Con ordinanza del 11.8.2017, il Tribunale di Perugia ha riconosciuto lo status di rifugiato a cittadina nigeriana vittima di mutilazione genitale femminile.
Il Giudice fonda la decisione su una nota che nel maggio 2009 è stata diffusa dall’UNHCR: in essa si specifica che la MGF può considerarsi una forma di violenza basata sul genere che infligge grave danno, sia fisico che mentale, costituisce persecuzione, tortura e trattamento crudele, inumano o degradante, e si precisa che è possibile che una donna venga sottoposta anche più volte alla stessa pratica, ad esempio prima del matrimonio e dopo il parto.
Secondo detta nota la MGF non viene nemmeno vissuta, in sede locale, come una forma di violenza, ma come un adeguamento a valori culturali e religiosi.
Inoltre, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ritiene che sottoporre una donna a MGF costituisce maltrattamento contrario all’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU: Emily Collins and Ashley Akaziebie v. Sweden, Applicazione n. 23944/05, 8 marzo 2007).
Secondo l’UNHCR l’avere subito o volersi sottrarre a detta pratica costituisce un fondato timore di essere perseguitati, “per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche“, in quanto collegato a ragioni di appartenenza a un determinato gruppo sociale, ma anche di opinione politica religione.
La MGF viene inflitta a ragazze e donne perché sono di genere femminile, per affermare potere su di loro e per controllare la loro sessualità. La pratica quindi fa parte di un più ampio modello di discriminazione contro ragazze e donne in una specifica società.
La nota dell’UNHCR mette inoltre in evidenza che anche se una donna è riuscita a sottrarsi alla MGF, ovvero si rifiuta di sottoporre a tale pratica le sue figlie, ella corre il rischio concreto, anche se riesce a sfuggire alla mutilazione, di essere considerata, nel paese ove essa è praticata, un oppositore politico ovvero come un soggetto che si pone fuori dai modelli religiosi e dai valori sociali, e quindi essere perseguitata per tale motivo.
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Tribunale di Perugia, ordinanza dell’11 agosto 2017