionale, di rinunciarvi.

Il commento tecnico del NAGA

Il 23 luglio 2020 abbiamo inviato una lettera al Ministero dell’Interno Dipartimento della Pubblica Sicurezza, e per conoscenza alla Questura di Milano e alla Prefettura di Milano, perché le recenti circolari emanate stanno di fatto costringendo i richiedenti asilo a scegliere tra proseguire con la richiesta di protezione internazionale o partecipare alla c.d. sanatoria, in particolare dalla procedura prevista dall’art. 103 co 2 del D.L. 19.05.2020 n. 34 così come convertito dalla L. 17.07.2020 n. 77.

E’ forse necessario fare un passo indietro per capire di cosa stiamo parlando. La procedura di emersione/regolarizzazione alla quale sarà possibile partecipare fino al 15 agosto 2020, prevede due strade. La seconda, quella disciplinata dall’art. 103, comma 2, prevede che chi sia contemporaneamente in possesso di questi tre requisiti: 1) permesso di soggiorno scaduto dal 31/10/2019 non rinnovato o convertito in altro titolo di soggiorno, 2) presenza sul territorio nazionale alla data dell’8 marzo 2020, 3) svolgimento di attività di lavoro, in tre specifici settori economici, antecedentemente al 31 ottobre 2019, possa richiedere un permesso di soggiorno temporaneo di sei mesi.

Non ci addentriamo nell’intricata procedura, ma a renderla ancor più faticosa e addirittura impraticabile, sono intervenute due circolari, che, ricordiamo sono di rango inferiore alla norma, e che hanno stabilito nell’ordine:

che i richiedenti asilo, seppur con un permesso scaduto dopo il 31 ottobre 2019 ma con la richiesta di protezione internazionale ancora pendente, nella fase amministrativa, non possono richiedere il suddetto permesso temporaneo partecipando alla procedura prevista dall’art. 103 co 2 del D.L. 19.05.2020 n. 34 così come convertito dalla L. 17.07.2020 n. 77 perché di fatto regolari (era il 19 giugno, qui la circolare del Ministero dell’Interno numero 44360 del 19/06/2020)

che i richiedenti asilo, seppur con un permesso scaduto dopo il 31 ottobre 2019 ma con la richiesta di protezione internazionale ancora pendente, nella fase amministrativa ma anche in quella giudiziaria (quindi, un pezzo alla volta!), se vogliono partecipare alla procedura prevista dall’art. 103 co 2 del D.L. 19.05.2020 n. 34 così come convertito dalla L. 17.07.2020 n. 77 devono rinunciare alla domanda d’asilo (era il 7 luglio, qui la circolare del Ministero dell’Interno, numero 48133 del 07/07/2020)

E pur essendo di rango inferiore alla norma, che da nessuna parte ha disposto le restrizioni appena descritte, queste circolari sono già state applicate dalle Questure con la gravissima conseguenza che molti richiedenti asilo stanno rinunciando alla domanda di protezione internazionale, o vi rinunceranno o vedranno la loro richiesta di “sanatoria” respinta.

Per noi il tenore letterale della norma è chiarissimo: il comma 2 dell’art. 103 NON dispone in alcun modo che chi intenda partecipare alla procedura prevista da questo articolo debba trovarsi in condizione di irregolarità sul territorio nazionale, ma semplicemente che sia titolare di un permesso soggiorno scaduto dal 31/10/2019, non rinnovato o convertito in altro titolo di soggiorno, che abbia svolto regolare e documentata attività lavorativa in uno dei settori indicati dalla norma e che sia presente sul territorio nazionale alla data dell’8 marzo 2020. E’ evidente che le circolari ministeriali siano da considerarsi un atto amministrativo che attribuisce alla norma che vorrebbero interpretare un significato che però esula dal tenore letterale della stessa e che per questo non debbano essere applicate.

Ma ancora più chiaro è che escludere i richiedenti asilo da questa procedura (o ancora peggio, costringerli a rinunciare alla domanda d’asilo) si configura come un atto discriminatorio e lesivo del diritto soggettivo di chiunque di richiedere protezione. Tale proposta non solo si pone in palese violazione di un diritto fondamentale riconosciuto dalla nostra Costituzione, da leggi e trattati internazionali oltre che da regole di civiltà ma ha l’evidente finalità di sgravare lo Stato dal “peso” economico delle persone richiedenti asilo, che dobbiamo constatare vengano tuttora viste, anche dal Governo in carica, come un mero onere per il sistema giudiziario, amministrativo e per le casse dello Stato (specie quanto alla loro accoglienza nei centri dedicati), così anteponendo tali aspetti al diritto di protezione internazionale e alla stessa dignità della vita umana.

Leggi la lettera inviata.