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Nigeria – Riconoscimento dello status di rifugiata a vittima di tratta

Tribunale di Bologna, decreto del 26 ottobre 2020

Il Tribunale di Bologna ha riconosciuto lo status di rifugiata ad una richiedente nigeriana alla quale la Commissione Territoriale di Bologna – sezione di Forlì-Cesena non aveva concesso alcun tipo di protezione considerando il suo racconto non coerente e veritiero nonostante la relazione dell’ente anti-tratta, ove era stata inviata dallo stesso organo amministrativo, precisava che vi era una “forte consistenza e coerenza” nel racconto della ragazza, ritenendo che fosse stata “una vittima di tratta destinata al mercato della prostituzione in Italia, ma per la quale lo sfruttamento non si (era) mai concretizzato in Italia”.
In merito alla coerenza e l’attendibilità del racconto, il collegio bolognese ha affermato “ E’ pur vero che la narrazione degli eventi presenta alcuni aspetti di genericità e di incoerenza – specie in ordine al periodo di studi – ma è altrettanto vero che, da un lato, tali aspetti attengono ad eventi marginali del racconto (mentre l’incertezza nella esatta collocazione della morte dei genitori appare spiegabile anche in ragione del tempo trascorso) e, dall’altro, che il racconto, pur scarno in relazione ad alcuni passaggi soprattutto iniziali, è coerente proprio in merito al reclutamento avvenuto in Nigeria – dove era stata rapita per essere condotta in Libia contro la sua volontà – e si è arricchito di dettagli in relazione allo sfruttamento sessuale subito in Libia. Eventuali imprecisioni nella descrizione della violenza sessuale subita dal figlio dell’uomo che l’aveva comprata appaiono, poi, giustificabili in ragione del contesto e della natura, certamente traumatica, dell’evento.


Constatata quindi la genuinità della narrazione il Tribunale di Bologna ha concluso con il riconoscimento dello status di rifugiata alla richiedente affermando:
Affinché alla vittima di tratta possa essere riconosciuto lo status di rifugiato deve sussistere un fondato timore di persecuzione legato ad almeno una delle fattispecie contemplate dalla Convenzione (vale a dire dall’art. 8 D.L.vo n. 251/2007).
Costituisce chiaro indizio della fondatezza di tale timore la circostanza di aver già subito atti di persecuzione: nella specie, la ricorrente, ancora giovanissima al momento della sua partenza, è stata vittima di violenze nell’ambito dell’attività di sfruttamento sessuale, all’evidenza ricollegabili alla presenza di riferimenti in Nigeria, dove del resto era iniziato il suo viaggio. D’altronde, la fondatezza del rischio di subire analoghe condotte in Nigeria, proprio perché in Nigeria si è collocato il suo reclutamento, appare fondato e concreto.
In caso di rientro nel Paese d’origine pertanto sussiste il fondato timore che la ricorrente non solo subisca pesanti ritorsioni da parte dei responsabili della tratta, ma sia nuovamente oggetto di tratta, essendo entrata nella rete degli sfruttatori, o possa subire attentati alla vita o all’integrità fisica da parte degli appartenenti all’organizzazione criminale che potrebbero temere delazioni o accuse, potendosi ritenere fondato il rischio che, in caso di rientro nel Paese di origine, la stessa, per sottrarsi a possibili ritorsioni, possa trovarsi in una situazione di tale vulnerabilità da essere esposta al rischio di divenire ancora vittima di tratta

”.

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Tribunale di Bologna, decreto del 26 ottobre 2020