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Nigeria – L’invivibilità dell’Edo State, col suo alto tasso di criminalità, da diritto al richiedente, padre di una minore, di tutelare la sua famiglia in Italia

Tribunale di Genova, decreto del 29 aprile 2020

Il Tribunale di Genova riconosce la protezione umanitaria ad un richiedente asilo nigeriano osservando quanto segue:

a) Sotto il profilo oggettivo, in relazione condizioni di invivibilità dell’area di provenienza: va rilevato difatti che “la situazione in Nigeria suscita grande preoccupazione” secondo il dipartimento degli Stati Uniti. Nel Global Terrorism Index – GTI (indice del terrorismo globale) 2016, la Nigeria è classificata al 3° posto ed uno dei cinque paesi responsabili del 72 % di tutte le morti di terrorismo nel 2015.
Ulteriori fonti ufficiali segnalano la presenza di episodi di violenza tra le varie comunità etniche (cfr. Rapporto E.A.S.O. sulla Nigeria del giugno 2017 -www.easp.europa.eu), rappresentando che vi è stato un incremento degli episodi di violenza. Il livello di delinquenza (soprattutto legata all’attività criminale di gruppi cult) è tale che vi sono state ben 120 morti violente nel solo Edo State, area di provenienza della richiedente, nel periodo gennaio – settembre 20195.

b) È in questo contesto che deve essere inquadrata, sotto il profilo soggettivo, la storia personale del richiedente, costretto a lasciare la zona di provenienza, arrivato in Italia conosce una sua connazionale, si sposa e diventa padre, circostanza questa che lo porta ad essere responsabile di una figlia di appena un anno, che vive con lui oltre alla madre: il percorso di inserimento ed integrazione della famiglia deve pertanto essere tutelato nell’ottica costituzionalmente orientata di protezione dei figli, i quali hanno diritto di essere educati all’interno del nucleo famigliare per conseguire un idoneo sviluppo della loro personalità.
Invero alla famiglia deve essere riconosciuta la più ampia protezione ed assistenza, in particolare nel momento della sua formazione, come è nel caso di specie, ed in vista della responsabilità che entrambi i genitori hanno obbligatoriamente per il mantenimento e l’educazione del figlio minore.

c) Deve infine considerarsi, sempre sotto il profilo soggettivo, il percorso di integrazione del richiedente nel nostro Paese, che lo ha portato, tra l’altro, a sostenere l’udienza in lingua italiana senza ausilio di interprete. Il giovane ha frequentato regolarmente i corsi di italiano, conseguendo la licenza media con ottimi risultati; ha partecipato ad attività di volontariato e formazione e lavora costantemente (seppur in modo intermittente) dal 2018 (doc.ti da 12 a 23), circostanze queste che consentono di avvalorare un giudizio prognostico positivo sulla integrazione ed inserimento sociale in itinere del ricorrente.
E’ chiaro che un rientro forzato in Nigeria vanificherebbe il suo percorso di integrazione e l’enorme sforzo profuso per conquistare una vita migliore per sé ed il suo nucleo familiare. In tale situazione, se il richiedente tornasse nel suo Paese, incontrerebbe non solo le difficoltà tipiche di un nuovo radicamento territoriale ma si troverebbe, solo, senza legami familiari, in una situazione di specifica ed estrema vulnerabilità, idonea a pregiudicare la sua possibilità di esercitare i diritti fondamentali, legati anche solo alle scelte di vita quotidiana e la figlia perderebbe una figura indispensabile per una crescita equilibrata
“.

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Tribunale di Genova, decreto del 29 aprile 2020