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Naufragio del 6 novembre: la Guardia costiera libica responsabile dell’incidente nelle operazioni di salvataggio

Sea-Watch chiarisce la dinamica dell'accaduto

Photo credit: Lisa Hoffmann / Sea-Watch

Traduzione di Giovanni D’Ambrosio

Mediterraneo Centrale, 7 novembre 2017.

Ieri (lunedì, n.d.R.), 6 novembre, nelle acque internazionali si è consumata l’ennesima tragedia, approssimativamente a 30 miglia nautiche a nord di Tripoli. Un gommone ha inviato una richiesta di soccorso alla quale hanno risposto diverse unità, coordinate dal competente Centro di Coordinamento del Soccorso Marittimo (Maritime Rescue Coordination Center, MRCC) di Roma.

La situazione si presentava grave: quando la Sea-Watch 3 è giunta sul posto molte persone erano già in acqua. Un elicottero della Marina italiana, una nave militare francese e la Sea-Watch 3 si coordinavano efficacemente tra loro via radio, attraverso il canale 16 (CH 16). In linea con il protocollo da rispettare in questo genere di situazioni, la nave meglio equipaggiata per il soccorso viene scelta per assumere il comando delle operazioni.
A quel punto, sia l’elicottero che la nave militare francese hanno riconosciuto tale ruolo alla Sea-Watch 3, preparandosi a compiere i passi successivi per coordinare e realizzare al meglio le operazioni di soccorso.

Tuttavia, una nave-pattuglia della Guardia Costiera libica è giunta sul posto senza aver risposto alle chiamate radio inviate sia dalla Sea-Watch 3, sia dalle unità militari presenti in loco per contribuire al coordinamento dei soccorsi.
La motovedetta libica si è avvicinata a grande velocità – nonostante non fosse, per assetto ed equipaggiamento, una nave adeguata a trarre in salvo le persone dall’acqua, se paragonata alle altre attive sul posto. La Guardia Costiera libica ha effettivamente tirato fuori le persone dall’acqua, ma per lo più queste persone sono salite autonomamente sulla nave libica, mettendo a rischio la propria vita e senza alcuna assistenza da parte degli agenti.

La condotta dei libici, aggressiva e priva di ogni coordinamento, ha solo causato maggiore stress e confusione, anziché costituire un aiuto.

Quando la Guardia Costiera libica ha iniziato a picchiare e minacciare le persone che erano sulla loro nave, alcune di queste hanno tentato di gettarsi di nuovo in mare. Invece di riportare alla calma la situazione, la Guardia Costiera libica ha addirittura iniziato a lanciare patate e giubbotti da salvataggio alle imbarcazioni di soccorso della Sea-Watch dispiegate per tirare le persone fuori dall’acqua.
In situazioni di tale serietà, è di fondamentale importanza evitare ulteriori motivi di stress e panico, ma ancora una volta la Guardia Costiera libica ha agito all’opposto, mostrando come il suo unico obiettivo sia semplicemente quello di ricondurre sulle coste libiche quante più persone possibili.

Gli agenti libici non hanno neanche schierato la loro nave di salvataggio, che nel caso in cui ci siano persone in mare dovrebbe poter costituire una risorsa preziosa. L’hanno tenuta nelle retrovie per l’intera durata dell’operazione. Invece di lanciare patate al nostro equipaggio, per una volta gli auto-dichiarati agenti della Guardia Costiera avrebbero potuto rendersi utili. Evidentemente, la loro priorità non era quella del soccorso, ma quella di trascinare di nuovo i migranti verso la Libia.

Con questo proposito, la nave della Guardia Costiera libica è ripartita a tutta velocità, nonostante una persona fosse ancora aggrappata lungo il fianco destro della stessa e abbia rischiato più volte di essere trascinata in acqua.

La Sea-Watch ha ripetutamente segnalato questa situazione di assoluto pericolo attraverso il CH 16, senza mai ottenere risposta. Sul finire, l’elicottero italiano è dovuto intervenire per evitare un’altra vittima.

Prendiamo atto del ruolo giocato dalla Guardia Costiera libica nel salvataggio di molte vite durante le operazioni di soccorso, ma la condotta sconsiderata assunta durante il tentativo di riportare quanti più migranti possibile verso la Libia ha spesso causato più danni che altro. Oltretutto, la sua azione – per la quale è finanziata dall’Unione Europea – viola palesemente il diritto internazionale. Esortiamo quindi la Guardia Costiera libica a rispettare le leggi internazionali e ad evitare di aumentare il livello di confusione durante le operazioni di soccorso.

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