Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Non chiamateli “ospiti”: sono cittadini. L’Italia sono anche Andrea e Senad

ROMA – Non chiamateli “ospiti”: sono cittadini. Andrea e Senad, poco più che ventenni sono fra quegli italiani costretti nel limbo di uno Ius soli che non è permesso in Italia. Andrea e Senad sono rinchiusi da febbraio nel Cie di Modena perché i genitori hanno perso il lavoro dopo una vita di fatiche come ambulanti, e non hanno mai naturalizzato i figli, entro la maggiore età, all’ambasciata bosniaca. Sono a tutti gli effetti italiani, ma vittime dell’illecito amministrativo: nati qui, con un percorso di studi compiuto a Sassuolo, ma privi di un documento che li legittimi come tali, anche se questa è la loro effettiva condizione. I genitori sono irregolari e questo status passa ai figli di conseguenza.

Una vicenda assurda. “L’assurdità della nostra vicenda – si legge nella lettera che hanno inoltrato alla Corte Europea dei diritti dell’uomo e al Presidente Napolitano – è che non possiamo essere espulsi perché il paese dei nostri genitori, la Bosnia Erzegovina, non ci ha mai censiti né sa chi siamo. Così rimaniamo al Cie, a spese del contribuente italiano in attesa di un provvedimento di espulsione che non potrà mai essere eseguito. In Francia si diventa subito cittadini, in Italia non speriamo nella cittadinanza ma almeno speriamo di non restare reclusi in questo carcere ed essere definiti ospiti”.

Razzismo istituzionale. “Questo è l’ennesimo caso di razzismo istituzionale – ha denunciato Cécile Kyenge, portavoce nazionale del Primo marzo 2 – il governo deve dare risposte concrete sui diritti di cittadinanza delle seconde generazioni perché questo è solo l’inizio di un problema che si ripeterà negli anni: è quindi importante dare soluzioni definitive oggi”. In occasione della prima udienza, lunedì 12 marzo alle 8.30, infatti, la società civile assieme a Pd, Arci 3, Italia sono anch’io 4, LasciateCIEntrare, associazione GiùleFrontiere, e i comitati primo marzo, si troveranno in via San Pietro 1 a Modena, per un presidio davanti al giudice di pace e per continuare a sensibilizzare la popolazione con una petizione per il loro rilascio immediato e la loro regolarizzazione.

Per firmare la petizione. Ecco il sito al quale collegarsi.