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Nuova rivolta e fuga dal Cpt di Gradisca

I Cpt “umanizzati” tra fughe, pestaggi e nuove aperture.

Per la seconda volta da quando il Cpt di Gradisca d’Isonzo è entrato a pieno regime i migranti in esso rinchiusi hanno dato vita ad una rivolta interna ed in 13 sono riusciti a scappare.

Venerdì mattina all’alba un centinaio di migranti ha divelto una porta usandola come ariete per sfondare le recinzioni interne del Cpt. La polizia, intervenuta in assetto antisommossa, ha fatto uso di gas lacrimogeni all’interno dell’edificio per tentare di placare la rivolta che, nel frattempo, stava raggiungendo dimensioni sempre più estese. Un migrante ed un agente, secondo quanto riportato, sono rimasti feriti, mentre tredici sarebbero le persone riuscite a scavalcare le sbarre di recinzione dandosi alla fuga nei campi circostanti.

E’ datata 30 agosto la prima fuga di massa dal Cpt di Gradisca, anche in quel caso, anticipata da una rivolta interna. Quindici migranti riuscirono a scavalcare le recinzioni del Cpt. Data invece 6 settembre, poco più di una settimana fa, una nuova protesta messa in atto dal tetto dell’edificio.

Ora, a sole due settimane di distanza, registriamo una nuova sommossa con conseguente fuga.
La nazionalità dei fuggitivi?
Egiziana, secondo la Questura, come quella di tutti i migranti in fuga dai Cpt. I nuovi accordi stipulati tra Italia ed Egitto, proprio in materia di immigrazione illegale ed espulsioni, sarebbero infatti, sempre secondo le forze dell’ordine, il motore scatenante di queste rivolte che, per tutta l’estate, hanno accompagnato le vicende dei centri di detenzione.
Una ricostruzione poco credibile, viste le dimensioni delle rivolte. A fuggire sono migranti di ogni nazionalità, non più disposti ad accettare la condizione di detenzione che sono costretti a subire, lo ricordiamo, senza aver commesso alcun reato penale.

Sembrano lontani ormai i tempi della Commissione De Mistura e del processo di “umanizzazione” annunciato dal Ministro dell’Interno Amato. Quella che fino a pochi mesi fa veniva prospettata come una vera e propria inversione di tendenza, si è rivelata, nella realtà, un inasprimento generale delle condizioni di vita dei migranti nel nostro paese.
Tutto il dibattito tra chi aveva considerato di segno positivo l’indirizzo preso dall’attuale Governo e chi invece, ha sempre interpretato l’”umanizzazione” come un tentativo di dare semplicemente un nuovo volto ai centri di detenzione, per loro natura inaccettabili, è oggi superato dalla realtà che ci consegna i Cpt nella loro cruda veste.
Se l’emergenza sicurezza, farcita dei provvedimenti e dalle ordinanze che proliferano in tutto il paese, ha travolto la discussione sui fenomeni migratori relegandola ad un fatto di ordine pubblico, emergenziale e spesso allarmistico, i Cpt non potevano che trovare, in questa realtà, una loro nuova collocazione.
Le fughe che in questa estate sono state registrate dal Cpt di Bari, i pestaggi denunciati all’interno del Cpt di Modena, l’ annuncio dell’apertura di un nuovo centro in quella che è diventata una delle nuove mete delle rotte migratorie, la Sardegna, insieme alla riapertura del centro di Bari Palese, di cui era stata da poco annunciata la chiusura, cancellano ogni possibilità di mistificazioni.
A poco sono servite le parole dei ministri e presumibilmente sempre meno serviranno in futuro: le fughe e le denuncie che arrivano direttamente da chi è costretto a subire la detenzione stanno smascherando ciò che invece veniva celato.

Marco Visintin
Melting Pot – Redazione Fvg