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Il governo Draghi e la conquista di nuovi diritti

Photo credit: Martina Romano (Roma, 10 novembre 2018)

Qual è lo spazio per la conquista di nuovi diritti all’interno dell’attuale scenario politico? Un rapido sguardo sulla composizione del governo Draghi sembra suggerire molta cautela. La presenza della Lega tra le forze che compongono la maggioranza sembra escludere, ad esempio, ogni possibilità di miglioramento nella condizione giuridica e sociale delle persone con background migratorio.

Per contro, in relazione alla disciplina giuridica delle politiche migratorie ci sono moltissimi nodi da sciogliere. Le modifiche normative varate dal governo Conte II hanno il chiaro segno dell’incompiuto. In aggiunta, una riforma complessiva della disciplina sulla cittadinanza è un’urgenza non più rinviabile. È realisticamente possibile innalzare la soglia dei diritti nell’ambito dell’attuale scenario politico nazionale?

L’errore prospettico dei “governi amici”

Le differenze specifiche tra il governo Draghi e l’ultimo esecutivo presieduto da Conte sono innegabili. L’equilibrio si è spostato a destra e le forze politiche di nuovo ingresso nell’esecutivo – con la Lega in testa – hanno fin da subito presidiato i temi legati alle politiche migratorie. Allo stesso tempo, l’evoluzione della disciplina giuridica delle migrazioni suggerisce molta cautela nell’utilizzo della griglia interpretativa governi amici/governi nemici: è molto poco efficace e contribuisce a determinare grandi equivoci.

Molti dei provvedimenti che hanno scandito l’evoluzione della gestione delle politiche migratorie richiamano i nomi di esponenti di centrosinistra, dalla Turco Napolitano – la legge che nel 1998 ha istituito i Centri di permanenza temporanea – al decreto Minniti, che, tra l’altro, ha abrogato il grado di appello nelle cause relative alla protezione internazionale. Anche l’ostilità nei confronti delle ONG che effettuano i salvataggi in mare è stata, in molte fasi, trasversale agli schieramenti politici. Gli esempi che è possibile fornire sono moltissimi: i governi amici delle e dei migranti si collocano più nel campo della mitologia che in quello della politica.

Se è indubbiamente vero che gli interventi normativi che hanno peggiorato la condizione giuridica delle e dei migranti sono stati spesso trasversali rispetto alla dicotomia centro destra/centro sinistra, è innegabile che all’attuale scenario politico corrispondano difficoltà molto specifiche e molto acute. L’unica postura che sembra compatibile con l’attuale governo è di tipo difensivo: è quello che emerge da molti dei commenti, delle prese di posizioni e delle analisi successive all’insediamento della nuova maggioranza.

Rapporti di forza

Nella narrazione secondo la quale la conquista di nuovi diritti è indissolubilmente legata alla benevolenza del governo di turno c’è un grande rimosso: la possibilità, da parte dei movimenti, di sviluppare un rapporto di forza tale da indurre, convincere o costringere la controparte istituzionale ad adottare i provvedimenti richiesti.

Nell’articolare campagne e iniziative politiche, è ovviamente utilissimo produrre un’attenta ricognizione della dimensione istituzionale verso la quale ci si mobilita, in modo da articolare gli sforzi nella direzione potenzialmente più efficace alla luce dello specifico contesto nel quale ci si muove. Allo stesso tempo, un’attenzione ossessiva per la controparte a volte è un puntuale indicatore della difficoltà nell’articolare mobilitazioni significative.

Nel campo delle politiche migratorie, il movimento di sostegno alle e ai migrant* vive una fase non facile. La capacità di mobilitarsi in maniera diffusa e di influenzare l’andamento nel dibattito pubblico ha attraversato, negli ultimi anni, fasi alterne. Non è un elemento dato, immutabile, irreversibile. Scandagliando la storia delle politiche migratorie degli ultimi due decenni, è possibile individuare alcuni momenti nei quali, nonostante l’architettura istituzionale complessivamente ostile, sono stati raggiunti obiettivi che, con le lenti del presente, appaiono di ampia portata.

Roberto Maroni, l’umanitario

Il riconoscimento di un permesso di soggiorno temporaneo su base collettiva alle persone – la maggior parte di origine tunisina – arrivate in Italia tra gennaio e aprile del 2011 dal Nord Africa è, ad esempio, un caso paradigmatico.

Nonostante il contenuto ambivalente del permesso – limitato nel tempo, connesso a specifiche condizioni e predisposto nell’ambito di politiche negoziali con la Tunisia che hanno anche aumentato la capacità di rimpatrio -, l’ottenimento di questo provvedimento ha consentito, nonostante lo scenario politico apertamente ostile, la libertà di movimento per migliaia di persone. Gli arrivi piuttosto cospicui di persone di origine nordafricana in relazione alle cd. “primavera araba”, le rilevanti mobilitazioni delle persone sbarcate in Italia e le diffuse iniziative solidali avevano configurato un favorevole rapporto di forza, tale da indurre il governo Berlusconi e il ministro dell’interno Maroni a riconoscere, in maniera tendenzialmente diffusa, un titolo di soggiorno. Questa misura è stata indubbiamente adottata anche per favorire il transito attraverso e oltre l’Italia e ha avuto, nelle biografie delle persone destinatarie del provvedimento, esiti contraddittori. In ogni caso, quel provvedimento – per quanto ambivalente – è stato anche una risposta alle richieste del movimento delle e dei migranti e delle organizzazioni solidali.

Dal 2011 ci separano dieci lunghi anni. In quella specifica situazione, tante e tanti ebbero la percezione che era indispensabile sviluppare un’iniziativa politica poderosa. L’Italia fu attraversata da rilevanti mobilitazioni, in grado di incidere sul dibattito pubblico e sull’agenda di un governo ostile. Moltissime cose sono cambiate. Sono intatte le possibilità, per i movimenti capaci di esprimere mobilitazioni ambiziose, partecipate e diffuse, di cambiare il corso degli eventi, anche in maniera radicale.

Francesco Ferri

Sono nato a Taranto e vivo a Roma. Mi occupo di diritto d'asilo, politiche migratorie e strategie di resistenza sia come attivista sia professionalmente. Ho partecipato a movimenti solidali e a ricerche collettive in Italia e in altri paesi europei. Sono migration advisor per l’ONG ActionAid Italia.