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Nel 2021 più di 23 mila persone respinte in mare e riportate in Libia

La denuncia dell’International Rescue Committee (IRC)

Illustrazione: Paul Blow

1. Il comunicato stampa dell’International Rescue Committee (IRC)

Nonostante la situazione della Libia continui a essere fortemente instabile dal punto di vista politico e sociale, nonostante le gravi atrocità compiute dalla sedicente guardia costiera libica e la continua violazione dei diritti umani, in base ai dati dell’International Rescue Committee (IRC) sono circa 23.000 gli immigrati intercettati in mare e poi riportati in Libia negli ultimi 8 mesi.
Si tratta di una cifra enorme, la più alta dal 2017, quasi il doppio rispetto al 2020 1.

Il dato in questione diviene ancora più drammatico se si considera che tra queste 23.000 persone erano presenti anche più di 1.000 bambini e più di 1.500 donne (di cui almeno 68 in gravidanza).

Purtroppo, i dati del 2021 fanno registrare una netta inversione di tendenza che deve far riflettere. Se infatti nel 2017 si calcola che siano state 15.358 le persone intercettate dalla cosiddetta Guardia costiera libica, negli anni successivi il numero è diminuito, registrando nel 2019 il picco più basso, solo 9.000 migranti bloccati e rispediti in Libia.

Con il 2020 invece il numero è tornato a salire, circa 11.891, per poi arrivare, appunto, ai 23.000 di quest’anno. In 4 anni, quindi, almeno 60.000 persone sono state bloccate in mare e riportate nei centri di detenzione del Paese nordafricano.

In soli otto mesi abbiamo visto più persone riportate in Libia dalla Guardia costiera libica di quante ne abbiamo mai viste prima. Ventitremila è un numero senza precedenti e mette in evidenza la gravità della situazione in Libia. Un decennio di violenze e disordini, un’economia in difficoltà e la pandemia di COVID-19 hanno esacerbato le sfide affrontate da tutti coloro che vivono nel Paese. Oggi, si stima che 1,3 milioni di persone abbiano bisogno di assistenza umanitaria, un aumento del 40% rispetto al 2020”, ha osservato l’International Rescue Committee.

Una situazione decisamente anomala che evidenzia la noncuranza da parte del nostro Paese dei principi del diritto internazionale. Una palese violazione infatti del divieto di respingimento e degli obblighi di soccorso in mare che prevedono lo sbarco in un “porto sicuro”.

Il respingimento generalizzato di uomini, donne e bambini, inoltre, viola i diritti sanciti a protezione delle singole categorie di soggetti, soprattutto quelli più fragili. Non vi è nessuna attenzione per i richiedenti asilo, per i rifugiati, per chi scappa da guerre o da altre situazioni particolari. E non si può certo considerare la Libia un luogo sicuro dove riportare queste persone che, come ampiamente testimoniato e provato, sono, in quel Paese, oggetto di persecuzioni, torture, violenze di ogni tipo.

Non sono al sicuro in Libia e non possono tornare a casa o altrove, perché molti sono fuggiti da circostanze simili nei loro Paesi di origine o di transito. Spesso avranno già subito abusi e sfruttamento da parte di contrabbandieri nel loro viaggio per arrivare nel Paese nordafricano. Non c’è da meravigliarsi se vogliono andarsene, ma, dal momento che i modi sicuri e legali sono estremamente limitati, arrivare in Europa attraverso il Mediterraneo è spesso considerata l’unica possibilità per raggiungere la sicurezza”, ha affermato il direttore nazionale dell’IRC in Libia, Tom Garofalo.
Illustrazione: Paul Blow

2. La situazione politica ed economica in Libia

I numeri riportati nel rapporto della ONG IRC divengono ancora più significativi se si considera il quadro generale della Libia caratterizzato da una situazione di forte instabilità politica, economica e sociale. Da questo punto di vista, i respingimenti effettuati dal nostro Paese, appaiono ancor più gravi proprio perché vengono compiuti in totale dispregio del diritto internazionale ma anche con assoluta indifferenza rispetto alla sorte di migliaia di essere umani.

Oggi la Libia è infatti un Paese caratterizzato ancora da fortissime tensioni e da un futuro incerto. Anche se le elezioni sono state indette per il mese di dicembre allo scopo di mettere fine ai conflitti presenti nel Paese, le controversie sul voto sono ancora forti e minacciano di ostacolare il processo di pace. “Tutte le parti in Libia e le potenze straniere coinvolte nella situazione libica affermano che le elezioni devono andare avanti, ma il forum di dialogo, sostenuto dalle Nazioni Unite, e le istituzioni esistenti nel Paese non hanno concordato una base costituzionale per il voto2

La grande crisi politica vissuta negli anni scorsi dalla Libia ha avuto evidenti ricadute anche sulla situazione economica e sociale. Dal punto di vista economico, nel 2020, è stata registrata una contrazione economica del 31%, con evidenti conseguenze soprattutto condizioni sociali del Paese 3. Una crisi economica legata principalmente al blocco delle estrazioni petrolifere che è durato per tutti i primi 9 mesi del 2020.

Naturalmente, con il cessate il fuoco raggiunto nel mese di ottobre del 2020 la situazione è leggermente migliorata ma la strada da percorrere è ancora lunga.
A peggiorare la già fragile situazione economica e sociale vi è stata la pandemia di Covid-19, la quale ha colpito un Paese con infrastrutture e servizi sanitari limitati. Le misure adottate per contenere la diffusione del virus, dal lavoro alla mobilità alle scuole, hanno avuto conseguenze per l’intero sistema economico, e gli effetti sono stati ancora peggiori per sfollati, immigrati e rifugiati.

Illustrazione: Paul Blow
Illustrazione: Paul Blow

3. I diritti violati e le violenze subite

Se sul piano politico la situazione è ancora lontana da una soluzione, ancora più drammatica appare la situazione dal punto di vista dei diritti negati.

Nel suo ultimo rapporto 4 pubblicato lo scorso 15 luglio, Amnesty International ha rivelato nuove prove di orribili violazioni dei diritti umani, compresa la violenza sessuale, nei confronti di uomini, donne e bambini intercettati nel mar Mediterraneo e riportati nei centri di detenzione libici. Il rapporto contiene le storie di 53 persone precedentemente trattenute in centri gestiti dalla Direzione per il contrasto all’immigrazione illegale (Dcim), 49 dei quali detenuti direttamente dopo essere stati intercettati in mare. Sempre secondo lo stesso rapporto, le violenze compiute in questi centri sarebbero non solo conosciute dal Ministero competente, ma addirittura legittimate dal dipartimento del ministero dell’Interno della Libia sopra menzionato.

Questo rapporto getta nuova luce sulla sofferenza delle persone intercettate in mare e riportate in Libia per finire immediatamente in stato di detenzione arbitraria ed essere sistematicamente sottoposte a torture, violenza sessuale, lavori forzati e altre forme di sfruttamento nella totale impunità. Le autorità libiche, dal canto loro, hanno premiato i responsabili di queste violazioni dei diritti umani attraverso promozioni e l’assegnazione di posizioni di potere. Questo significa una sola cosa: che rischiamo di vedere gli stessi orrori replicarsi ancora”, ha dichiarato Diana Eltahawy, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord 5.

4. Conclusioni

A conclusione del comunicato stampa, la ONG IRC ha chiesto il rilascio di tutte le persone detenute arbitrariamente in Libia, la cessazione immediata della pratica della detenzione arbitraria e la depenalizzazione dell’immigrazione irregolare da parte delle autorità libiche. Inoltre, l’ONG ha esortato l’UE a rivedere urgentemente il suo approccio alla migrazione, in particolare il suo sostegno alla cosiddetta Guardia costiera libica, e a rilanciare le proprie operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo per garantire che i sopravvissuti vengano fatti sbarcare in un luogo sicuro. “La Libia non è un porto sicuro o un Paese sicuro e le persone non dovrebbero essere rimandate lì”, ha più volte ribadito l’International Rescue Committee nella sua dichiarazione. 

A quanto richiesto dall’IRC, si aggiunge quanto già era stato chiesto al nostro Paese da Amnesty International nel mese di luglio, ovvero di sospendere la cooperazione con la Libia in tema di controllo dell’immigrazione e delle frontiere.  

Si tratta di richieste pienamente condivisibili e rispettose del diritto internazionale rispetto alle quali l’Europa e l’Italia dovrebbero fare un grosso passo in avanti. Non possiamo continuare a ignorare le gravi violenze che subiscono uomini, donne e bambini in quel Paese. Non possiamo accettare che esistano luoghi in cui vengono sospesi i diritti delle persone anche in nome e per nostro conto.

I racconti raccolti da Amnesty International sono agghiaccianti e ci descrivono una situazione infernale con donne obbligate ad avere rapporti sessuali in cambio di forniture essenziali come l’acqua potabile. Episodi accaduti nei centri di detenzione libica dove vengono trattenuti tutti coloro che il nostro Paese consegna alla Guardia costiera libica.

Abbiamo sofferto molto in quella prigione… Tre poliziotti [guardie] mi hanno detto che se fossi andata a letto con loro, poi mi avrebbero liberato. Gli ho detto di no. Allora [la guardia] mi ha picchiato con una pistola, poi mi ha dato un calcio su un fianco con uno scarpone di cuoio da soldato”. Ancora oggi mi fa male, una ragazza giovane come me… Non ho libertà e non ho pace. Vorrei che questo paese fosse sicuro per noi, ne sarei davvero grata. Ma non lo è”.

Storie come questa sono la regola e testimoniano come sia marcio l’intero sistema messo in piedi per contrastare i flussi migratori. Un sistema basato sulla violenza, sulla tortura, sulla violazione dei diritti e della dignità delle persone. La civilissima Europa può veramente continuare a ignorare tutto questo?

  1. Libya: Record numbers intercepted at sea and detained; IRC calls for their immediate release”, il comunicato stampa di IRC del 2 settembre 2021
  2. Libia: il Consiglio presidenziale vuole il consenso sulla legge elettorale“, Luiss (Osservatorio sulla sicurezza internazionale, 26 settembre 2021)
  3. Libia: economia in ripresa nel 2021, ma non senza difficoltà“, Luiss (Osservatorio sulla sicurezza internazionale, 2 maggio 2021)
  4. Rapporto Amnesty International: “Nessuno verrà a cercarti: i ritorni forzati dal
    mare ai centri di detenzione della Libia
    ” – Executive summary
  5. Rapporto di Amnesty International sulla Libia: le orribili violazioni dei diritti umani nei centri di detenzione evidenziano il vergognoso ruolo dell’Europa nei ritorni forzati

Avv. Arturo Raffaele Covella

Foro di Potenza.
Sono impegnato da anni nell’ambito della tematica del diritto dell’immigrazione, con particolare attenzione alla protezione internazionale e alla tutela dei lavoratori stranieri. Collaboro con diverse associazioni locali che si occupano di migrazioni. Scrivo per diverse riviste.