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No, il movimento No Border non è responsabile dell’aumento delle tensioni a Calais

Un appello contro la criminalizzazione del collettivo No Border che opera a Calais

Foto: The Worldwide Tribe

«Incitano i migranti a compiere atti di violenza». «Approfittano della sofferenza e della confusione degli immigrati, e li spingono (…) alla rivolta ». « Si servono degli immigrati per gli scopi della loro lotta ». Il Ministro dell’Interno, il sindaco di Calais, e il prefetto di Pas-de-Calais hanno unito le loro voci per accusare i militanti di No Border di essere all’origine dell’aumento delle tensioni a Calais e all’interno del ghetto al quale sono state assegnate diverse migliaia di esiliati.

I No Border inciterebbero i migranti ad affrontare le forze dell’ordine, consiglierebbero loro di bloccare i camion sulle strade dirette in Inghilterra, e cercherebbero di dissuaderli dall’accettare proposte di sistemazione alternative …

Noi, associazioni e collettivi a sostegno dei rifugiati, dichiariamo che queste accuse sono false e infondate.

Da anni, il movimento No Border opera in solidarietà con i migranti di Calais attraverso azioni di ogni sorta. Aiuti materiali, supporti amministrativi e sanitari, consulenza legale, così come fanno le altre organizzazioni che agiscono a Calais, oltre a favorire l’occupazione dei numerosi appartamenti per i rifugiati lasciati in balia del vento e della pioggia, e alla raccolta di testimonianze di atti di violenza della polizia che hanno aperto la strada a numerose inchieste da parte del Difensore dei diritti e che hanno portato a conclusioni sconvolgenti per l’amministrazione. È del tutto evidente che è a causa dell’ostinazione a voler stabilire e denunciare le violenze istituzionali che i poteri pubblici intendono farla pagare ai No Border, senza esitare ad utilizzare la calunnia finalizzata alla marginalizzazione degli stessi e a strumentalizzare l’apparato giudiziario.
La violenza da che parte sta?

Migliaia di persone fuggite dalle guerre e dalle dittature, costrette a sopravvivere in terre lontane da tutto, senza un tetto, praticamente senza acqua né bagni, senza accesso a cure sufficienti o a informazioni legali di qualità … la violenza non sta dunque in un trattamento così indegno?

La violenza sta anche nelle ricusazioni sistematiche delle conclusioni a cui sono giunte tutte le inchieste che, da anni, fanno luce sulle gravi derive commesse da parte dei poteri politici, che si tratti di condizioni d’accoglienza, del comportamento delle forze dell’ordine o della passività della giustizia.

Questa cattiva fede si applica allo stesso modo alle osservazioni convergenti dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), del Commissariato per i Diritti dell’Uomo del Consiglio d’Europa, del Difensore dei diritti e della Commissione nazionale consultiva dei diritti dell’uomo (CNCDH), di Human Rights Watch, o delle associazioni nazionali. Essa si manifesta, tra l’altro, attraverso una mancata presa in considerazione dei rapporti sulla violazione delle norme che regolano la concessione di asilo nell’Unione Europea o attraverso la contestazione delle decisioni di giustizia, come quella recentissima del Tribunale Amministrativo di Lille che impone dei miglioramenti urgenti delle condizioni di vita nel ghetto di Calais.

La violenza sta, ancora, nella volontà delle autorità, sia nazionali che municipali, di relegare i migranti lontani dalla città, di cercare di renderli invisibili, nel non tollerarne la presenza se non in un posto lontano dai centri abitati che le autorità chiamano «la landa» per dissimulare il fatto che si tratti in realtà di una bidonville situata in un luogo che è al contempo una vecchia discarica, un luogo classificato “Seveso” e un’area naturale protetta.

La violenza sta anche in questa politica di dispersione che porta a centinaia di arresti ed assegnazioni in centri di detenzione illegali in tutto il territorio francese, con l’unico obiettivo di respingere le persone esiliate lontano da Calais e dagli altri campi a Nord Pas-de-Calais. Si tratta di una politica assurda e costosa che porta a un solo risultato: altre umiliazioni e altri traumi.

La violenza, in fine, sta in quei muri e in quei fili spinati sempre più numerosi e sofisticati, sta alle frontiere tra Francia e Gran Bretagna che contravvengono alle regole di libera circolazione all’interno dell’UE e che hanno dato vita ad una cooperazione delle forze di polizia franco-britanniche che permette la moltiplicazione dei controlli alle frontiere a favore di un susseguirsi di accordi bilaterali1. Rendendo impenetrabile La Manica e il Mare del Nord, questa cooperazione delle forze di polizia trasforma Calais in una rete dove catturare i migranti, con la conseguenza dell’aumento dei rischi e degli incidenti troppo spesso mortali per chi cerca di aggirare l’ostacolo ad ogni costo, secondo la stessa logica di quanto accade nel Mediterraneo.

In un contesto talmente ostile, come si può credere che i rifugiati abbiano bisogno del consiglio o dell’incoraggiamento di una manciata di attivisti per tentare di forzare il passaggio, quando il loro stesso numero – tra le 4.500 e le 6.000 persone –, che non è mai stato così elevato, conferisce loro una capacità rafforzata di resistenza e di iniziativa?

Per i poteri pubblici, gli attacchi e le calunnie contro la rete dei No Border hanno il vantaggio di poter distogliere lo sguardo dell’opinione pubblica dalle loro stesse responsabilità. Da circa vent’anni, tutti i governi, a prescindere dal loro colore politico, hanno sistematicamente creato le condizioni per un deterioramento di una zona geografica che, oltre Calais, coinvolge un’area sempre più ampia.

Attraverso i militanti di No Border, sono tutti i membri delle nostre organizzazioni ad essere bersaglio di accuse mirate soltanto a far dimenticare dove sta la violenza e chi ne sono i responsabili. Noi, associazioni e collettivi, non siamo sempre d’accordo e parliamo raramente all’unanimità, ma non permetteremo che nessuno di noi venga reso responsabile della violenza del contesto attuale.
Le nostre organizzazioni salutano la presenza del movimento No Border a Calais e riconoscono l’importanza del lavoro condotto dai suoi militanti.

17 novembre 2015

Organizzazioni firmatarie:
Alternative libertaire
Assemblée Citoyenne des Originaires de Turquie (ACORT)
Association des Marocains en France (AMF)
Attac
Auberge des migrants (Calais)
Barbed Wire Britain Network (Gran Bretagna)
Collectif Calais, Ouverture, Humanité (Calais)
Collectif de soutien des exilés (Parigi)
Comité catholique contre la faim et pour le développement-Terre Solidaire (CCFD)
Droits devant !!
Emmaüs Dunkerque
Emmaüs France
Emmaüs International
Ensemble !
Federación de SOS Racismo del estado español
Fédération des Associations de Solidarité avec Tou.te.s les Immigré.e.s (FASTI)
Femmes Egalité
Groupe d’information et de soutien des immigré.e.s (GISTI)
Initiatives pour un autre monde (IPAM)
Ligue des droits de l’Homme (LDH)
Le Réveil Voyageur (Calais)
Migreurop (rete europea e africana)
Mouvement contre le racisme et pour l’amitié entre les peuples (MRAP)
Nouveau Parti Anticapitaliste (NPA)
Parti communiste des ouvriers de France (PCOF)
Réseau Éducation sans frontières (RESF)
Sang pour sans
Service jésuite des réfugiés (JRS France)
Syndicat des avocats de France (SAF)
Terre d’errance (Norrent-Fontes, Pas-de-Calais)
Union Syndicale Solidaires