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Naufragio al largo di Lampedusa – Centinaia di profughi vittime del confine europeo

Un barcone partito dalla Libia affonda nel mare in burrasca. Si salvano in 51.

Eliminati. Non rientreranno tra le tante discussioni in corso sulle modalità di svuotamento della vasca e di chiusura del rubinetto. Loro, sono stati inghiottiti dalle onde ben prima di diventare un “problema” per il Governo italiano. Non si discuterà di come distribuirli tra le regioni, non potranno chiedere la protezione internazionale, non dovranno proporre ricorsi ed attendere mesi per ottenere lo status di rifugiati. Per loro il confine è stato immediatamente morte. Sono i 200 profughi eritrei, somali, nigeriani, sudanesi, cittadini del bangladesh e del Ciad, partiti due giorni fa, secondo la guardia costiera italiana, da Zuwarah, sulla costa libica, con un barcone di 13 metri che si è ribaltato tra le onde grosse. Erano i profughi buoni. Quelli che nelle ultime settimane tutti vogliono accogliere pur di levarsi dalle scatole la prospettiva di dover far posto ai tunisini, quelli cattivi, i giovanotti con le scarpe filmate ed il telefonino che nessuno vuole intorno. E probabilmente neppure loro vorrebbero rimanere nei paraggi.

Quei profughi morti in mare, fino a qualche mese fa, li respingevamo nel mezzo delle acque internazionali o addirittura di fronte alla costa libica, grazie agli accordi con il dittatore Gheddafi.
Probabilmente anche loro, come tanti altri, ci avevano provato altre volte. Sicuramente di loro sappiamo che sono stati prima merce di scambio tra i trafficanti di uomini e la polizia libica, torturati e venduti, poi, negli ultimi giorni, proiettili della guerra di Gheddafi sparati verso l’Europa. “Se io non vinco sarete invasi” aveva detto il dittatore. Di invasioni ancora non se ne vedono ma di certo, questo come altri barconi, insieme alle migliaia di profughi provenienti dal Corno d’Africa che dalla Libia si sono spostati verso i campi di accoglienza al confine con la Tunisia, sono il prodotto di una terra devastata, quella somala-eritrea, bloccati nel 2009/2010 dagli accordi con la libia ed oggi nuovamente pronti a rimettersi in fuga.

Il confine però rimane, nonostante le bombe, nonostante le retoriche sui profughi buoni. E’ sempre lì, in mezzo al mare, a raccontare la violenza con cui si imprime sulla vita di queste persone. In molti casi perché quel confine se lo dovranno portar dietro tra i CARA, le commissioni e i regolamenti di Dublino, in altri perchè quello stesso confine assume le forme di una voragine aperta nel mare blu che si prende la vita di fronte alla Guardia Costiera, in acque SAR di competenza maltese.

20 corpi sono stati avvistati da un elicottero.In 48 sono stati salvati. Sono approdati stremati a Lampedusa a bordo di una motovedetta. Quasi tutti uomini, qualche bambino ed una donna in gravidanza portata all’ospedale sull’isola. Disidratati ed generalmente provati non solo dal viaggio ma anche dagli ultimi giorni passanti in Libia.

Intanto circa 170 minori che in questi giorni hanno dato vita a rivolte ed atti di auto-lesionismo dovrebbero lasciare l’isola. Destinazione Palermo e forse successivamente, in via temporanea, Porto Empedocle.

– Il video di Repubblica