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Non possiamo chiudere gli occhi sulla morte di Laye

Laye Small, senegalese di 46 anni trovato morto nel parco della Lunetta Mariotti (periferia di Bologna), ucciso con una coltellata al collo

La storia di Laye è un’altra storia di dolore, che si consuma sotto i nostri occhi, vicino a noi, nelle nostre città, una storia di emarginazione, di vuoto, di solitudine. Davanti a cui noi non possiamo chiudere gli occhi.

Delle circostanze che abbiano spinto un senza tetto algerino ad uccidere il giovane senegalese si sa ben poco, forse una lite o una discussione, o un momento di follia. Gli amici di Laye raccontano, che la vittima frequentava abitualmente il parco, ed aveva deciso di dividere il suo pasto con altre tre persone, tra cui il suo assassino.
Storie di ordinaria emarginazione, visto che sembra che i tre fossero appena usciti dal carcere e costretti a vivere in queste situazioni di degrado.

Tutti descrivono Laye come una buona persona e ancora oggi ci si domanda cosa abbia potuto scatenare un gesto così aggressivo da parte dell’omicida, il senegalese era in Italia dagli anni 90′, all’inizio del suo soggiorno era riuscito a trovare un lavoro stabile come commesso in un supermarket di Casalecchio di Reno. Poi però dopo una storia d’amore naufragata era caduto in una profonda depressione, gli aveva fatto perdere il lavoro.

Da quel momento la sua vita era diventata difficile, senza il lavoro non poteva più dimostrare di avere un reddito con cui potersi mantenere, che gli consentiva di mantenere il permesso di soggiorno. A quel punto senza un aiuto o un sostegno è stato costretto, come molti nelle sue condizioni a vivere da irregolare.
Viveva in un appartamento assieme ad altri, senza contratto e nell’ultimo periodo aveva alcuni problemi con le forze dell’ordine, uno, per l’occupazione abusiva di suolo pubblico e l’altro, più recente per aver rubato due scatolette di tonno al supermarket.

Pochi giorni fa un piccolo gruppetto di ragazzi si sono riuniti in Piazza Maggiore davanti alla Sala Borse in una manifestazione pacifica per denunciare il silenzio e l’indifferenza che c’è stato dopo la morte di Laye, questo è stato anche il grido di dolore di tutti i cittadini immigrati che vivono nella città di Bologna.

I ragazzi del Sindacato generale di base, il cispm-bo ed Il Lazzaretto auto gestito sottolineano che ci sono altri casi come quello di Laye, di luoghi degradati e di un malessere visibile a pochi, che la polizia tollera, si affonda così nell’ipocrisia dei politici e dei vigili che accusano le persone di vivere in casa occupate o illegittime, ma allo stesso tempo fanno finta di ignorare il problema di quella parte di cittadini costretta a sopravvivere in condizioni malsane, mentre molti spazi vengono lasciati vuoti e in disuso.

In questi giorni, ci dicono i ragazzi, un altro fatto di cronaca ci mostra il fariseismo delle persone e la brutalità che impera in questa città ; il video di un giovane africano che si lava nudo , su di un binario della stazione è stato strumentalizzato dal Resto del Carlino che ci racconta quanto i ferrovieri fossero preoccupati per la sua nudità, per questo motivo si sarebbero affrettati a provvedere alla chiusura dell’acqua in modo che simili episodi non si potessero ripetere, anche se da quello che molti dichiarano alla stazione avviene molto di peggio.

Ma in mezzo a queste persone nessuno si è domandato perché qualcuno sia costretto a lavarsi alla stazione?
Il rischio, dichiara il ferroviere era che l’acqua potesse non essere potabile, molti andavano per berla, quindi hanno preferito chiuderla per non evitare rischi.

La cosa più sconcertante è che purtroppo le fontanelle dove ci si poteva abbeverare all’interno della stazione, sono state chiuse da anni.

Un nuovo scontro forte, che porta alla luce i disagi delle persone immigrate, che vengono da paesi dove hanno affrontato la miseria, la fame, la violenza e le difficoltà e che avrebbero bisogno di sostegno e supporto psicologico, per essere inseriti e integrati in una società che troppe volte è ostile e li vuole tenere ai margini.

Spesso incitati dal populismo dei politici o semplicemente dall’ignoranza. Ma non si va a fondo al calvario che ogni giorno sono costrette a vivere queste persone. I centri e le strutture spesso non hanno abbastanza fondi per aiutare tutti. Ormai i profughi sono diventati la nuova tratta degli schiavi.

Non possiamo e non dobbiamo chiudere gli occhi davanti a questo problema, l’ospitalità è un diritto, ma anche un dovere, un dovere verso quelle persone che cercano di ritrovare la speranza per una vita migliore. Non dobbiamo e non vogliamo chiudere gli occhi davanti alle storie come quella di Laye.

Tobias Pellicciari