Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

No al Cie a Falconara

Il comunicato dell'Ambasciata dei Diritti - Ancona

Le lotte contro i CPT sono state dal 1998 ad oggi al centro delle istanze dei movimenti, della società civile e degli stessi migranti.

Perché non si deve costruire un CIE a Falconara:

1. Dietro questa sigla, prima CPT (centro di permanenza temporanea) ora CIE (centro di identificazione ed espulsione) si nascondono vere e proprie carceri per migranti che prevedono la detenzione fino a sei mesi. Vi vengono rinchiuse persone che fuggono dalla propria casa per povertà, guerra o persecuzione sognando un mondo migliore…però perché privi di un pezzo di carta, invece di essere accolti ed aiutati, in Italia trovano paura, disperazione e un biglietto di sola andata per l’inferno da cui sono fuggite.

2. Sono luoghi dove i diritti umani fondamentali non vengono rispettati, dove la detenzione amministrativa crea uno status giuridico arbitrario. Dove la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo viene costantemente e sistematicamente violata. Dove gli individui sono sottoposti a trattamenti crudeli, inumani e degradanti.

3. Sono strutture razziste che rimandano alla memoria dei ghetti nazisti. Dove la privazione di libertà, giustizia e dignità porta ad atti di barbarie che offendono le coscienze non solo di tutti quelli che vi sono imprigionati, ma anche di chi crede nella fratellanza, nell’accoglienza e nella solidarietà.

4. Non portano sicurezza anzi destabilizzano i territori ove vengono creati. Nelle città che incoscientemente hanno accettato di ospitare queste carceri sono frequenti fughe disperate che spesso portano a incidenti e alla morte dei migranti. A dieci anni dalla loro istituzione assistiamo finalmente sempre più spesso ad atti di resistenza da parte delle popolazioni locali che non si oppongono più solo verbalmente, ma che sono disposte a lottare per far chiudere questi lager.

5. La Corte dei Conti evidenzia come il costo di tali strutture sia eccessivo, in alcuni centri si arriva a pagare novanta euro al giorno per ogni detenuto per offrire, 2 pasti al giorno, uno spazio a terra per dormire e una condizione igienico sanitaria da terzo mondo. Cifre che vanno nelle tasche delle organizzazioni che gestiscono i centri e che sono complici della violazione dei diritti umani. I gestori di tali strutture ricevono dallo stato diversi milioni di euro all’anno (circa cinque milioni per ogni centro) il loro unico interesse è il business e non certo la tutela dei diritti. Gli stessi fondi destinati ad una politica di accoglienza seria produrrebbe molti più risultati e contrasterebbe la paura del diverso.

6. La regione Marche è presa come modello a livello internazionale per la capacità che ha dimostrato nel gestire il fenomeno migratorio. La fitta rete relazionale composta da associazioni sia laiche che religiose, ha creato un tessuto sociale che da solo si è già dato gli strumenti per la gestione di quello che non è un problema, ma una ricchezza culturale e sociale. Tutto il lavoro fatto fino ad oggi rischia di essere distrutto dalla presenza di un centro detentivo nel nostro territorio.

Per tutti questi motivi chiediamo che il Prefetto non autorizzi la realizzazione di un carcere per migranti in un territorio dove nessuno lo vuole. Anzi l’unico resosi disponibile è solo il sindaco di Falconara che ha già dimostrato di essere disponibile a vendere qualsiasi cosa pur di riempire le casse comunali.
Invitiamo pertanto tutti quelli che per i più diversi motivi sono contrari al CIE ad esprimersi nei modi e nelle forme che più ritengono opportuni, a compiere azioni di sabotaggio anche simboliche che impediscano la creazione di questo carcere.

Ambasciata dei Diritti – Ancona